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SISTO IV
Francesco della Rovere

Nato a Celle Ligure, Savona, il 21.VII.1414

Eletto papa il 9.VIII
e incoronato il 25.VIII.1471
Morto il 12.VIII.1484

Al conclave tenuto a Roma nell’agosto del 1471 parteciparono diciotto cardinali che, come prima cosa, stesero e approvarono un trattato elettorale; esso si rifaceva a quello dei precedenti conclavi, nella raccomandazione della crociata contro i Turchi e dell’opera di riforma, ma con il fine fondamentale di tentare un consolidamento del collegio dei cardinali nei confronti della crescente sovranità assoluta del papa. E anche questa volta sarebbe andata male al Sacro Collegio con il cardinale Francesco della Rovere, eletto il 9 agosto 1471 e consacrato il 25 dello stesso mese con il nome di Sisto IV.

Nato a Celle Ligure, Savona, il 21 luglio 1414, entrò giovanissimo nell’ordine dei frati minori e si laureò in teologia a Padova nel 1444. Insegnò in varie università italiane (Bologna, Pavia, Siena, Firenze, Perugia) prima di essere eletto a Perugia Ministro generale dell’ordine dei frati minori conventuali (1464-1469); se in questa carica si era impegnato per una riforma, come pontefice non avrebbe fatto altrettanto nel campo ecclesiastico, se non per fini strettamente politici e finanziari.. Nel 1467 fu creato cardinale da Paolo II, alla cui morte (1471) fu eletto papa con l’appoggio determinante del Duca di Milano e grazie ai maneggi degli Orsini, dei Gonzaga e dei Borgia.

Preoccupato per l’avanzata dei Turchi Ottomani, convinse le potenze cristiane a organizzare una crociata ma la flotta, armata con l’aiuto di Venezia e Napoli, al comando del cardinale Oliviero Carafa ottenne risultati ben scarsi in Asia minore con l’effimera occupazione di Smirne (1472) e non valse a impedire la "guerra d’Otranto" (1480-1481); la minaccia turca sull’Italia centro-meridionale diminuì solo con la morte di Maometto II (1481). 

Nel 1475, in un momento di grave crisi internazionale, che rendeva pericolosi i viaggi dei pellegrini, il Papa indisse un giubileo supplementare in Bologna, che fu tenuto dal 1° maggio 1476 al 30 aprile 1477. Fra questo ed il precedente giubileo corrono soltanto 25 anni, perché Paolo II (Barbo) con la costituzione Ineffabilis aveva deciso - e da allora il provvedimento non è stato mai modificato - che i giubilei venissero tenuti ogni venticinque anni.

Grande mecenate delle arti e delle lettere, venne biasimato per aver promosso parenti indegni ad alte cariche ecclesiastiche e per aver perseguito interessi secolari piuttosto che spirituali. 
Papa nepotista
Enorme fu il complesso di benefici concessi ai numerosi parenti che gli venivano da due fratelli e quattro sorelle, in una schiera di quindici nipoti per diversi gradi di parentela; alla porpora cardinalizia arrivarono subito i Francescani Giuliano Della Rovere (futuro papa col nome di Giulio II), e l’indegno Pietro Riario (secondo alcuni in realtà suo figlio). Questi, colmato di lucrose rendite, provenienti da abbazie e vescovadi di Spalato, Siviglia e Valencia, le sperperò in una vita dissoluta che lo portò alla tomba a soli 28 anni. Ma un altro Riario fu pronto a sostituirlo nel collegio, Raffaele, appena sedicenne, mentre un terzo, Girolamo, ex commerciante di Savona, veniva elevato al rango di conte e sposava Caterina Sforza, figlia del duca di Milano, ricevendo il feudo di Imola.

