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INNOCENZO XII
Antonio Pignatelli

Nato in Basilicata nel castello di Spinazzola, il 13.III.1615

Eletto papa 12.VII
e consacrato il 15.VII.1691
Morto il 27.IX.1700

Conclave lunghissimo
Fu il conclave più lungo del secolo quello che iniziò il 12 febbraio 1691; durò cinque mesi esatti la sede vacante e a Roma ci furono dimostrazioni e tumulti per lo scandaloso protrarsi di scontri nel conclave tra le fazioni politiche dei cardinali, in mezzo alle quali lo "squadrone volante" dei neutrali cercava in mille modi d'imporsi. A un certo punto si verificò anche un principio d'incendio e, sia pure temporaneamente, si procedette a porte aperte o meglio ad un'interruzione dei lavori; l'occasione fu opportuna per placare le vertenze. Si fini per eleggere il 12 luglio uno dei "zelanti", deciso però a concludere la vertenza con la Chiesa di Francia: il cardinale Antonio Pignatelli, che fu consacrato papa il 15 luglio e assunse il nome di Innocenzo XII.


Stemma di
Innocenzo XII

Vita
Era nato il 13 marzo 1615 nel castello di Spinazzola, in Puglia, da una nobile famiglia napoletana e a Napoli era sostanzialmente legato; era stato arcivescovo di quella città dal 1687, dopo aver coperto diverse nunziature e aver raggiunto la porpora cardinalizia nel 1681. Pasquino lo avrebbe chiamato Pulcinella, un po' per la solita irriverenza, un po' perché appunto lo considerava un napoletano e, infine, per quel naso lungo e la barbetta tipici della maschera. Sarebbe stato comunque l'ultimo papa con la barba; dopo di lui avrebbero trionfato facce rase. Il suo passato gli accreditava un carattere generoso e caritatevole verso i poveri; non li avrebbe abbandonati neanche da papa. Avrebbe messo a disposizione delle donne inabili al lavoro il palazzo del Laterano, visto che non era più abitato dai pontefici, mentre gli uomini li avrebbe accolti nell'ospizio di S. Michele a Ripa Grande. Poi con la peste, il terremoto e l'inondazione del Tevere nel 1695 dette fondo al tesoro pontificio prodigandosi in opere di soccorso e assistenza continua per quelli che era solito chiamare i suoi veri "nipoti". Ebbe cura delle loro malattie, dell'indigenza e anche dell'istruzione professionale dei loro figli. Fu un "papa buono" e amato per questo dalla gente, che capì appunto di aver trovato in lui un vero padre.

Deciso a stroncare la piaga del nepotismo
E i parenti, i Pignatelli, non misero piede in Vaticano: Innocenzo XI era deciso a stroncare la piaga del nepotismo e promulgò il 13 luglio 1692 una costituzione in proposito, la Romanorum decet Pontificem, la cui stesura era stata affidata a Giovanni Francesco Albani, il futuro Clemente XI. A commento della bolla il papa incaricò anche Celestino Sfondrati di comporre un opuscolo che mettesse in luce su basi storiche gli effetti deleteri derivanti dallo smodato amore dei pontefici verso i parenti; e fu il Nepotismus theologice expensus, quando nepotismus sub Innocentio XII abolitus fuit. In sostanza il papa non avrebbe più concesso sotto qualsiasi pretesto uffici, cariche o beni della Chiesa a parenti, che comunque, se ecclesiastici, dovevano ottenere benefici pan a quelli dei prelati non imparentati col pontefice. La bolla fu giurata da Innocenzo stesso e dai 35 cardinali presenti a Roma; i protestanti applaudirono all'iniziativa, anche se ormai come lontani spettatori. Quando, verso la fine del pontificato, Innocenzo dovette procedere ad alcune nomine cardinalizie, alcuni porporati gli suggerirono l'arcivescovo di Taranto, come persona degnissima, rispose: "È vero, ma è mio nipote". E fu escluso dall'elenco.

La vita mondana di Roma risentì di questo provvedimento; molte famiglie romane ci contavano sui nuovi arricchiti che "a ogni morte di papa" per mettersi in mostra organizzavano feste e bagordi alle spalle dello zio o nonno pontefice; si lamentarono che la città diventasse una specie di monastero. E non fu certo un povero l'autore della seguente "pasquinata" che lamentava la messa al bando del nepotismo, accusando oltretutto Innocenzo di non essere uomo di fede:

Quale frutto avrà mai la Santa Sede 
d'aver dato ai nepoti l'ostracismo, 
se regna invece lor chi non ha fede?

