Chiesa di S. Prassede (Libro VII) (II giorno)

In questa pagina:
Tavola di Giuseppe Vasi
Com'è oggi
S. Prassede

La Tavola (No. 127 - ii)

S. Prassede è una delle poche chiese completamente circondata da case. Solo un piccolo portico segnala l'ingresso alla chiesa. La vista è presa dal punto segnato in verde nella piantina del 1748, sotto. Nella descrizione relativa alla tavola Vasi faceva riferimento a: 1) S. Prassede; 2) Strada della Nuova Suburra.

Oggi

Oggi l'ingresso è ancora meno evidente, perché le case sono anche sopra il portico. L'edificio a sinistra dell'ingresso è ancora lo stesso. Via della Nuova Suburra è oggi detta Via Merulana. Fu aperta nel XVI secolo da XIII per collegare S. Maria Maggiore con Piazza di S. Giovanni in Laterano.

S. Prassede

Molte colonne delle vicine Terme Romane di Tito e Trajano furono usate in vari modi per costruire S. Prassede. Il portico ha due eleganti colonne Ionie, ma all'interno della chiesa c'è una serie impressionante di colonne Corinzie (vedi lo sfondo della pagina).
Il portico non dà immediatamente accesso alla chiesa ma, come in S. Clemente, immette in un cortiletto su cui si affaccia la porta principale della chiesa.

Per una scheda più dettagliata sulla chiesa di Santa Prassede clicca QUI

Brano dall'Itinerario di Giuseppe Vasi del 1761 relativo a questa pagina:


Chiesa di S. Prassede
Sulla medesima piazza di s. Maria Maggiore corrisponde quest'antichissima chiesa, eretta da s. Pio I. circa l'anno 160. nelle Terme di Novato nel vicolo Laterizio ad istanza della santa Titolare, la quale in tempo delle persecuzioni, quivi nella sua casa nascondeva, ed alimentava quanti Cristiani vi capitavano, e però aggravata di dolore, ed afflizione per vedere strapazzati tanti Cristiani in questo luogo medesimo, se ne morì, e si vede in mezzo della chiesa un pozzo in cui si dice, che ponesse il sangue, e i corpi de' ss. Martiri, e a sinistra della porta maggiore una gran pietra, sopra cui la santa Vergine dormiva, ed affliggeva il suo corpo. È in quella chiesa la celebre cappella di s. Zenone, detta prima Oratorio, poi orto del Paradiso, ed ancora s. Maria libera nos a poenis inferni; e vi sono riposti i 230. corpi di s. Martiri, e nell'altare, quello del medesimo s. Zenone con quello di s Valentino, e nella cappelletta si custodisce la colonna, a cui fu legato il nostro divino Salvatore mentre fu flagellato, e però non é lecito alle donne di entrarvi. Da Pasquale I. fu eretta di nuovo, e fu ornata di mosaici circa l'anno 822. .
Quindi s. Carlo Borromeo, essendone Titolare, rinnovò la chiesa, e vi fece il tabernacolo ornato con quattro colonne di porfido, mentre da principio era tutto di argento massiccio, e dall'una, e dall'altra parte vi pose le statue di s. Prassede, e di s Pudenziana, i corpi delle quali stanno sotto il medesimo altrare. Il Card. Alessandro Medici, che fu poi Papa Leone XI. fece dipingere nella nave di mezzo li misteri della passione del nostro Redentore; l'orazione all'orto, e la Croce in collo, con anche gli angioli, e li otto Apostoli fu i pilastri sono di Gio: Francesco Cosci Fiorentino; il Gesù condotto da Pilato, di Girolamo Maffei; la coronazione di spine, di Baldassare Croce; l'Ecce Homo del Ciampelli; nell'altro vi operò Paris Nogari ed altri, e i chiari scuri in tinta gialla li lavorò Cesare Rosetti. La ss. Nunziata sopra la porta con Apostoli e putti sono di Stefano Pieri, e le pitture nella porta di fianco del Ciampelli. Il santo Abate nella prima cappella a destra si crede dell'Alberti; il Cristo morto in quella, che siegue, è di Giovanni de' Vecchi, la volta, di Guglielmo Borgognone, e i due laterali, di Ciro Ferri, mentre era giovane; il quadro con Gesù Cristo alla colonna nella santa cappella è opera di Giulio Romano, e quello, che si vede in sagrestia col ss. Crocifisso, e due Santi inginocchioni sono del Ciampelli; il quadro nella cappella che siegue, è di Guglielmo Cortese, quello dell' altra, di Federigo Zuccheri, e la volta del Cav. d'Arpino. Custodiscono questa chiesa i Monaci di Valombrosi, i quali godono ancora le stanze de' Cardinali Titolari, nelle quali abitò s. Carlo Borromeo quando dimorava in Roma.
Resta questa chiesa voltata non già verso la piazza di s. Maria Maggiore, ma verso la nuova strada della Suburra, che forse sarà l'antico vicolo Laterizio, e vi si vede l'umile portico sostenuto da due rozze colonne.

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