Fu proprio Girolamo Riario, ignorante di politica, che trascinò lo zio papa in guerre e intrighi deleteri per lo Stato pontificio: l’aspirazione di Sisto IV a creare per questo nipote da strapazzo un grande principato lo portò a minacciare l’equilibrio politico italiano. Il maggior ostacolo al progetto veniva da Firenze; Lorenzo de’ Medici, contrariato con il papa perché non aveva elevato alla porpora cardinalizia il fratello Giuliano, appoggiò i diversi vassalli pontifici nella loro insubordinazione, puntando in pratica ad isolare economicamente il papa. E quando il papa si rivolse a lui per avere i soldi per comprare la città di Imola, glieli negò.
Sisto IV per regolare le finanze della Curia si appoggiò allora alla fiorentina banca dei Pazzi, fonte di aggancio per possibili investimenti del Vaticano; e ci scappò il morto, con processi e condanne dalle quali il papato ne uscì infangato.
Coinvolto nella congiura dei Pazzi
Il 26 aprile 1478 venne attuata, com’è noto, la congiura dei Pazzi nel duomo di Firenze, tramite due chierici; Lorenzo si salvò, ma il fratello Giuliano restò ucciso. La rivoluzione popolare contro i Medici, su cui speravano i Pazzi, non scoppiò e fu fatta invece vendetta dei congiurati e dei loro familiari.
I membri della famiglia dei Pazzi e l’arcivescovo Salviati di Pisa furono impiccati alle finestre del palazzo della Signoria; il cardinale Raffaele Riario, che si trovava a Firenze ospite dei Pazzi, imprigionato, fu poi rilasciato perché risultò del tutto estraneo alla congiura. Si è sempre discusso fino a che punto Sisto IV fosse implicato nell’attentato, ma è difficile pensare che egli fosse all’oscuro di tutto e una complicità indiretta è certa.
Logiche comunque le sue reazioni per la condanna dell’arcivescovo Salviati e la detenzione del cardinal Riario, con pretesa di soddisfazione, ovviamente respinta. Lorenzo de’ Medici si prese la sua brava scomunica e Firenze finì nell’interdetto; si arrivò anche alle armi, ma Sisto IV restò paurosamente isolato. A salvarlo intervennero indirettamente i Turchi; nel 1480 erano arrivati a superare l’Adriatico conquistando Otranto. Tutta l’Italia improvvisamente ebbe paura e, per le imprevedibili mosse diplomatiche di Lorenzo il Magnifico, si ritrovò unita in una "alleanza universale" intorno al papa (marzo-agosto 1480), che sciolse Firenze dall’interdetto e rilanciò di nuovo l’idea della crociata; questa non si realizzò, e ci fu solo l’impegno temporaneo per ributtare a mare i Turchi e liberare Otranto.

Ma Girolamo Riario impelagò lo zio in nuove disavventure politico-militari; si era alleato con Venezia, promettendogli Ferrara, dove avrebbe provveduto ad eliminare Ercole d’Este, suo personale nemico. Questi peraltro trovò appoggio nel suocero, il re Ferdinando di Napoli, il cui esercito veniva però sconfitto dalle truppe pontificio-veneziane nel 1482 a Campo Morto nelle Paludi Pontine. Ma chiaramente Venezia era così potente che avrebbe finito per costituire un grosso pericolo per il principato del suo caro nipote, e Sisto IV pensò di cambiare politica, unendosi ai suoi nemici e scomunicando la repubblica lagunare.
In questa lotta, condotta in maniera sconsiderata su un piano prettamente politico, il papa ricorse naturalmente anche alle armi ecclesiastiche e lanciò l’interdetto su Venezia; fu una delusione. Nel continuo mutare degli eventi diplomatici, la grande repubblica riguadagnò l’appoggio degli alleati del papa, che restò nuovamente isolato e costretto all’umiliante pace di Bagnolo (7 agosto 1484).


