Marco Tullio Cicerone
L'uomo che incarnò la Roma del suo tempo

 

riferimenti cronologici:
vita..................Arpino 106 a.C. - Formia 43 a.C.
matrimonio con Terenzia......................  77 a.C.
nascita della figlia Tullia.......................  76 a.C.
questore in Sicilia................................ 75 a.C.
edile................................................. 69 a.C.
pretore.............................................. 66 a.C.
nascita del figlio Marco........................  65 a.C.
consolato e congiura di Catilina.............. 63 a.C.
esilio................................................. 58 a.C. - 57 a.C.
dittatura di Cesare..............................  49 a.C. - 44 a.C.
divorzio da Terenzia............................  46 a.C.
morte della figlia Tullia.........................  45 a.C.
assassinio di Cicerone.......................... 43 a.C.

documenti cronologici del sito:
> Crasso, Pompeo, la revoca delle leggi sillane
> Pompeo e la campagna d'oriente
> La congiura di Catilina
> Il primo triumvirato
> L'esilio di Cicerone
> Roma dopo le idi di marzo
> L'ascesa politica di Ottaviano
> Dall'assedio di Modena al II° triumvirato
> La morte di Cicerone

 

Marco Tullio Cicerone è il più grande esponente dell’oratoria romana e, con Virgilio e Lucrezio, la figura più rappresentativa della letteratura latina. La partecipazione alla vita pubblica e politica è integrata in lui dall’otium, cioè l’attività culturale e intellettuale, conciliando così la tradizione con l’innovazione.

La lingua latina raggiunge con lui il più alto e ampio grado di espressione ed evoluzione, come testimonia il corpus della sua multiforme opera, che spazia dalle orazioni ai trattati filosofici, retorici e politici, alle oltre 800 lettere.

Le sue opere hanno trasmesso non solo una conoscenza analitica dell’epoca in cui egli visse, come interprete tra i più significativi delle vicende politiche e culturali, ma anche della sua vita pubblica e privata.

In questo senso egli è lo scrittore latino più completo.

Cicerone è forse l’autore più celebre della letteratura latina, ed è anche l’autore che conosciamo meglio. Egli ci appare sotto il profilo storico-politico uno straordinario testimone del suo tempo, sotto il profilo storico-culturale invece colui che si propose nel modo più lucido e consapevole di operare una sintesi armoniosa della cultura romana arcaica e del pensiero filosofico greco, sotto il profilo letterario, il massimo rappresentante dell’oratoria romana, il creatore della letteratura filosofica latina e il primo rappresentante del genere epistolografico.

Per un elenco delle sue opere vedi in fondo alla pagina

Marco Tullio Cicerone nacque nel 106 a.C. ad Arpino da una famiglia di possidenti non “nobile”, ma fornita dei mezzi economici e delle relazioni sociali necessarie per avviare i figli alla carriera politica.

Cicerone studiò a Roma e fin da giovanissimo frequentò il Foro, sotto la guida e la protezione dei più illustri ed autorevoli oratori del tempo, Lucio Licinio Crasso, Marco Antonio e Quinto Mucio Scevola l’augure.

Proprio in casa di Scevola conobbe Tito Pomponio Attico: in lui Cicerone ebbe l’amico più caro.

Fra il 90 e l’89 a.C. Cicerone compì un anno di servizio militare; a venticinque anni (nell’81 a.C.) difese la prima causa di cui conserviamo testimonianza, e l’anno successivo ottenne un notevole successo difendendo e facendo assolvere un cittadino d’Ameria accusato di parricidio da un liberto di Silla. Non era una causa difficile, le circostanze erano però politicamente delicate: Cicerone mostrò coraggio e intelligenza notevoli, non lesinando nella sua orazione elogi a Silla e al tempo stesso dando espressione e sfogo al disprezzo e allo sdegno dei Romani nei confronti di un parvenu come il liberto Crisogono.

Poco dopo Cicerone lasciò Roma, intraprendendo un viaggio in Grecia e in Asia minore, che durò dal 79 al 77 a.C., durante il quale frequentò le scuole filosofiche d’Atene e tutte le più importanti scuole di retorica nelle città dell’Asia minore e delle isole.

Al ritorno nell’Urbe Cicerone sposa Terenzia, che nel 76 a.C. gli dà una figlia: Tullia.

Nel 75 a.C. inizia la carriera politica, esercitando la questura in Sicilia; l’anno successivo ha il diritto di entrare per la prima volta in senato. Nel 70 a.C. la stima di cui gode si consolida e si accresce, in seguito al processo intentato da varie città della Sicilia contro l’ex governatore Verre; Cicerone accetta di assumere il ruolo d’accusatore ed ottiene una vittoria schiacciante su Quinto Ortensio Ortalo.

La carriera politica di Cicerone prosegue regolarmente; nel 69 a.C. è edile, nel 66 a.C. pretore; in questo anno egli pronuncia la sua prima orazione deliberativa, davanti al popolo, a favore della proposta di assegnare a Pompeo poteri straordinari e il comando della guerra contro Mitridate.

