213.

INNOCENZO VIII
Giovan Battista Cybo

Nato a Genova nel 1432

Eletto papa il 29.VIII
e consacrato il 12.IX.1484
Morto il 25.VII.1492

Il conclave che si riunì il 26 agosto 1484 per eleggere il successore di Sisto IV fu un vero e proprio covo simoniaco, gestito gai capi delle due opposte fazioni cardinalizie, Rodrigo Borgia e Giuliano della Rovere, che, attraverso promesse e corruzioni, si contendevano la tiara per se stessi o per un loro candidato.
Ognuno mirava ad assicurarsi vantaggi personali dal futuro pontefice e in conclave il più propenso a concedere favori a destra e a manca si mostrò Giovanni Battista Cibo; questi, secondo quanto riferisce il famoso cerimoniere Giovanni Burcardo, presente al conclave, arrivò a firmare la notte precedente la sua elezione una serie di suppliche, dispostissimo ad esaudirle una volta papa. E così fu eletto il 29 agosto e il 12 settembre fu incoronato in S. Pietro con il nome di Innocenzo VIII.

Giovanni Battista Cibo era nato a Genova nel 1432; suo padre era stato senatore a Roma sotto Callisto III e quindi viceré di Napoli sotto Ferrante, alla cui corte anche Giovanni Battista aveva avuto alcuni incarichi, facendo vita mondana. Un trascorso da autentico libertino da cui si ravvide secondo i buoni uffici del cardinale Calandrini, arcivescovo di Bologna, che lo avviò alla carriera ecclesiastica; ma quel passato in un modo o nell’altro lasciò il segno. Eletto vescovo di Savona da Paolo II e cardinale da Sisto IV, Innocenzo VIII non nascose mai l’esistenza della sua numerosa prole, avuta a quanto pare da una donna napoletana; ma erano troppi sette figli per poter essere accreditati ad una sola amante e così, a parte i due più in vista che egli riconobbe ufficialmente, Franceschetto e Teodorina, gli altri passarono per nipoti alla sua corte. Ma le "pasquinate" aumentarono la prole a livelli priapeschi:

Lode a Innocenzo rendere, o quiriti, si debbe, 
ché dell’esausta patria la prole ei stesso accrebbe. 
Otto bastardi ed otto fanciulle ha generato: 
Nocente e della patria padre sarà chiamato.
È certo che un papa simile, eletto com’era stato e con un passato così libertino, non si poteva sperare che tirasse fuori improvvisamente quelle qualità necessarie al suo alto ufficio quanto a serietà morale e spirito religioso. Diciamo che aveva una famiglia a cui pensare e, trascurando la riforma della Chiesa, si preoccupò esclusivamente di accumulare denaro in qualsiasi modo per sistemare i suoi problemi domestici.
Il fatto è che prima di lui c’era stato Sisto IV e la situazione finanziaria della Curia era quanto mai precaria, con tanti debiti lasciati dall’amministrazione di quel papa; Innocenzo VIII non si perse d’animo e prima di tutto s’impegnò la tiara e parte del tesoro presso una banca romana per le necessità impellenti. Poi per ricavare altro denaro creò nuovi posti nella segreteria papale, anche se non ce n’era proprio bisogno, mettendoli in vendita; a parte l’abuso di potere, questo portò ad affidare gran parte degli uffici dell’amministrazione curiale a persone incapaci che cercavano a loro volta soltanto il proprio vantaggio per un’avidità di denaro che diventò regola quotidiana nella Santa Sede. Tutti gli impiegati erano corrotti e il caso più lampante si ebbe con l’istituzione del collegio dei Plumbatores delle bolle pontificie, nel numero di 52; accadde che molti di loro s’industrializzarono in proprio e, da autentici falsari, misero su un’officina che emetteva bolle falsificate, in un lucroso commercio assai attivo finché non furono scoperti nel 1489 e finirono sul patibolo. ’

Come Sisto IV anche Innocenzo VIII fu coinvolto in una politica disordinata per lo Stato pontificio e principalmente ebbe problemi con Napoli, in un alternarsi di scontri armati e paci; nella guerra dei baroni, scoppiata in conseguenza del governo tirannico di Ferrante e del figlio Alfonso di Calabria, il papa si mise contro gli Aragona. Mal gliene incolse, perché i nemici arrivarono fin sotto le porte di Roma, che si salvò solo grazie all’abilità militare del cardinale Giuliano della Rovere con una pace temporanea nel 1486.
Nel frattempo Innocenzo riusciva a convincere gli Orsini e i Colonna ad un armistizio per il bene della città e, al contrario di Sisto IV, stringeva con Lorenzo de’ Medici buoni rapporti, che venivano concretizzati nel matrimonio della figlia del signore di Firenze, Maddalena, con suo figlio Franceschetto, celebrato con grande solennità in Vaticano il 20 gennaio 1488.
Infatti, al contrario dei Riario e dei Borgia, i Cibo non ebbero né l’ambizione né l’ingegno per mire principesche, ma badarono solo a vivere nel lusso e a maneggiar denaro. Franceschetto ad esempio perse al gioco con il cardinale Raffaele Riario 60.000 scudi, che furono peraltro impiegati dal nipote di Sisto IV nei lavori del suo palazzo iniziati nel 1483, uno dei capolavori dell’architettura del primo Rinascimento, divenuto poi il palazzo della Cancelleria. E quando Innocenzo VIII morì, Franceschetto non ci pensò due volte a vendere agli Orsini Cerveteri e Anguillara, che il padre gli aveva concesso in feudo nel 1490 con tanto di titolo di conte. Teodorina, l’altra figlia di Innocenzo, si era anche lei assicurata una buona posizione sposando il mercante Gherardo Usodimare, che era stato elevato a tesoriere pontificio.