Sopra: ritratto di Sisto IV (Reverenda Fabrica di S. Pietro)
A sinistra: moneta di Sisto IV,
A destra: stemma di Sisto IV

Non meno caotica si presentò proprio in quegli anni la situazione a Roma, sempre a causa di Girolamo Riario; per sostenere gli Orsini ( Sisto elevò alla porpora nel 1480 Cosimo e nel 1483 Giambattista, per allearsi la potente casata che nel 1478 con il condottiero Niccolò si era schierata con i Medici), si era messo in guerra aperta con i Colonna (nel 1480 Sisto aveva conferito la berretta cardinalizia a Giovanni ma in seguito non fu estraneo all’eccidio di Lorenzo Colonna), che insieme ai Savelli nel 1482 avevano saccheggiato la Campagna romana. Ne fecero le spese i cardinali delle due rispettive famiglie; restarono come ostaggi in Castel S. Angelo per un anno, finché gli Orsini riuscirono a conquistare Albano, cacciandone Antonio Savelli, e a mettere le mani sul maggior rappresentante dei Colonna, Oddone, che, nonostante si fosse barricato in casa del cardinale, fu preso e decapitato. Il palazzo venne dato alle fiamme.

A questa disastrosa politica Sisto IV accompagnò una gestione finanziaria deficitaria; era inevitabile infatti che per le smisurate elargizioni ai parenti, le guerre e gli intrighi, le sue finanze si trovassero in crisi paurosa, specialmente quando si ebbe il crack della banca dei Pazzi, in connessione alla congiura. Per far fronte a ciò si ricorse ovviamente ad abusi nel conferimento di benefici, che portarono a manovre simoniache, senza contare i proventi delle indulgenze in occasione del giubileo del 1475; si ebbe anche un aumento sistematico di nuove imposte, arrivando a speculare su un impopolare rincaro del pane.
La riscossione dei tributi fu assegnata alla Dataria, che venne così a costituire, accanto alla Camera apostolica, l’altra potenza finanziaria di rilievo della Santa Sede. In conclusione ogni mezzo per raccogliere denaro gli sembrò buono, tanto che era solito dire: "Il papa non ha bisogno che di penna e d’inchiostro per la somma che vuole". L’opposizione al suo dominio si concretò addirittura nel tentativo di far comparire il papa a Basilea (1482), dove il concilio (chiuso nel 1449) non venne riaperto solo per l’intervento dell’imperatore Federico III.
Nonostante il rincaro del pane, riuscì a tener buono il popolo romano con feste di sapore paganeggiante, dal pranzo popolare del giovedì grasso in Campidoglio ai tradizionali giochi in Agone e Testaccio, le cui spese peraltro erano a carico delle comunità ebraiche della città; memorabile fu il Carnevale del 1473 in onore del cardinal Carafa per le magre vittorie sui Turchi, superando in splendore quello veneziano.

Ma molte delle spese sostenute da Sisto IV non finirono sperperate dietro la vanagloria dei nipoti o nei divertimenti spensierati della plebe; esse trovarono un concreto scopo nelle opere edilizie compiute a Roma, che dettero alla città rinnovata bellezza. Per questo egli comprese che aveva bisogno dell’opera di validi artisti e quindi entrò fin dall’inizio del pontificato in amichevoli rapporti con i circoli umanistici; fu riaperta l’Accademia Romana e riorganizzato il collegio degli Abbreviatori. Persone come Pomponio Leto e il Platina respirarono di nuovo un’aria di cultura insperata.

Il Platina, al quale venne commissionata ufficialmente la redazione delle Vite dei romani pontefici, fu nominato "custos et gubernator" della erigenda biblioteca Vaticana, il cui bibliotecario era il vescovo Giannandrea Bussi di Vigevano. I lavori iniziarono fin dal 1471 e consistettero nel riadattamento di tre grandi sale a piano terra nel corpo degli edifici rimaneggiati trent’anni prima da Niccolò V, abbelliti con dipinti del Ghirlandaio e di Antoniazzo Romano. Morto il Bussi nel febbraio del 1475 e ultimati i lavori, il Platina divenne bibliotecario e la biblioteca ufficialmente istituita con la bolla del 15 giugno 1475; l’avvenimento fu immortalato nel famoso affresco di Melozzo da Forlì del 1477, che andò ad abbellire la prima sala della biblioteca. Vi sono rappresentati Sisto IV sul trono con i due nipoti cardinali Raffaele Riario e Giulio della Rovere, nonché il Platina che, in ginocchio, indica l’epigrafe in basso che esalta le imprese edilizie del papa, che furono numerose.

