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PAOLO V
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Conclave
Nonostante i numerosi decreti pontifici, proseguirono le operazioni spregiudicate direttamente o meno compiute dagli Stati cattolici, Austria, Francia e Spagna per accaparrarsi il papato a vantaggio di un proprio favorito. Alla morte di Leone XI, Filippo III riuscì solo a non far eleggere il Baronio e il Bellarmino, il quale ancora una volta si faceva portavoce dell'indignazione contro certi intrighi. E furono sedute burrascose per otto giorni, finché il 16 maggio 1605 fu eletto il cardinale Camillo Borghese, fuori da una precisa corrente. Vita E fu grande inoltre lo sviluppo delle missioni in America, India e Africa, con la significativa concessione che i Gesuiti riuscirono ad ottenere dal papa per la Cina; in quel paese fu autorizzato per la liturgia l'impiego della lingua e fu questo un avvenimento eccezionale che facilitò molto la diffusione del Vangelo, secondo una concezione moderna estesa a tutto. il mondo solamente dopo il concilio Vaticano II. Tutte queste iniziative potrebbero far pensare ad un papa dedito esclusivamente ad un operato di fede secondo uno spirito rigoroso sì, ma aperto al rinnovamento. In realtà Paolo V gradatamente manifestò "una crescente personalizzazione del potere", secondo le parole dello storico Alberto Caracciolo, finendo "per inoltrarsi ancor più sulla via dell' assolutismo". Che non avrebbe tollerato critiche di alcun genere al suo operato lo fece capire del resto già pochi giorni dopo l'incoronazione, condannando a morte un certo Piccinatdi di Cremona, autore di un libello contro Clemente VIII, paragonato per atrocità all'imperatore Tiberio, anche se l'opera non era stata data alle stampe. E poi nello scontro con Venezia, che oltre ad aver proibito l'istituzione dei monasteri nel proprio territorio e i lasciti di beni immobili agli ecclesiastici, senza il permesso del Senato della repubblica, si rifiutava di concedere l'estradizione di due sacerdoti, rei di delitti comuni, per esser giudicati a Roma. Il papa vide in ciò un affronto alla propria autorità, una ribellione della diocesi veneziana al supremo primato della sede romana, per cui colpì lo stato lagunare con l'interdetto. Lo scontro cadde nel ridicolo, perché a Venezia si seguitò regolarmente a celebrare la messa, in barba al decreto pontificio. Non solo, ma gli Ordini si divisero in difesa dell'una e dell'altra posizione; da un lato Paolo Sarpi, consultore della repubblica e obbediente al doge, dall'altro Teatini, Cappuccini e Gesuiti con in testa il Bellarmino rimasti fedeli al papa. E fu una vivace "guerra di penne" che mise in subbuglio l'Europa cattolica, data la grande personalità sia del Sarpi sia del Bellarmino; si ricompose la vertenza solo grazie alla mediazione del cardinale François de Joyeux e di Enrico IV. Non si dette per vinto e, facendo buon viso a cattivo gioco, da esperto uomo di diritto Paolo V emanò ai nunzi presso i vari Stati direttive molto severe e stese precise regole ai governanti in una Istruzione sui loro compiti; imponeva il rispetto e la collaborazione nel mantenimento fermo contro chiunque accennasse una critica o deviasse dalla linea apostolico-romana. Avrebbe potuto contare ciecamente sulla Spagna e gli Asburgo e sarebbe stata la guerra dei Trent'Anni. In fatto di politica interna, da accorto economista, come ricorda appunto il Caracciolo, di fronte "ai molti e gravi fallimenti bancari" nel "desiderio di evitare un'eccessiva ingerenza di privati capitalisti nell'opera della Camera pontificia" si decise "a un passo dapprima poco notato, ma a lungo andare molto significativo; la creazione di un banco di deposito presso l'Ospedale di Santo Spirito, che si collocava accanto ai primi banchi pubblici in via di formazione in altri paesi". Ma ciò non sarebbe bastato a sanare le finanze dello Stato pontificio, anche perché Paolo V si buttò a capofitto in un nepotismo senza limiti, amante com'era del lusso e dell'arte. Il nipote Scipione Caffarelli a soli 26 anni fu promosso cardinale e si vide conferiti il nome e lo stemma (costituito da un'aquila sopra e un drago sotto) dei Borghese; Paolo V accumulò sulla sua persona ricchi uffici, in modo che il nipote arrivò ad avere un'entrata annua dell'ordine di 140.000 scudi. Ai fratelli di Scipione furono ovviamente assegnati incarichi importanti e ingenti ricchezze, in modo che la famiglia Borghese raggiunse un alto grado nella società romana, ostentando lusso e ricchezza. E Pasquino denunciava la cosa: Un modo d'investire questo denaro fu quello di metter su una preziosa galleria di quadri e sculture antiche e moderne, con la quale furono abbelliti i palazzi e le ville di tutta la famiglia; fra tutte le costruzioni si avvalse maggiormente dei preziosi tesori artistici la villa Borghese (vedi la tavola di Giuseppe Vasi) fuori porta del Popolo, sul Pincio, tra Porta del Popolo e Porta Pinciana, voluta dal cardinale Scipione, che finì per passare come un benemerito anche per la munificenza, così da esser soprannominato "delizia di Roma".Dopo i Carafa, i Medici e i Farnese or si deve arricchir casa Borghese. Dragoni e aquile sono dappertutto nel parco:
In questa villa il Cardinal Scipione e i suoi successori misero insieme un'impressionante collezione di statue e quadri che sopravvisse all'era di Napoleone grazie al matrimonio del Principe Camillo con Paolina, sorella di Napoleone. Vedi anche lo stemma sulla facciata della villa nell'incisione di Filippo Juvarra. I Borghese comunque di solito vivevano nel loro palazzo di città (il "cembalo"). Qui essi avevano giardini pensili che guardavano sul fiume e grandi uffici per il loro entourage e per gli amministratori dei numerosi possedimenti che la famiglia aveva a Roma e nei dintorni. Ma il papa stesso volle lasciare il segno della sua personale munificenza nell'abbellimento edilizio della città; dai lavori idraulici con la sistemazione delle sorgenti del Tevere per impedire le frequenti alluvioni e con l'acquedotto terminante nella fontana detta dell'acqua Paola sul Gianicolo...