Nel 65 a.C. gli nasce il figlio Marco, intanto egli si stava impegnando a fondo nella campagna elettorale per il consolato.

Nel 63 a.C. è console assieme ad Antonio, battendolo come numero di voti. Grandi furono il suo orgoglio e la sua soddisfazione, tanto più che egli, in quanto homo novus, poteva annoverarsi fra coloro che vengono eletti consoli non nella culla, ma nel Campo Marzio.

Durante il suo consolato s’impegnò su posizioni conservatrici, a difesa degli interessi dei ceti economicamente e socialmente più forti contro i cosiddetti populares. Appena entrato in carica attaccò energicamente una proposta di legge agraria, tanto che essa fu ritirata dagli stessi proponenti.

Alla carica di console Cicerone era arrivato grazie all’appoggio dei patrizi che diffidavano dell’altro aspirante, l’aristocratico Lucio Sergio Catilina. Questi, sconfitto anche l’anno seguente (62 a.C.), organizzò una vasta congiura, trovando appoggio soprattutto presso gli aristocratici decaduti, i veterani di Silla e i proprietari terrieri cui erano stati confiscati i beni.

Cicerone, riuscì a produrre in senato le prove della congiura di Catilina, costringendolo a lasciare Roma, e nella quarta catilinaria lasciò al senato la decisione di condannare o no alla pena capitale alcuni capi della congiura, tutti uomini di spicco a Roma, non nascondendo la sua propensione per la condanna capitale. A favore di essa parlò poi Catone e la sua proposta fu accolta a larga maggioranza.

In un affresco di Palazzo Madama, a Roma, Catilina (isolato, a destra) ascolta la requisitoria di Cicerone (in piedi a sinistra). Catilina, fallito il tentativo di accedere al consolato nel 63 a.C., aveva in seguito organizzato una congiura per impadronirsi del potere. Cicerone, venutone a conoscenza, lo denunciò in Senato con le celebri orazioni dette Catilinarie.

Alla fine di dicembre del 63 a.C., Cicerone fu attaccato da un tribuno della plebe per aver messo a morte dei cittadini romani senza un regolare processo: l’accusa veniva dai suoi nemici di parte popolare, fra i quali era Publio Clodio.

Nel frattempo Cicerone aveva comprato una lussuosa casa sul Palatino; possedeva splendide ville a Tuscolo, a Formia, a Pompei, ad Anzio e a Cuma. Era considerato da tutti il massimo oratore vivente, ma il suo peso politico era già in declino: nel 60 a.C. Cesare strinse con Pompeo e Crasso il primo triumvirato ma Cicerone, invitato a collaborare, rifiutò per coerenza.

All’inizio del 58 a.C. Clodio fece approvare una legge che comminava la pena dell’esilio a chi avesse condannato a morte cittadini romani con procedura sommaria.

Nel marzo del 58 a.C. Cicerone partì per l’esilio, che durò sedici mesi. Grazie all’aiuto di Pompeo, Cicerone rientrò a Roma trionfalmente all’inizio di settembre del 57 a.C., pronunciò le orazioni di ringraziamento al senato e al popolo e poco dopo ottenne un parziale risarcimento dei danni economici subiti. Dopo la dolorosa esperienza dell’esilio, abbandonò l’opposizione alle leggi agrarie e si avvicinò ai triumviri. Negli anni successivi rimase ai margini della vita politica, si dedicò alla letteratura ma si adattò a difendere in tribunale vari personaggi legati a Pompeo e Cesare. Nel 52 a.C. Clodio venne ucciso in una zuffa con Milone; Cicerone, che si assunse la difesa di Milone, non riuscì a tenere l’arringa che si preparò: emozionato e interrotto, pronunciò quella che Quintiliano definirà un’oratiuncola e Milone venne condannato all’esilio.

Nel 51 a.C. Cicerone fu costretto da una legge di Pompeo ad assumere il governatorato della Cilicia, dove si fermò un anno.

Quando tornò in Italia la guerra civile era in procinto di scoppiare. Cesare il 10 gennaio del 49 a.C. varcò il Rubicone con i suoi soldati e iniziò a marciare verso Roma. Cicerone era incerto sulla posizione da assumere e s’illuse di poter favorire una pacificazione. Si decise poi a raggiungere i pompeiani in Grecia, ma dopo la sconfitta di Farsalo tornò in Italia e rimase a Brindisi, ad aspettare il corso degli eventi.

Alla fine di settembre del 47 a.C. ci fu la riconciliazione fra Cesare e Cicerone, politicamente ormai fuori gioco. Durante la dittatura di Cesare, Cicerone cercò conforto nell’attività filosofica e letteraria. Alle amarezze che gli stava procurando la situazione politica si aggiunsero intanto dispiaceri e sofferenze nella vita privata. Nel 46 a.C. divorziò da Terenzia; trovandosi in gravi difficoltà finanziarie sposò la ricca orfana Publilia, di cui era tutore, ma il matrimonio fallì subito. Nel febbraio del 45 a.C. morì Tullia in seguito ad un parto, lasciando il padre accasciato da quello che egli stesso considerò il dolore più grave della sua vita.

