Chiesa di S. Maria in Aracoeli (Libro VII) (Pianta B3) (I giorno)

In questa pagina:
 Tavola di Giuseppe Vasi
 Com'è oggi
 Particolari di S. Maria in Aracoeli
 S. Biagio in Mercatello

La Tavola (No. 130 - ii)

In questa tavola Vasi sceglie di non mostrare l'ovvia vista della facciata di S. Maria in Aracoeli: forse perché i Romani (almeno quelli che conoscono la città in cui vivono) preferiscono raggiungere la chiesa attraverso il molto più agevole passaggio da Piazza del Campidoglio, piuttosto che scalare la ripida e lunga scalinata che porta alla chiesa.
La vista è presa dal punto segnato in verde nella piantina del 1748, sotto. Nella descrizione relativa alla tavola Vasi faceva riferimento a: 1) Ingresso al Monastero; 2) S. Maria in Aracoeli; 3) Facciata della chiesa; 4) Parte di Palazzo Nuovo. La piantina riporta anche 5) S. Biagio in Mercatello.

Oggi

La chiesa e l'annesso monastero mostrano alcuni cambiamenti minimi, come lo stemma dei Savelli, un ricordo della Tomba di Onorio IV all'interno della chiesa. S. Maria in Aracoeli è molto vicina a Palazzo Savelli. La loggia che dà accesso al monastero Francescano fu costruita nel XVI secolo da Paolo III come ingresso alla sua residenza estiva ma fu trasferita ai frati da Sisto V.

S. Maria in Aracoeli

Vasi forza le leggi della prospettiva per mostrare l'ingresso della chiesa laddove la decorazione barocca è oggi sostituita da un mosaico del XIII secolo. L'accesso occcidentale alla chiesa fu costruito per il Giubileo del 1350. Il portico sulla facciata è interessante non solo per la mano che sorregge l'arco, ma anche per l'aquila araldica dei Mattei, un'altra importante famiglia che aveva il suo Palazzo vicino alla chiesa.

L'interno della chiesa contiene memorie di vari periodi: la navata è sostenuta da 22 colonne diverse; il pulpito è una bella opera del XIII secolo; sulla parte sinistra della facciata interna la tomba del Cardinal Lebretto (m. 1465) presenta un rilievo Rinascimentale di S. Giorgio estremamente interessante, opera di Andrea Bregno da Osteno, e Gian Lorenzo Bernini disegnò nella facciata interna un gigantesco stemma barocco di Urbano VIII: la forma della finestra fu modificata per essere in linea con la forma tradizionale di uno stemma cosicché il sole pomeridiano illumina le api dei Barberini.

S. Biagio in Mercatello

Nella sua Guida del 1761, Giuseppe Vasi scriveva che la chiesa dei SS. Venanzio e Ansovino era nota un tempo come S. Biagio in mercatello (con riferimento ad un mercatino di frutta che si teneva lì vicino). Gli scavi degli anni Trenta che portarono alla rimozione della chiesa di S. Rita ai piedi di S. Maria in Aracoeli misero in luce che S. Rita era stata costruita usando le strutture della vecchia chiesa dedicata a S. Biagio. Questa chiesaa sua volta era stata costruita usando in parte le mura di un'insula Romana, una sorta di condominio a cinque piani. Mentre S. Rita fu ricostruita vicino a Piazza Montanara l'abside e il piccolo campanile di S. Biagio furono lasciati in cima all'insula.

Brano dall'Itinerario di Giuseppe Vasi del 1761 relativo a questa pagina:


Scala e Chiesa di S. Maria in Araceli
Molto cospicua, e celebre è la chiesa, che siamo per osservare; perciò non mancherò di accennare tutti i suoi pregi. I marmi della altissima scalinata furono presi dalle rovine del magnifico tempio di Quirino, come diremo a suo luogo; ed il sito della chiesa, si crede da' più, essere quello, ove stava il famoso tempio di Giove Capitolino, di cui furono facilmente le molte colonne di granito egizio, che reggono la nave di mezzo, tanto più, che l'antica denominazione della chiesa ce lo suggerisce, e l'istoria ce lo dimostra quasi ad evidenza, Poichè essendo il nostro Divino Redentore nato in tempo di Ottaviano Augusto; questi avutane cognizione, secondo alcuni, da' libri Sibillini, eresse in quel tempio un' altare col titolo di ARA PRIMOGENITI DEI: e secondochè riferisce Dione, e Svetonio, essendo in quel tempo il Campidoglio più volte percosso da' fulmini, Augusto volle ricorrere all'oracolo di Apollo Delfico, il quale per divina disposizione rispose co' seguenti versi:
' Me Puer hebreus, Divos Deus ipse gubernans,
Cedere fede jubet, tristemque redire sub Orcum ;
Aris ergo de hinc tacitus abscedito nostris.'
dalla cui risposta intimorito l'Imperatore inalzò nel tempio l'altare col suddetto titolo, e si crede che fosse eretto, ove ora vediamo nella crociata di questa chiesa l'altare isolato, che da Anacleto Antipapa nell'an. 1130. fu ornato con 4. colonne di porfido, e poi nel 1603. dal Vescovo Cavalliense gli fu fatta la cupola con 8. colonne di marmo.
Era quella gran chiesa una delle 20. Badie privilegiate di Roma, e la possedettero per molto tempo i Monaci di s. Benedetto: ma Innocenzo IV. nell'anno 1253. la concedè ai Frati di s. Francesco, i quali poi nel 1445. dividendosi tra Conventuali, ed Osservanti, Eugenio IV. la concedè a quest' ultimi. Il Card. Oliviero Caraffa la ristaurò l'anno 1464. e dipoi il Popolo Romano vi fece il nobilissimo soffitto dorato, per ringraziamento alla ss. Vergine della vittoria conseguita l'anno 1572. ai 20. di Ottobre dall' armata Cristiana contro i Turchi, perchè in questa sogliono pigliar possesso i nuovi Conservatori del Popolo Romano. Sono in questa chiesa varj depositi, e memorie antiche, e moltissime cappelle ornate di marmi, di sculture, e di pitture antiche, e moderne, fra le quali sono due quadri del Cav. Benesiani nella cappella di s. Margherita da Cortona, due del Muziano, due di Pasqualino, ed una Madonna nel coro de' frati, che si crede opera di Raffaelle da Urbino, gli altri si tralasciano per non più infastidire il Lettore; ma non già voglio omettere di indicare le pitture a fresco, che sono nel claustro di qualche merito, e l'iscrizione della terza colonna vicino alla porta della chiesa, in cui si legge A CUBICULO AUGUSTORUM.

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