Quant'era meglio aver il nepotismo, 
splendor di Roma e base di governo, 
che nutre coi favori il giansenismo!
Non poche critiche suscitò peraltro nel 1697 la demolizione del teatro di Tor di Nona, dopo che era stato "ampliato e si può dire fabbricato", dal momento che prima era in legno, "colla spesa di cento e più mila scudi pochi anni prima", come ricorda il ministro del duca di Savoia, Giobbe De Gubernatis. E Pasquino disse:
Ma come, m'hai fatto con le mani tue 
e a un tratto ecco poi mi butti giù? 
In compenso Innocenzo XII istituì la dogana marittima a Ripa Grande, mentre la dogana di terra finì dietro la basilica di Antonino; i tribunali poi furono riuniti in gran parte nella Curia Innocenziana, cioè il palazzo di Montecitorio, costruito da Carlo Fontana, una delle creazioni più imponenti dell'ultimo barocco.

Uomo di chiesa
Sostanzialmente fu un profondo uomo di Chiesa questo papa, che concentrò tutte le sue cure nella riforma religiosa del clero romano, dopo aver sanato i vertici col decreto antinepotista. Prescrisse ai sacerdoti di portare a Roma la veste talare e di fare gli esercizi spirituali due volte all'anno. Istituì anche una "Congregazione per la disciplina del clero", che appunto controllasse la dignità dei prelati; la resistenza fu notevole, perché il "lassismo" era sempre dietro l'angolo. Ma categorico era il principio da rispettare: o fai il prete o fai il laico. Tempi critici sarebbero sopravvenuti comunque in questo campo e il principio sarebbe saltato.

Lo spirito religioso d'Innocenzo si allargò al mondo intero; notevole fu infatti l'incremento dato alle missioni nelle Americhe, in Asia e in Africa. Anche qui il papa impegnò notevoli somme di denaro. Affiorarono problemi nuovi in terra di missione, specialmente in Cina, nel tentativo di conciliare millenarie tradizioni locali con il messaggio evangelico; sorsero controversie che solo il tempo avrebbe in parte appianato. In ogni caso Innocenzo non intese mai fare qualche concessione a svantaggio della dignità pontificia del soglio apostolico, ma cercò di conciliare fin dove gli fu possibile senza alcun compromesso. Ciò che, in parte, però non avvenne con il re Sole.

Vertenze col clero gallicano
Le trattative per comporre la vertenza con la Chiesa di Francia durarono due anni; gli ecclesiastici francesi alla fine dovettero dichiarare che tutto quanto era stato deliberato nella famosa assemblea del 1682 andava considerato in pratica non deciso. "Prostràti ai piedi di Vostra Santità, dichiariamo di esserne indicibilmente addolorati", ritrattarono i candidati agli episcopati vacanti; e così ottennero l'istituzione canonica. Il re Sole da parte sua ritirò il decreto sull'osservanza delle quattro proposizioni gallicane, e fin qui tutto bene. Ma il sovrano precisò che aveva soppresso soltanto l'obbligo d'insegnarle; non avrebbe potuto impedire con la forza, a chiunque volesse, di dichiararsene seguace. E questo significava conciliare.

Ma il compromesso ci fu nel fatto che il papa dovette accettare l'estensione del diritto di "regalia"; è vero però che la Curia in questo modo aveva riconquistato una nazione che stava rischiando di perdere. Si era evitato il pericolo di uno scisma, ed era già molto. Il gallicanesimo certo rimaneva vivo e avrebbe fatto sentire tutta la sua forza con la rivoluzione francese e Napoleone; Innocenzo non avrebbe potuto evitarlo.

A livello europeo comunque fu ben vista l'azione diplomatica condotta dalla Curia nella circostanza e questo fece sì che Carlo II di Spagna, non sapendo a chi lasciare in eredità il trono, dal momento che non aveva figli, interpellò il pontefice per un parere. La questione fu esaminata da una commissione di cardinali, tra i quali l'Albani, che si pronunciò in favore dei figli del delfino di Francia, sposo di Maria Teresa, sorella maggiore di Carlo II; e il parere fu accettato e disposto così dal re nel suo testamento. Ma non sarebbe andato tutto tranquillo; la successione al trono di Spagna avrebbe scatenato una guerra, che Innocenzo XII non avrebbe però visto.

Egli finì il suo pontificato nella gloria del giubileo del 1700; sembrava che in Europa regnasse la pace e l'occasione gli parve favorevole a far sì che le grandi potenze si ritrovassero unite davanti alla porta santa; fu il sogno estremo di questo "papa buono" che, nonostante fosse afflitto dalla podagra, cercò di dare udienza ai pellegrini finché ne ebbe la forza.

Non completò l'Anno Santo; morì il 27 settembre 1700. Fu sepolto in Vaticano nel modesto sarcofago che si era fatto preparare; ma Benedetto XIV gli avrebbe eretto un monumento tra le cappelle di S. Sebastiano e quella del SS. Sacramento.