Il 15 marzo del 44 a.C. Cesare fu assassinato, e Cicerone si schierò dalla parte degli assassini, mentre nel conflitto fra Antonio e Ottaviano appoggiò Ottaviano.

Ottaviano si servì di lui per far legalizzare dal senato la sua posizione irregolare, e lo utilizzò come alleato nella lotta contro l’avversario: lotta cui Cicerone diede un notevole contributo sferrando una serie di violentissimi attacchi contro Antonio in senato e davanti al popolo, con le orazioni dette Filippiche.

Dopo la sconfitta di Antonio a Modena, i due eredi di Cesare si riavvicinarono e, in occasione del terzo triumvirato, il nome di Cicerone fu scritto per primo nella lista di proscrizione dettata da Antonio ed approvata da Ottaviano.

Raggiunto dai sicari d’Antonio nei pressi della sua villa di Formia, Cicerone fu giustiziato il 7 dicembre del 43 a.C. come nemico dello stato.

Si dice che Cicerone, visti arrivare i sicari, non oppose alcuna resistenza e, ormai rassegnato, mostrò il collo ai suoi carnefici. La testa e le mani, con le quali aveva scritto le Filippiche (orazioni contro Antonio sul modello di quelle scritte dall’oratore ateniese Demostene contro il re di Macedonia Filippo, padre di Alessandro Magno), furono esposte sul rostro del Foro a Roma, dopo di ché la moglie di Antonio si divertì a pizzicare la lingua di Cicerone, lingua che il grande oratore aveva usato per infangare il nome del marito.

Finì così l’ultimo grande esponente (forse il più grande) dell’antica repubblica romana, il cui nome avrebbe abbattuto le barriere dello spazio e del tempo e sarebbe giunto fino a noi con tutta la sua forza e la sua grandezza.

OPERE

Le orazioni di Cicerone ancora oggi conservate sono 58 (altre 48 sono andate perdute); riguardano la sua attività di magistrato e di uomo politico e sono caratterizzate da una prosa ricca e fluida che unisce chiarezza ed eloquenza. Le più note sono le quattro Catilinarie e le Philippicae (I - XIV) contro Antonio. Fondamentali furono le sue opere teoriche sulla retorica, che si rifanno a fonti greche oggi in gran parte perdute (ma arricchite dell’esperienza di oratore dell’autore) e sono tra le più antiche in nostro possesso. Quelle più importanti sono il De inventione, il De oratore, il Brutus (una storia dell’oratoria romana) e l’Orator, nelle quali Cicerone, tra l’altro, passò in rassegna i vari stili di eloquenza, il grandioso, l’intermedio e il semplice, considerati non in scala gerarchica bensì come tre diversi livelli fra i quali gli oratori potevano scegliere a seconda delle cause trattate.

Dopo essersi dedicato solo saltuariamente agli studi filosofici, in seguito alla morte della figlia Tullia (45 a.C.) fece convergere il suo interesse sulla speculazione etica, ispirandosi alle grandi scuole della filosofia greca del tempo, quella stoica, quella epicurea e quella accademica.

L’eclettismo della sua opera filosofica rappresenta un importante sforzo di ricapitolazione e assimilazione della cultura greca, ma ancora più importante fu il fatto che, per compiere questa operazione, Cicerone fissò il linguaggio filosofico latino.

Tra le più importanti opere di contenuto filosofico e filosofico-politico si ricordano:
De republica, sullo stato e la migliore forma di governo, ossia una forma mista di monarchia, oligarchia e democrazia;
De finibus bonorum et malorum (Sui limiti del bene e del male);
De legibus, sulla natura religiosa e naturale delle leggi;
De officiis (Sui doveri), di ispirazione stoica, l’unica sua opera filosofica scritta non in forma di dialogo;
De natura deorum (Sulla natura degli dei);
De divinatione;
Laelius, de amicitia (Lelio o sull’amicizia);
Cato Maior, de senectute (Catone Maggiore o sulla vecchiaia).

Importantissime, perché informano sulla vita privata e pubblica di Cicerone e al tempo stesso forniscono uno spaccato della vita del tempo, sono le oltre novecento Epistole indirizzate agli amici, ai familiari, ai politici e agli intellettuali suoi contemporanei.

Con la sua prosa duttile, che sa essere magniloquente senza riuscire oscura ed è in grado di trattare temi assai diversi - dalle minuzie quotidiane alle questioni etiche, dalle argomentazioni filosofiche alle sottigliezze giuridiche e all’invettiva politica - Cicerone stabilì i canoni della lingua colta ed ebbe un’immensa influenza sugli scrittori dei secoli successivi, fino a Petrarca e alla letteratura del Rinascimento.