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BENEDETTO XIV
Prospero Lambertini

Nato a Bologna il 31 marzo 1675

Eletto papa il 17.VIII
e consacrato il 22.VIII.1740
Morto il 3.V.1758


Il conclave
Il conclave tenuto dopo la morte di Clemente XII durava da sei mesi, e mostrava di poter battere tutti i record precedenti. Dopo una contesa sulla candidatura del cardinale Ottoboni, che si era trascinata e conclusa con la sua morte il 28 febbraio, la battaglia si era spostata su due fronti, uno austro-francese e l'altro con Spagna, Napoli e Toscana. Un gruppo di cardinali puntava su Neri Corsini e un altro su Annibale Albani; era impossibile qualsiasi compromesso. Sembrava alla fine imporsi Pompeo Aldobrandini, ben visto dalle tre potenze, ma mancava sempre un voto. Proseguiva così lo scandalo di sempre; poi tra musi lunghi e mugugni una frase è buttata là dal cardinale Prospero Lambertini con quella giovialità che diventerà proverbiale: "Volete un santo: eleggete Gotti. Volete un politico: eleggete Aldobrandini. Volete un buon uomo: eleggete me". Sembra una "freddura" sotto il solleone, ma diventa il toccasana; non "quasi per ispirazione", piuttosto "quasi per disperazione" il 17 agosto 1740 Prospero Lambertini viene eletto all'unanimità. Richiestogli, secondo l'usanza, se accettasse o meno, risponde affermativamente e per tre ragioni: "La prima: per non dispregiare un vostro benefizio; la seconda: per non resistere alla volontà manifesta di Dio, poiché tale la ritengo non avendo mai io desiderato così eccelsa vanità; la terza: per finire queste nostre adunanze che credo servano di scandalo al mondo per la loro durata". 

Vita (Clicca QUI per una cronologia dettagliata della vita di Benedetto XIV)
Prospero Lambertini era nato a Bologna il 31 marzo 1675; allievo a Roma dei Somaschi, aveva poi studiato teologia e diritto. Divenuto chierico, si era imposto come avvocato concistoriale, facendo pratica nello studio del giudice di Sacra Rota monsignor Alessandro Caprara. Clemente XI lo aveva nominato canonico di S. Pietro e da allora aveva compiuto una carriera ecclesiastica brillante, per la profonda preparazione culturale che si era venuta facendo: consultore del Sant'Uffizio, associato alla Congregazione dei Riti e rettore dell'università della Sapienza. Ma è Benedetto XIII che lo eleva agli alti gradi ecclesiastici: nel 1726 è vescovo di Ancona e l'anno dopo cardinale; Clemente XII gli affida poi l'arcivescovado di Bologna. Quello che anima il Lambertini in questi anni è un fecondo apostolato esercitato con profondo zelo. È un pastore che si muove nella sua diocesi, s'informa delle condizioni della povera gente, emana ordinanze per alleviarne le pene: istituisce una commissione di ecclesiastici perché faccia opere di misericordia visitando e consolando gli infermi. Non è un bigotto; combatte certe teatralità nelle funzioni religiose e le proibisce in una serie di notificazioni. Vuole semplicità e questo gli provoca qualche critica. Ma non è tipo da risentirsi. Sa farsi obbedire e accompagna le sue sparate improvvise con quell'interiezione, "Cazzo!", o un velocissimo Cazzo cazzo cazzo!  («Papa dal buon carattere», «un bolognes, che sempre caz l’ha in bocca» (Baffo), un vizio che resterà nel suo intercalare anche da papa, tanto che giungerà a dire: "La voglio santificare questa parola accordando l'indulgenza plenaria dei peccati a chi la pronuncerà dieci volte al giorno!". Era il segno del suo spirito senza pari, di chi non ha peli sulla lingua, dice pane al pane e vino al vino: il cardinal Roncalli del Settecento. E sarebbe stato infatti il Giovanni XXIII di quel secolo, come ha brillantemente notato il Falconi, accreditandogli appunto "una concezione della Chiesa e del papato che lo faceva modesto ma convinto anticipatore della linea giovannea". 