Dal rinforzo del Palazzo del Campidoglio alla ricostruzione dell’Ospedale di S. Spirito in Sassia, dal restauro di S. Maria del Popolo, che assunse in parte il carattere di chiesa sepolcrale dei della Rovere, alla riattivazione del condotto ostruito dell’Acqua Vergine, che fu prolungato dal Quirinale alla fontana di Trevi. E inoltre la ristrutturazione dell’ospedale di S. Spirito, il lastricamento delle vie principali della città e il ponte che da lui si chiamò Ponte Sisto sul Tevere per facilitare l’accesso al Vaticano; tutto con il proposito di rinnovare Roma in occasione dell’Anno Santo.
Durante il suo pontificato il Cardinal d’Estouteville eresse S. Agostino, suo nipote il Cardinal Raffaele Riario il Palazzo della Cancelleria e suo nipote Giuliano della Rovere la chiesa dei SS. Apostoli

Non può essere infine dimenticata la cappella Sistina, fatta costruire nel palazzo Vaticano espressamente per le funzioni religiose del papa; i maggiori pittori del tempo furono invitati ad abbellirla, da Mino da Fiesole a Sandro Botticelli, da Domenico Ghirlandaio a Pietro Perugino, da Luca Signorelli al Pinturicchio. Michelangelo avrebbe poi completato l’opera con i suoi capolavori.

Sisto IV ebbe un ruolo importante anche nel rinforzare il potere dei Papi fuori Roma: vedi la fortezza che costruì a Ronciglione

In campo strettamente religioso Sisto IV fece ben poco; a parte il giubileo, che comportò lo sfruttamento economico ormai abituale, perdendosi nel fasto delle nuove strutture edilizie, va segnalato che il papa fu particolarmente impegnato nel diffondere la devozione alla Madonna, con finanziamenti per i santuari di Genazzano e Loreto; senza contare che dedicò la stessa cappella Sistina all’Immacolata Concezione, istituendo un’apposita liturgia per la festa dell’8 dicembre, il cui dogma sarebbe stato proclamato da Pio IX.


Sisto IV ritratto dal Pollaiolo per il suo sepolcro (1493).
Roma, Vaticano, museo della basilica di San Pietro.

Il nome di Sisto IV resta purtroppo legato all’infame Inquisizione spagnola, autorizzata con la bolla dell’ l novembre 1478 contro i marrani (ebrei convertiti al cristianesimo) e gli apostati; ai sovrani Ferdinando d’Aragona e Isabella di Castiglia fu concessa l’autorità di nominare inquisitori quegli ecclesiastici che ritenessero validi per dottrina e saggezza. Come ricorda il Castiglioni, "la procedura di questi inquisitori ben presto degenerava e i motivi religiosi non erano di frequente che dei pretesti a delle vendette politiche"; iniziò l’epoca degli auto da fé. Vani risultarono peraltro i provvedimenti per porre un freno alle crudeltà e alle ingiustizie; vale per tutti un nome, quello del primo grande inquisitore generale, Tomaso de Torquemada, nominato nel 1483.

Sisto IV morì il 12 agosto 1484; fu sepolto in un superbo sepolcro in bronzo (1493), considerato tra i capolavori di Antonio del Pollaiolo (1433-1498), trasferito poi nelle Grotte Vaticane e che si trova oggi presso il Museo della Basilica di San Pietro in Vaticano.

Con lui moriva il primo papa veramente rinascimentale, ovvero il primo papa-re, per dirla con il Gregorovius.