Se il prestigio della sede apostolica con Innocenzo decadde sempre più in fatto di moralità lo si deve però principalmente a lui più che ai figli; fu lui ad immergersi nella mondanità e i parenti furono solo l’occasione che egli non si preoccupò minimamente di evitare. Così nello stesso anno in cui aveva aperto il Vaticano alle nozze del figlio, si ripeté in occasione del matrimonio della nipote Peretta, figlia di Teodorina, con Alfonso del Carretto, marchese di Finale; e un cronista del tempo commenta che fu "grave scandalo vedere il santo padre partecipare al banchetto in compagnia di alcune belle dame".
D’altronde lo stesso collegio dei cardinali era un’accozzaglia di porporati che perlopiù tutto erano fuorché preti o vescovi, nel senso religioso della parola; e non poteva essere diversamente, se il papa nominava cardinale un figlio illegittimo di suo fratello e, ridicolizzando il collegio, su pressione di Lorenzo il Magnifico, assegnava la porpora al tredicenne Giovanni de’ Medici, già dall’età di 7 anni protonotaro apostolico con il corrispettivo di ricchi benefici e commende. Quest’ultima nomina cardinalizia rientrava peraltro nelle trattative che avevano portato al matrimonio di Maddalena de’ Medici con il figlio del papa e fu ridicolizzata in una "pasquinata":

Per congiunger la Medici al figlio Franceschetto, 
Innocenzo la porpora donava a un ragazzetto. 
Se è ver che il Santo Spirito fa il papa sovrumano,
in questa il Santo Spirito l’ha fatta da mezzano.
Tra alti e bassi Innocenzo arrivò ad un’intesa anche con Ferrante di Napoli che, vedendo spuntare all’orizzonte il pericolo di Carlo VIII di Francia con mire sul suo trono, pensò bene di allontanare il papa da una politica filofrancese; l’alleanza fu sancita con un altro matrimonio, anche questo celebrato in Vaticano ai primi del 1492, tra la giovanissima Battistina Cibo, seconda figlia di Teodorina, e don Luigi d’Aragona, nipote di Ferrante. Fu un matrimonio peraltro non consumato, perché Battistina morì di lì a poco e don Luigi si fece prete, diventando poi cardinale.

Comunque Innocenzo VIII con tutti questi matrimoni e impegni mondani non poteva certo occuparsi della crociata contro i Turchi: finì col patteggiare con il sultano e accettare da lui una pensione di 40.000 ducati (il fatto non è comunque accettato da tutti gli storici); né fu capace di interessarsi ai problemi religiosi; quando lo fece, lo fece da incompetente qual era. Lo attestano le malfamate bolle contro le streghe, emanate su richiesta di due inquisitori domenicani, Enrico Institore e Giovanni Sprenger, che avevano incontrato una certa opposizione in Germania nella "caccia alle streghe". Con quelle bolle i due furono autorizzati a svolgere la loro attività poliziesca e a mandare al rogo numerose donne accusate di esser possedute dal demonio e recare danni agli uomini con le loro stregonerie. "Era triste abbastanza che il papa ascoltasse le fantastiche descrizioni dei delitti delle streghe attraverso la versione dei due inquisitori", osserva amaramente il Seppelt; le sue bolle fecero oltretutto da stimolo ad una vasta letteratura sull’argomento che entrò nei canoni dell’insegnamento cristiano del tempo. Lo Sprenger e l’Institore dettero infatti il la ad una copiosa produzione di libelli con il loro Malleus maleficarum ovvero il "Martello stregato": "questa malfamata opera, bollata a pieno diritto come una delle più dannose opere dell’intera letteratura mondiale", come ricorda il Seppelt, "spiega con ripugnante prolissità l’agire delle streghe, dilungandosi particolarmente sui malefici e sugli amorazzi diabolici, e conclude con le istruzioni sulla procedura contro la stregoneria".

In nulla di più, ovvero di meno, religioso s’impegnò Innocenzo VIII, perché certo non va ascritto a suo merito quanto di spirito "crociato" poteva ancora avere agli occhi dell’Europa la caduta dell’ultimo baluardo dei Mori in Spagna, Granada; avvenimento che si verificò sotto il suo pontificato il 2 gennaio 1492. Ciononostante egli sfruttò la notizia a Roma festeggiandola all’insegna di un trionfo delle armi cristiane sull’infedele; suoni di campane, funzioni di ringraziamento e fiaccolate notturne coincisero peraltro con il Carnevale di quell’anno e fu un’occasione per rendere quella festività, ormai tradizionalmente cara al popolo, ricca di avvenimenti tra i giochi in piazza Navona, il Corso mascherato, le cacce al toro secondo il costume spagnolo e le antiche rappresentazioni sceniche, il tutto gestito dal cardinale Raffaele Riario.

Non fece molto altro per Roma, e lo spirito mecenate di Sisto IV si attenuò notevolmente; furono sì restaurate molte chiese, con gli ultimi lavori a S. Maria della Pace e la ricostruzione di S. Maria in via Lata; pittori come Pinturicchio e Mantegna abbellirono la residenza del Vaticano con i loro affreschi, che purtroppo andarono in seguito distrutti. Ma certo il denaro più che altro finì nelle tasche dei figli e nipoti del papa, occupati in feste e cacce di cui cominciò ad essere splendido teatro la villa Magliana eretta sulla via di Porto.

Innocenzo VIII morì il 25 luglio 1492 e fu sepolto nella basilica di S. Pietro in un sontuoso monumento bronzeo di Antonio Pollaiolo.