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SOFFITTI BAROCCHI
S. Maria Maggiore
I soffitti delle più grandi chiese erette in Europa ed in Italia tra il 110 ed il 1500 mostravano la struttura dell'edificio. A Roma le chiese avevano poco slancio verticale e di solito la navata centrale era coperta da un anonimo tetto a capanna sorretto la lunghe travature. Qualcosa cominciò a cambiare nella seconda metà del XV secolo quando furono introdotti i soffitti lignei a coprire le navate delle chiese chiudendo la vista del tetto. Uno dei primi e più celebrati soffitti lignei fu disegnato da Giuliano da Sangallo in S. Maria Maggiore verso la fine del XV secolo (l'oro usato per le decorazioni - dono del Re e della Regina di Spagna - era il primo che giungeva dalle colonie Americane).
Il soffitto di S. Maria Maggiore servì da modello per i soffitti della navate centrali di S. Pietro in Vaticano (XVII secolo) e di S. Paolo fuori le Mura (XIX secolo). Questi soffitti sono chiamati soffitti "a lacunari" dato che sono decorati da cavità dipinte o dorate.
Dapprima le lacunae avevano forma quadrangolare regolare che
sottolineava gli elementi strutturali del soffitto, ma nel XVI secolo
questo tipo di soffitti si evolse e la forma ed il numero dei lacunari
furono dettati solo da scopi decorativi. Le lacunae ospitavano stemmi o
altri simboli religiosi. Il successo di questi soffitti si mantenne
costante lungo tutto il XVI secolo come pure nel primo decennio del secolo
XVII (soffitto di S. Sebastiano
fuori le mura - 1611). Anche dopo questo periodo i soffitti a lacunari continuarono a
godere di largo favore: Papa Innocenzo X proibì a Borromini di modificare il soffitto
a lacunari di S. Giovanni in
Laterano quando gli commissionò un ampio restauro dell'interno della basilica.
Le grandi chiese costruite a Roma verso la fine del XVI secolo ebbero
struttura differente.
Erano chiuse da una volta simile a quella della Cappella Sistina e quando,
di solito alcuni decenni dopo il completamento della chiesa, la discussione di come
dovessero essere decorati questi soffitti, l'approccio adottato da Michelangelo
nella Cappella Sistina influenzò spesso la
decisione finale. Domenichino (1581-1641) disegnò il soffitto dell'abside di
S. Andrea della Valle negli anni 1622-28 quand'era all'apice della sua fama.
Leader della scuola classica, la sua partizione dello spazio che identificava
nettamente le parti dipinte e i dipinti che richiamavano statue antiche fu considerato un
capolavoro.
Circa vent'anni dopo a Pietro da Cortona fu commissionata la decorazione del soffitto della navata centrale, della cupola e dell'abside di S. Maria in Vallicella. L'incarico fu portato a termine in un periodo molto lungo, durante il quale l'artista lavorò anche a Firenze alla decorazione di Palazzo Pitti. Nel soffitto della navata l'area dipinta è divisa nettamente dalla decorazione in stucco dorato e questo è quanto ha in comune col soffitto di S. Andrea della Valle. Ma Pietro da Cortona disegnò una decorazione molto più complessa. Gli angeli in stucco e i putti furono commissionati agli allievi di Bernini che li modellarono usando degli scheletri metallici così che le statue sembrano staccarsi dal soffitto. Il dipinto appare diviso in due parti distinte, ma in ciascuna di esse una folla di figure segna il distacco di Cortona dai canoni classici che raccomandavano un numero limitato di figure chiaramente identificabili. Il dipinto raffigura un miracolo di S. Filippo Neri, santo della Controriforma, un soggetto pertanto nuovissimo, e questa è un'altra differenza nei confronti di S. Andrea della Valle dove il Domenichino poteva affidarsi ad una vasta iconografia tradizionale sulla vita di Sant'Andrea.
Nella parte superiore del soffitto la separazione tra pittura, statue e decorazione è molto netta. Ciò che più colpisce è il fatto che gli angeli sembrano fluttuare nell'aria. Essi furono disegnati da due dei più talentuosi allievi di Bernini (Antonio Raggi and Leonardo Retti).
Nella parte inferiore del soffitto tutte le distinzioni si perdono. La massa dei dannati che precipitano all'Inferno spazza via la cornice e gli angeli e getta un'ombra sulla decorazione. I lati della cornice sono interrotti da nuvole sulle quali i santi glorificano il nome di Gesù. Per aumentare l'illusione Baciccio dipinse l'ombra delle nuvole sulla decorazione dorata. Oggi il cinema e la TV ci hanno reso familiare ogni sorta di effetto speciale, ma fino agli inizi del XX secolo gli spettatori si sedevano stupefatti sotto questo capolavoro illusionistico che, nonostante andasse contro tutte le regole neoclassiciste, destò sempre gli apprezzamenti dei viaggiatori. Il soffitto è considerato una sorta di spartiacque tra il Barocco e il Tardobarocco: lo scopo religioso di un'opera d'arte gradualmente svanisce in favore degli aspetti tecnici e teatrali.
I Gesuiti avevano un'altra grande chiesa a Roma: S. Ignazio. La sua costruzione era andata avanti per molti anni, con i Gesuiti a chiedere consigli a molti architetti. Il progetto di S. Ignazio prevedeva una cupola all'intersezione tra la navata centrale e il transetto ma, a un certo punto, i Gesuiti si resero conto che una cupola non c'entrava più con le parti già costruite della chiesa. Come soluzione provvisoria essi chiesero ad un pittore Gesuita, Andrea Pozzo, di dipingere una finta cupola. L'effetto illusionistico raggiunto da Pozzo fu così soddisfacente che S. Ignazio non ebbe mai una cupola e Pozzo fu incaricato della decorazione della navata centrale. Ci si aspettava che Pozzo mostrasse ancora una volta le sue abilità illusionistiche e pienamente rispettò le attese. La trabeazione della cornice del soffitto tra colonne e architravi dipinte non era insolita, ma Pozzo disegnò una sorta di tempio antico aperto che incorniciava il cielo con una miriade di figure, comprese allegorie dei quattro continenti. Il soggetto del dipinto - Gloria di S. Ignazio - è solo una scena al centro del soffitto.
L'illusione è perfetta da ogni punto della navata, ma lo spettatore è impressionato dall'abilità, non dal contenuto della rappresentazione, e finisce per ammirare i particolari ed esaminare le colonne e gli archi da angolature differenti. Pozzo scrisse un libro sulle leggi della prospettiva (Perspectiva pictorum and architectorum) che ebbe grande influenza sugli scenografi per tutto il XVIII secolo.
Soffitti interessanti si possono trovare anche in chiese più piccole. Antonio Gherardi disegnò una cornice dorata molto leggera per i suoi dipinti che coprono interamente il soffitto di S. Maria in Trivio. Gherardi aveva viaggiato parecchio nel nord Italia e lavorato con Pietro da Cortona. I suoi dipinti in S. Maria in Trivio mostrano una combinazione di colori veneziani ed un uso intelligente delle leggi della prospettiva.
Mentre i soffitti delle chiese costruite prima del 1620 continuarono ad essere decorati come mostrato sopra, gli artisti che disegnarono la maggior parte delle chiese costruite dopo quella data, tra cui Borromini, Pietro da Cortona e Bernini, preferirono soffitti che riaffermassero la supremazia dell'architettura ed ebbero una stretta relazione con la struttura della chiesa. |