Numerose furono le anonime "pasquinate" scritte in occasione della sua morte, ma la più velenosa è senz’altro la seguente:

Sisto, sei morto alfine: ingiusto, infido, giace,
chi la pace odiò tanto, in sempiterna pace.
Sisto, sei morto alfine: e Roma ecco in letizia,
che te regnante, fame soffrì, stragi e nequizia.
Sisto, sei morto alfine: tu di discordia eterno
motor fin contro Dio, scendi nel cupo inferno.
Sisto, sei morto alfine: in ogni inganno destro,
in frodi, in tradimenti altissimo maestro.
Sisto, sei morto alfine: orgia di sozzi pianti
ti dan ruffian, cinedi, meretrici e baccanti.
Sisto, sei morto alfine: obbrobrio e vitupero
del papato, sei morto alfine, Sisto, è vero?
Sisto, sei morto alfine: su, su, gettate a brani
le scellerate membra in pasto ai lupi e ai cani!


Sulla presunta omosessualità di SISTO IV...

(articolo di Giovanni Dall’Orto)

Il cronista Stefano Infessura (ca. 1440-ca. 1500) raccolse nel 1484 nel suo Diario in latino una congerie di fatti documentati e di pettegolezzi infondati:

"Costui, come è tramandato dal popolo, e i fatti dimostrarono, fu amante dei ragazzi e sodomita, infatti cosa abbia fatto per i ragazzi che lo servivano in camera lo insegna l’esperienza; a loro non solo donò un reddito di molte migliaia di ducati, ma osò addirittura elargire il cardinalato e importanti vescovati.

Infatti fu forse per altro motivo, come dicono certi, che abbia prediletto il conte Girolamo, e Pietro [Riario], suo fratello e poi cardinale di san Sisto, se non per via della sodomia?

E che dire del figlio del barbiere? Costui, fanciullo di nemmeno dodici anni, stava di continuo con lui, e lo dotò di tali e tante ricchezze, buone rendite e, come dicono, di un importante vescovato; costui, si dice, voleva elevarlo al cardinalato, contro ogni giustizia, anche se era bambino, ma Dio vanificò il suo desiderio [1]

(in realtà Masini e Portigliotti [2] hanno dimostrato che gli onori toccarono non al ragazzo bensì a suo padre, tale "Andrea da Brescia", che divenne cubiculario papale).

Va notato che da un punto di vista storiografico è oggi evidente che Sisto IV dimostrò favore verso i nipoti non per lussuria, ma per disporre di esecutori fidati della sua politica [3].

Al contrario il favore da lui dimostrato per il giovane camerarius Giovanni Sclafenato (anch’egli nominato cardinale) assume i contorni sospetti lamentati da Infessura quando si legga l’epitaffio [4] che alla sua morte, nel 1497, il papa fece scrivere sulla sua tomba, dichiarando di averlo elevato al cardinalato "per l’ingegno, la fedeltà, la solerzia e le altri sue doti dell’animo e del corpo".
È forse un caso unico di un giovane dichiaratamente creato cardinale "per le doti del corpo"!

Come si vede, con il poco materiale oggi disponibile è impossibile sciogliere il dubbio che si trascina ormai da cinque secoli.

Lo stesso non si può però dire nei confronti della "leggenda urbana" diffusa nei Paesi protestanti, che purtroppo circola ancora ai giorni nostri, secondo la quale Sisto IV avrebbe accontentato il cardinale di Santa Lucia che avrebbe richiesto, a nome di tutti i cardinali, il permesso di praticare la sodomia (considerata, chissà mai perché, meno faticosa) nei tre mesi più caldi dell’anno [5].

Una favola del genere sarebbe inverosimile anche se Pierre Bayle [6] non avesse già nel 1702 dimostrato, con argomenti definitivi, che è falsa. Si trattava infatti di semplice propaganda protestante per screditare i "papisti" utilizzando l’omosessualità.

Purtroppo il tema divenne arma di propaganda religiosa e fu quindi trattato come tale. Ad esempio nell’Ottocento lo storico cattolico Ludwig Pastor trovò scandalosa l’idea dell’omosessualità di Sisto IV, sostenendo l’assoluta eterosessualità di questo papa, protestando che:

"delitti orrendi di questa natura debbono dimostrarsi ben altrimenti che con un "si dice" e simili pettegolezzi raccolti da un’autorità così sospetta come l’Infessura" [7].