Stemmi di
Benedetto XIV

Papa
Fu consacrato papa il 22 agosto 1740 e assunse il nome di Benedetto XIV.
Divenuto papa, incoraggiò il commercio e l'agricoltura e promosse varie riforme.
Il parallelo Lambertini-Roncalli calza decisamente, e lo si può cominciare a notare dal rapporto che i due avevano con i fedeli di Roma; il papa si comporta con loro come un prete qualunque. Benedetto XIV lo si vedeva infatti andare in giro in ogni quartiere della città e intrattenersi amabilmente con la povera gente; da questo contatto si rese conto direttamente delle precarie condizioni in cui viveva il popolo e fu tutto dedito a preservare lo Stato dalla carestia. Limitò le spese della corte, diminuì la servitù, ridusse lo stipendio agli ufficiali e il soldo alle truppe; anche se non con la tecnica propria di un economista, ma con l'ottimismo dell'improvvisatore egli riuscì a migliorare le finanze dello Stato. "Io sono papa prima di essere sovrano", si difendeva da chi criticava certi suoi provvedimenti dettati più da uno spirito umanitario che amministrativo. Come quando in un'enciclica concesse ai poveri contadini di spigolare in tutti i campi dello Stato della Chiesa in barba ai proprietari che volevano impedirlo, con un'ammenda di 30 scudi per i contravventori da distribuirsi tra gli stessi poveri.
Un'altra sincera prova di apostolica carità egli la offrì in occasione del giubileo del 1750 (durante il quale predicatore instancabile fu San Leonardo da Porto Maurizio, che eresse nel Colosseo 14 edicole della Via Crucis e una grande croce in mezzo all'arena): secondo un cronista del tempo "l'ospitale della Trinità, incaricato per debito di sua fondazione, di accettare li poveri pellegrini per tre giorni consecutivi, diede nel solo mese di aprile quaranta tre mille pranzi". E Benedetto s'intratteneva spesso a parlare con tutti i pellegrini, mischiandosi alle file in processione davanti alla porta santa, trascurando così qualsiasi etichetta, mettendo da parte mitra e pastorale.


Francesco Maria Crespi: Benedetto XIV

Con lo stesso spirito di semplicità trattava la politica e la religione.

Spirito conciliante. In un'epoca quanto mai difficile per la Chiesa, a Benedetto non sfuggiva il fatto che con l'assolutismo dei sovrani si affermava sempre più il principio della religione di Stato, mentre col diffondersi dell'illuminismo il cristianesimo stesso rischiava una crisi di esistenza in un mondo sempre più laico. L'unico mezzo per salvarsi era astenersi dalla politica di ostilità e affidarsi invece alla tolleranza in uno spirito di conciliazione universale; la "politica della pace", che il Falconi ricorda segnalando alcune frasi delle lettere scritte dal Lambertini al cardinale Pierre Guerin de Tencin: "La spada non sta bene in mano a chi, benché indegnamente, è vicario di Gesù Cristo", ovvero il papa "è, e deve essere disarmato".
Alla luce di questo ideale non importava che le terre dello Stato pontificio divenissero campo di battaglia durante la guerra di successione austriaca; il papa stesso offriva il libero passaggio alle truppe e pur di raggiungere il suo scopo era ben lieto di sopportare il "martirio della neutralità". Era dolorosa sì la perdita definitiva ad Aquisgrana di Parma, Piacenza e Guastalla, passati a don Filippo di Borbone, ma era il sacrificio compiuto in nome di un ideale evangelico, nell'adattamento ai tempi che cambiavano. E su questa scia è lecito il sospetto, subentrato allora in molti uomini della Curia, che nel profondo del suo animo Benedetto fosse convinto di liquidare col tempo in gran parte il potere temporale della Chiesa. Di qui si "giustificano" tutti i concordati stipulati con le diverse nazioni europee, verso le quali si mostrò remissivo, convinto com'era che la rinuncia ai diritti temporali favorisse la rinascita spirituale della Chiesa di Roma. Dal concordato col re di Sardegna, nominato vicario apostolico nei feudi pontifici disseminati nel suo Stato, a quello con il re di Napoli, in una limitazione al diritto delle immunità ecclesiastiche; da quello con la Spagna, nella concessione al re del diritto universale di patronato per cui egli poteva concedere a chiunque ben dodicimila benefici esistenti, restandone a Roma soltanto cinquantadue, a quello con il Portogallo, al cui re Benedetto concesse il titolo di "re fedelissimo" in un'apposita costituzione.

