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GREGORIO XIII
Ugo Boncompagni

Nato a Bologna l'1.I.1502

Eletto papa il 13.V
e consacrato il 25.V.1572
Morto il 10.IV.1585

Si era in conclave da poche ore e ad Alessandro Farnese, che si dava da fare per ottenere la tiara, arrivò la "preghiera" di Filippo II di rinunciare alla cosa per il bene della pace. Se pure non c'era il "buco nel muro", come nel conclave del 1559, la voce politica si fece sentire lo stesso, in barba al decreto rigido sull'elezione pontificia emanato da Pio IV; il Farnese si mise da parte e nel giro di ventiquattr'ore, il 13 maggio 1572, fu eletto papa il cardinale Ugo Boncompagni, assai gradito alla Spagnadove era stato nuncio per molti anni.

Bologna
Nato a Bologna l'1 gennaio 1502, aveva studiato diritto nella sua città ed era diventato docente in quella università. 

Della sua città fu sempre orgoglioso, anche da papa, tanto che aveva il vezzo di aggiungere Bononiensis al suo nome. Quando vi ritornò nel 1580, la città gli eresse una gigantesca statua bronzea (di Alessandro Menganti) sulla facciata del Palazzo Comunale. Lo stemma non fu risparmiato dagli effetti della Rivoluzione Francese in Italia e quello all'interno del palazzo fu privato degli attributi papali.


Statua di Gregorio XIII e suo stemma nel Palazzo Comunale di Bologna
 

Era divenuto quindi segretario a Roma del cardinale Parisio, ed era entrato nelle fila dei riformisti cattolici facendosi le ossa a Trento. Eletto vescovo da Paolo IV, era diventato cardinale sotto Pio V, filando in grande armonia con Carlo Borromeo: "Ecce vir in quo dolus non est", gli aveva detto assegnandogli la porpora. Ma il suo passato da laico non era stato naturalmente quello di un santo.

Aveva avuto un figlio, Giacomo, e lo aveva legittimato; poi, una volta presa la vita ecclesiastica, non si era allontanato da una condotta seria e ineccepibile dal punto di vista della morale cattolica. Ugualmente si sarebbe comportato da papa, pur non avendo la forza per imporsi; tirava fuori leggi severe, ma non le sapeva applicare. Indulgente, era poi preso dai rimorsi e tornava con durezza sulle sue decisioni. Era un papa-tentenna, ma Pasquino stigmatizzò la cosa fin dal giorno della sua elezione: "Habemus papam negativum". Fu incoronato il 25 maggio 1572 e assunse il nome di Gregorio XIII.

Sotto certi aspetti i Romani respirarono un po' durante il suo pontificato; egli sostanzialmente disapprovò l'eccessivo rigorismo, pur seguendo il cammino segnato dal predecessore. Non se la prese tanto con i sudditi, quanto con gli ecclesiastici; nominò una commissione cardinalizia che vigilasse sull'osservanza delle norme conciliari e particolare impegno volle dai nunzi pontifici, in un lavoro diplomatico negli stati stranieri per un controllo su vescovi, preti e diaconi. Tutto doveva far capo alla Curia con un crescente centralismo in cui brillò il cardinale Tolomeo Galli, già segretario di Pio IV, assunto da Gregorio a segretario di Stato. Fu il primo ad assumere in effetti questo incarico nel significato moderno del termine.

Roma allora, una volta allentate le briglie, si fece più ardita ed audace e, come nota il Montaigne, "vita e beni non furono forse mai tanto malsicuri come al tempo di Gregorio XIII". È una città "bastarda" caduta in balia di banditi e di nobili che si difendono armi in pugno, mentre la milizia non riesce a difendere nemmeno se stessa. Le taglie poste sui banditi non servono a nulla; il duca Piccolomini di Montemarciano giunge ad entrare spavaldamente in Roma con i "bravi", tutti segnalati alla polizia, ed imporre al pontefice un salvacondotto per il suo seguito. Era un esempio dello spirito di tolleranza subentrato; da un lato la sovranità del papa con i dogmi, dall'altro la corruzione più libertina.