Pastor fu però (giustamente) ripreso da Francesco Nitti, che affermò che le voci riportate dall’Infessura potrebbero anche essere false,

"ma qui, per la natura delle accuse, la prova della falsità è altrettanto difficile quanto quella della verità.
Il tentativo fatto dal Pastor in questo senso è mal riuscito.
Il più che si può affermare è: che l’accusa di libidine contro natura non è provata
" [8].

Note

[1] Stefano Infessura, Diario della città di Roma (1303-1494), Ist. St. italiano, Tip. Forzani, Roma 1890, pp. 155-156.

[2] Mario Masini e Giuseppe Portigliotti, I fàmuli di Sisto IV, "Archivio di antropologia criminale", XXXVII 1916, pp. 462-481.

[3] L’accusa d’essere, oltre che sodomita, anche incestuoso, viene dalla polemica protestante, che però afferma di basarsi su non meglio specificate denunce del moralista poeta Giovan Battista Mantovano (san Giovan Battista Spagnoli, 1448 - 1516), carmelitano che combatteva per una riforma dei costumi della Chiesa.
Così il protestante John Bale (1495-1563), negli Acta romanorum pontificum, s.e., s.l. 1560 affermava che (VI 158, pp. 440-449): "Papa Sisto IV volle presso di sé per educarli (cosa arcana!) i nipoti Pietro e Girolamo Riario, che poi fece cardinali (p. 440). (...) Battista Mantovano accusò Pietro Riario di essere stato "come femmina nel coito" e di avere praticato l’"amore sozzo" (pp. 441-442). Ma poco oltre è costretto ad ammettere che Girolamo Riario fu sì dedito come il fratello a "tutti i piaceri", ma con l’eccezione della sodomia (p. 442).
La voce è stata ripresa da Mario Masini e Giuseppe Portigliotti, Attraverso il Rinascimento. Pier Luigi Farnese, "Archivio di antropologia criminale", vol. XXXVIII 1917, p. 184: "Come già il cardinale Pietro Riario, <Pier Luigi Farnese> amava circondarsi di exoleti adolescentes, più che di donne".
Non avendo trovato nulla di più concludente su tale voce, sono orientato a ritenerla infondata, fino a prova contraria.

[4] Edito in: Mario Masini e Giuseppe Portigliotti, Op. cit., p. 473.

[5] La voce è antica: "Che avrebbe mai detto la santa donna [la monaca Michtilde] se avesse udito dell’empietà di Sisto IV, che permise la sodomia al cardinale di Santa Lucia nei tre mesi più caldi?".
(Giovanni Lydus, Analecta in librum Nicolai de Clemangiis, De corrupto Ecclesiae statu. In calce a: Nicolas de Clemanges, Opera omnia, Elzevirius & Laurentius, Lugduni Batavorum 1593, p. 9).

[6] - Pierre Bayle, Dictionnaire historique et critique, Leers, Rotterdam 1702, sub voce: "Sixte IV", nota "c".
La voce "Sixte IV", dal vol. IV dell’edizione Amsterdam, 1704, è disponibile online: fare clic sul numero della pagina per visualizzarla: 220, 221, 222, 223, 224, 225, 226
Sul tema si veda anche: Pierre Bayle, Lettres [1704] in: Lettres, Oeuvres diverses, Compagnie des libraires, L’Aja 1737, vol. 4, lettera n. 303.

[7] Ludwig Pastor, Storia dei papi [1889], vol. II, Desclée, Roma 1911, pp. 608-611. Citazione da p. 609.

[8] Francesco Nitti, Recensione a: Pastor L., Geschichte der Päpste seit dem Ausgang des Mittelalters, Zweiter Band, Freiburg im Breisgau 1889, "Archivio della R. Società romana di storia patria", XV 1892, pp. 522-537, alle pp. 534-536. Citazione da p. 536.