E ancora questo papa permise all'imperatrice Maria Teresa di tollerare nei suoi Stati i protestanti, pur raccomandandole di cercarne con cristiana dolcezza la conversione, e riconobbe ufficialmente il re di Prussia, fino allora considerato dalla Santa Sede semplice marchese di Brandeburgo. Ma in compenso questo sovrano favorì i cattolici nel suo Stato. "Si direbbe che egli scorga", come ha notato ancora il Falconi, "l'origine della decadenza del prestigio pontificio proprio nella tendenza dei papi non solo ad atteggiarsi ma a comportarsi da sovrani, con pretese di supercontrollo universale" che erano ormai storicamente superate. Non vi traspare un comportamento avventato, ma l'oculatezza piuttosto di chi "non vede nell'apparato della Chiesa un meccanismo di potere, ma semplicemente un complesso di uffici amministrativi al servizio di tutte le Chiese locali".

Anche se Benedetto XIV fu una meteora nel cielo della Chiesa di Roma, che sarebbe ricomparsa solo duecento anni dopo con Giovanni XXIII, ciò non toglie che egli abbia costituito ugualmente una scossa per il papato: era "l'abbandono del rigido non possumus, gli occhi aperti finalmente sulla realtà, il riconoscimento delle situazioni create dalla riforma del XVI secolo", come nota Zizola.

Tra le sue opere più importanti si ricordano De canonizatione Sanctorum (1734-1738), De Sanctorum Missae Sacrificio (1748) e De Synodo Diocesano (1748).

Nelle sue bolle ed encicliche, regolamentò i matrimoni misti e riuscì a dirimere la controversia sui riti cinesi e malabarici

Dotto canonista. Questo papa ebbe infatti anche una lucida visione dei problemi strettamente ecclesiastici, chiarendo incertezze e lacune, ma con un rispetto per le opinioni in una distinzione tra dogmi e teorie. Così lo vediamo togliere alcune feste di precetto, che secondo una costituzione di Urbano VIII erano 36, a parte le domeniche; ma lo vediamo anche premere sui vescovi per una stretta vigilanza sulla formazione dei chierici nei seminari. Approva due nuove congregazioni religiose, i Passionisti di S. Paolo della Croce e i Redentoristi di S. Alfonso de' Liguori; ma si dà anche anima e corpo ad una riforma del Breviario, che non riuscirà a completare, pur rilasciando dei principi che resteranno validi, come appunto quello della limitazione delle feste. Non agiva in questo come avversario del culto dei santi; lo guidava piuttosto un principio di credibilità e di funzionalità che si augurava in tal modo Potesse fruttare la loro venerazione.
Per questo fu cauto nel riconoscere miracoli e canonizzazioni, come quando si oppose a quella del cardinale Bellarmino; si giustificò dicendo che poteva essere un "pretesto a chi cerca di dir male di noi". E così abolì pure l'Inquisizione in Toscana. Nelle dispute per i Gesuiti assunse una posizione prudente; sarebbe morto prima di definire i problemi che questi gli avevano creato in Portogallo, con ingerenze a livello politico-commerciale, altrimenti, come nota il Ranke, "è probabile che non avrebbe distrutto l'Ordine, ma lo avrebbe gradatamente sottoposto ad una completa e radicale riforma".
Dichiarò che non era peccato ottenere profitto dai prestiti di denaro.
Rinnovò la condanna alla massoneria e fu anche un deciso difensore del vincolo matrimoniale.
Stabilì che il battesimo dei bambini di Ebrei o di pagani senza il consenso dei genitori era valido ma illecito, dal momento che sarebbe stato pericoloso battezzare bambini che avrebbero potuto perdere la loro fede una volta raggiunta l’età della ragione; qualora un bambino giudeo o pagano fosse stato battezzato senza il consenso dei genitori avrebbe dovuto essere portato via ai parenti per essere allevato secondo un’educazione religiosa. Involontariamente il battesimo adulto fu dichiarato invalido. Fu proibito il battesimo forzato di Ebrei.