Le cortigiane sono cadute di tono, possono più volgarmente esser chiamate puttane ora, battono il marciapiede; e ancora, la pederastia dilaga. A quanto racconta Montaigne, nella chiesa di S. Giovanni a porta Latina era sorta una confraternita di omosessuali che arrivavano a sposarsi durante la messa "attenendosi alle stesse cerimonie che usiamo noi per le nozze: si comunicavano insieme, leggevano il medesimo Vangelo nuziale e, poi, dormivano e abitavano insieme".

È che in pratica Gregorio XIII avrebbe voluto governare con mitezza, senza bisogno di sbirri, cercando di rendere i Romani coscienti di una sorta di ecumenismo cattolico. Con 

Ma tutto era cominciato male: la strage di S. Bartolomeo

Lo spirito ecumenico di Gregorio XIII aveva fallito da subito e l'aspetto più negativo viene senz'altro dalla famosa terribile notte di S. Bartolomeo del 23-24 agosto 1572, in conseguenza della quale le speranze per una pace religiosa andarono deluse. Non furono in realtà motivi religiosi quelli che causarono quel bagno di sangue, ma piuttosto politici e personali, dettati dalla spregiudicata regina Caterina, ed è certo che il papa non sapeva nulla del progetto improvviso, per cui non ebbe nessuna parte né ai preparativi né all'esecuzione del massacro; oltretutto il comunicato della corte francese dichiarò che era stata sventata una congiura ai danni dei sovrani.
Ma è come accolse la notizia Gregorio XIII, che dette a quell'eccidio un aspetto tutto religioso, con la benedizione degli autori materiali, con una solenne celebrazione di un Te Deum a S. Marco e una funzione di ringraziamento in San Luigi dei Francesi alla sua presenza. Festeggiò con luminarie e tridui quello che egli giudicò lo scampato pericolo dei re di Francia e fece coniare una medaglia commemorativa dell'avvenimento, dando inoltre incarico al Vasari di affrescare nella Sala Regia del Vaticano, insieme alla Battaglia di Lepanto, anche la Notte di S. Bartolomeo. Tutte queste manifestazioni di gioia non possono essere approvate e certo "zelo sanguinario contro i seguaci della riforma, e erano pur cristiani", osserva il Giovagnoli, "non impediva al buon Gregorio XIII di assolvere spiritualmente e corporalmente il prete Guercino, detto il "re della campagna", dei 44, dico quarantaquattro omicidi che e' aveva commesso, e non per fervore religioso, ma per derubare, per rapinare, per esercitare all'aperto la nobile professione dell'assassino".

Due pesi e due misure; perché lascia costernati anche la risposta che il nunzio pontificio in Spagna, Filippo Sega, al quale il cattolico inglese Ely aveva sottoposto un piano per uccidere la regina Elisabetta, ricevette dal segretario di Stato, il cardinale Galli, a nome del papa: "Chiunque la toglie dal mondo al debito fine del servizio di Dio, non solo non pecca, ma si acquista un merito, soprattutto tenendo conto della sentenza lanciata contro di lei da Pio V". Era un mettere d'accordo Machiavelli con S. Francesco ed "è fuori dubbio", come nota il Seppelt, "che con questa risposta si dava un'aperta e sostanziale approvazione all'assassinio politico, anche se da parte del papa non si istigava né si mandava l'assassino".

Con spirito ecumenico Gregorio aveva bandito il Giubileo del 1575. Per l'Anno Santo del 1575 Gregorio XIII ampliò il porto di Civitavecchia che consentiva ai pellegrini dalla Francia e dalla Spagna un facile accesso a Roma dal mare. Lo stemma celebrante l'evento su severamente danneggiato quando Civitavecchia fu bombardata durante la II Guerra Mondiale (vicino allo stemma un'iscrizione in onore di Urbano VIII).
Stemmi di Gregorio XIII si possono trovare in nmolte città dello Stato Pontificio (vedi la porta in suo onore a Visso).


Stemmi nel porto di Civitavecchia

Near Rome the coats of arms of Gregorius XIII had better luck. In 1681 the Boncompagni inherited the possessions of the Ludovisi another family from Bologna (Pope Gregorius XV) and the coat of arms was modified to include a reference to the heraldic symbol of the Ludovisi. The Ludovisi had a large Villa near Porta Pinciana in Rome and another Villa near Albano in the Castelli Romani. A coat of arms of Gregorius XIII is also in Villa Taverna, the residence of the Ambassador of the United States near Monte Porzio Catone in the Castelli Romani.