...alle costruzioni della cappella Paolina nel Quirinale (vedi alla fine) ...e alla facciata della basilica di S. Pietro ad opera del Maderno
Tutto questo richiese somme ingenti e certo i provvedimenti messi in atto non furono sufficienti, senza contare che "le finalità politiche proprie della Chiesa indirizzarono la ricchezza pubblica soprattutto verso spese esterne allo Stato", come nota ancora il Caracciolo, per cui ci "si avviava ad un decadimento materiale cui non potevano far fronte né provvidenze congiunturali né tentate riforme nella pubblica amministrazione e finanza". Si pensi infatti che allo scoppio della guerra dei Trent'Anni nel 1618 Paolo V s'impegnò a concedere rilevanti aiuti in denaro alla lega dei principi cattolici, il che costò alla Curia un esborso di 625.000 fiorini in due anni e mezzo! Tutto per una guerra apparentemente religiosa ma, nella sostanza, politica sotto ogni aspetto; e questo, per un papa che aveva dichiarato di non volersi occupare di politica, significava pagare a caro prezzo la falsità di certe affermazioni. Lo consolò non poco nel 1620 la vittoria alla Montagna Bianca, perché avrebbe garantito al partito cattolico il predominio nell'impero per altri dieci anni; e furono inni di ringraziamento solenni il 3 dicembre di quell'anno nella chiesa romana dei Tedeschi di S. Maria dell'Anima. E per restare su un piano religioso non può non essere ricordato che sotto Paolo V i teologi del Sant'Uffizio il 24 febbraio 1616 condannarono la teoria copernicana, commettendo uno del più colossali errori della storia. In partIcolare l'affermazione "che il sole sii il centro del mondo, et per consequenza immobile di moto locale" era considerata "stolta e assurda bella scienza, e formalmente eretica" in quanto contrastante nel significato letterale con la Sacra Scrittura. Inoltre la proposizione "che la terra non è centro del mondo né immobile, ma muovese con sé tutta" andava censurata perché risultava erronea riguardo alla fede. Due giorni più tardi, il grande Galilei, che si era precipitato a Roma per difendere il copernicanesimo, in un colloquio privato col cardinale Bellarmino prese atto della cosa, ma si fece rilasciare dal porporato una dichiarazione in cui era certificato che egli non aveva ricevuto alcuna penitenza per la sua difesa dello scienziato polacco, ma soltanto una denuntia dell'Indice. Invece un nemico personale del Galilei, padre Seguri, redasse un verbale fantasioso di questo "colloquio privato", dal quale risultava che il cardinale aveva ammonito lo scienziato ad abiurare l'opinione censurata, pena il carcere, intimandogli di non insegnarla né difenderla in alcun modo; Galilei avrebbe assentito e promesso di obbedire a tale "precetto".
Paolo V morì il 28 gennaio 1621 e fu sepolto in Vaticano, ma in seguito venne trasferito nella cappella Borghese (Cappella Paolina) di S. Maria Maggiore.
Anche i simboli araldici sulle porte della sacrestia e su di un pozzo nel cortile rendono omaggio a Paolo V.
Le chiese del Cardinal Scipione
Molte chiese furono costruite dal Cardinal Scipione Borghese e si può dire che
grazie alla famiglia Borghese Roma divenne il centro artistico d'Italia.
La terza facciata di G. B. Soria per il Cardinal Borghese è in S. Maria della Vittoria. G. B. Soria è anche l'architetto di S. Carlo ai Catinari. Castelli Romani
A sud di Roma vi è un'area di colline vulcaniche, i Colli Albani. Sotto i
Borghese quest'are divenne la zona delle campagne di Roma più ambita,
sostituendosi a quella a nord di Roma verso i laghi di Bracciano e Bolsena. Dodici
cittadine si svilupparono rapidamente e furono chiamate I Castelli Romani
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