Stemma dei Boncompagni Ludovisi in Albano e stemma di Gregorio XIII in Villa Taverna

 

E sempre seguendo la sua visione ecumenica Gregorio aveva costruito i vari collegi per stranieri; il Collegio Germanico, il Collegio Greco (vicino a S. Atanasio), il Collegio Inglese (vicino a S. Tommaso di Canterbury). E aveva invitato numerosi studenti dalla Grecia e accolto fastosamente gli ambasciatori del lontanissimo Giappone, frutto questo peraltro dell'opera missionaria dei Gesuiti. Erano loro il fedele braccio destro del papa nell'opera di evangelizzazione ecumenica; per questo fu largo di concessioni per il loro Collegio Romano (di cui è considerato il secondo fondatore), che con le annessioni della biblioteca e del museo venne a costituire quel complesso culturale imponente chiamato università Gregoriana. E aveva avviato l'ampliamento dell'Archiginnasio della Sapienza

Su questa strada Gregorio voleva "far uscire lo Stato della Chiesa dai confini della romanità apostolica", come ha osservato Sarazani, facendo assumere a Roma l'aspetto di città cosmopolita che già Montaigne gli riconosceva; ma dentro la città proseguiva "un agitarsi di rabbie fameliche nell'odio del brigantaggio e delle casate organizzate come partiti armati".

L'intento del papa così si vanificò; anche il figlio lo tradì. Lo aveva elevato al rango di governatore di Castel S. Angelo e gonfaloniere della Chiesa e fatto sposare con la sorella del conte di Santa Fiora, nipote del cardinale Sforza, rimediandogli anche la nomina di generale dal re di Spagna. Quando poi Giacomo commise lo sgarro di liberare dal carcere un compagno d'università, avrebbe voluto scacciarlo da Roma e fu commosso dalle lacrime della nuora. Ma in pratica vide che anche il frutto del proprio sangue non lo capiva; e per questo fermò ad Orvieto il fratello più anziano che procedeva tutto baldanzoso verso Roma, convinto di andare a raccogliere la manna; gli ordinò di tornarsene a Bologna.

Era un uomo di legge e promosse una nuova legislazione anche sviluppo urbano. Alcune delle strade che furono completate dal successore Sisto V furono inizialmente progettate sotto Gregorio XIII (Via Gregoriana prese nome da lui). 

Per garantire sufficienti magazzini di vettovaglie per la crescente popolazione di Roma, trasformò le terme di Diocleziano in granai.

La sua iniziativa più ambiziosa in Roma fu però sfortunata: il nuovo ponte che aveva costruire vicino a S. Maria in Cosmedin durò solo pochi anni ed è oggi noto come Ponte Rotto 

Riportò ordine nelle relazioni tra il papato e le istituzioni politiche formalmente ancora in vita  della Città di Roma. La torre del Palazzo Senatorio, simbolo della vita comunate fu eretta sotto il suo pontificato ed egli fu celebrato in una statua nel salone oprincipale dell'edificio (la statua fu poi spostata nel XIX secolo nella vicina S. Maria in Aracoeli). La statua riporta sul lato della seduta un drago (nella posa di un cane fedele): quest'idea fu copiata in statue analoghe di Sisto V (con un leone invece del drago) e Paolo V (con un'aquila aggiunta al dragone).


Statua di Gregorio XIII di Pietro Paolo Olivieri in S. Maria in Aracoeli

Gregorio XIII era dell'idea che la Chiesa dovesse esprimersi anche sulle questioni scientifiche. Questo sembra contrastare con l'opinione generale che vede la Chiesa in posizioni attendiste, ma sul finire del XVI secolo e all'inizio del successivo, almeno fino a quando Galileo fu costretto ad abiurare le sue teoria astronomiche, Roma fu la casa di molti scienziati. Un esempio dei progressi realizzati in topografia è la Galleria delle Carte Geografiche nei Palazzi Vaticani: la galleria è affrescata con carte dettagliate dell'Italia, incluse le viste dei principali porti. Il soffitto è pieno di stucchi e dipinti e gli ingressi alla galleria sono decorati con gli stemmi di Gregorio XIII (Urbano VIII non resistette alla tentazione di aggiungere i suoi propri).



Stemmi nella Galleria delle Carte Geografiche

Gregorio XIII completò la prima parte di San Pietro (l'angolo NE), che da lui è chiamata Cappella Gregoriana, anche se non è più una cappella ma una parte del transetto (nello sviluppo che ha trasformato la Basilica in una a croce latina). Fu inizialmente disegnata da Michelangelo e quindi completata dal Vignola (che progettò la sua cupola) e da Giacomo Della Porta. Gregorio XIII ebbe l'ultima parola nella sua decorazione e la sua decisione di mettere dei mosaici anziché degli affreschi ebbe una influenza decisiva su tutta la decorazione di San Pietro. Un grande mosaico circolare con il suo stemma è al centro della cappella (e fu copiato dai papi che costruirono le altre parti di San Pietro).

Riforma del calendario
Il messaggio ecumenico di Gregorio XIII si concretizzò invece nella riforma del calendario e in maniera così costruttiva che tuttora, a distanza di quattro secoli, resta valida ed operante. L'ordine lanciato alla cristianità di cancellare dieci giorni dal calendario per far tornare i conti, fu ascoltato e, proprio perché gradatamente accolto in tutto il mondo, ebbe una portata universale che non si esaurì al momento. "Obbedirono" immediatamente solo i sovrani italiani, di Spagna e Portogallo, così che il 5 ottobre del 1582 fu seguito dal 15; nel dicembre fu la volta della Baviera e delle zone cattoliche della Germania e della Svizzera; tra il 1586 e il 1587 la Polonia e l'Ungheria, e quindi la Prussia nel 1610. Ma la grossa conquista venne dal 1700 con l'adozione del nuovo calendario da parte dei paesi protestanti, con la stessa Gran Bretagna così testarda e conservatrice e, probabilmente, più antipapale degli Stati germanici. (Solo nel XX secolo fu adottato in Russia, ed ecco perché si verificò la Rivoluzione d'Ottobre novembre 1917. La Chiesa Ortodossa non ha mai appoggiato la Riforma dell' Calendario introdotto da Gregorio XIII e per questo motivo ortodosso I giorni di Natale e Pasqua cadono alcuni giorni dopo.)

Fu questa senz'altro l'opera più positiva dell'ecumenismo di Gregorio XIII, anche se non si può dire quanto lo riscatti da certa mentalità ignobile, priva di spirito evangelico, che seguitò a fargli ignorare il perdono. Dopo la notte di S. Bartolomeo, tramite il cardinale Orsini, suo nunzio presso Carlo IX di Francia, aveva raccomandato al sovrano che "insistesse fortemente perché la cura così bene cominciata co' rimedii bruschi non guastasse con importuna umanità"! Come l'assassinio non paga, tanto più non trova giustificazione su un piano teologico; la morte doveva essere considerata sempre, se non un fatto naturale, almeno un atto della volontà divina.

Per Gregorio XIII essa arrivò il 10 aprile 1585; fu sepolto nella cappella di S. Pietro, dove egli aveva fatto trasferire le reliquie di S. Gregorio Nazianzeno, e che fu appunto detta Gregoriana.Il suo monumento fu sormontato dal suo stemma che Filippo Juvarra incluse nel suo libro di Stemmi papali del 1711 (nel disegno il drago guarda verso destra, mentre nel monumento reale guarda verso sinistra) Lo stemma andò perduto alcuni anni dopo quando un nuovo monumento funebre fu progettato da Camillo Rusconi (il drago dello sfondopagina è parte di questo nuovo monumento). 


Stemma di Gregorio XIII in S. Pietro (disegno di Filippo Juvarra) e Monumento (perduto) a Gregorio XIII in S. Pietro (dalle Gesta Pontificum Romanorum di Giovanni Palazzo - Venezia 1688)



Stemma nella Cappella Gregoriana (si noti l'aggettivo Bononiensis) e rilievo che mostra 3 scienziati che spiegano il nuovo calendario introdotto dal papa (entrambi in S. Pietro)


Uno degli scopi di questo nuovo monumento fu proprio quello di celebrare la Riforma del Calendario.