S'impegnò inoltre nelle missioni: nelle controversie sorte in Cina impose a tutti i missionari d'impegnarsi a distruggere gli usi considerandoli come pura superstizione. Con il Vicino Oriente invece mostrò uno spirito aperto; i cristiani orientali potevano restare fedeli ai loro riti e i missionari latini non dovevano in nessun modo costringerli alla liturgia occidentale.

Papa fra i più eruditi, Benedetto incoraggiò l'istruzione e la scienza, istituì le cattedre di fisica, chimica e matematica presso l'università di Roma, diede nuovo impulso all'attività accademica bolognese, acquisì preziosi volumi per la Biblioteca Vaticana e fece tradurre in italiano le opere più significative delle letterature inglese e francese.
Uomo di cultura. Tutta questa attività apostolica è testimoniata d'altronde in una serie di scritti e di bolle, che evidenziano fondamentalmente la grande cultura di questo papa, moderna e anticipatrice sotto molti aspetti. Un pontificato, quello di Benedetto XIV, che senz'altro va considerato "un governo da tavolino", secondo una definizione cara al Falconi, e come naturalmente poté stigmatizzarlo una "pasquinata": "Maximus in folio, minimus in solio". Che poi era una variante di quella benevola: "Vir bonus in folio, vir bonus in solio".

Ma Pasquino finì "filosoficamente" per esaltarlo:

Ecco il papa che a Roma si conviene.
Di fede ne possiede quanto basta,
manda avanti gli affari della casta
e sa pigliare il mondo come viene.

Anche da papa, continuò a reggere la diocesi di Bologna fino al 1754, quando nominò suo successore il card. Vincenzo Malvezzi Bonfioli. E le attenzioni alla sue vecchia diocesi non cessarono neppure in seguito: l’attuale grande sala dell’Università, detta Aula Magna, è in realtà la Biblioteca originale dell'Istituto delle Scienze, la prima biblioteca pubblica di Bologna, aperta nel 1756, e la cui costruzione fu dovuta all'interessamento di Benedetto XIV, che scelse personalmente il progetto ideato dall'architetto Carlo Francesco Dotti, consistente in una grande libreria a pianta rettangolare (m. 35 X 11); la costruzione fu addossata al lato Nord di Palazzo Poggi e la sua facciata, a tre arcate di portico, continuò nelle linee quella del palazzo cinquecentesco.

A Roma non si tirò indietro neanche nelle opere della città, sia in quelle a scopo umanitario, come l'ingrandimento degli ospedali di S. Spirito e S. Gallicano, sia in quelle a carattere religioso. Fece costruire la chiesa di S. Marcellino, rinnovò la facciata di S. Maria Maggiore, con l'edificazione al suo interno del sontuoso baldacchino sull'altare papale, e nel centro del Colosseo fece elevare la croce dichiarando quel luogo sacro per il sangue versatovi dai cristiani, secondo un'antica e peraltro falsa tradizione. Ma evidentemente, santificando l'anfiteatro, il papa intendeva soltanto preservarlo da ulteriori saccheggi, facendo sì che non fosse più considerato una vera e propria cava di travertino.

Una nota della C. Bernardi Salvetti riporta il testo di una iscrizione dipinta sopra le porte d'ingresso all'interno, che ricorda la munificenza di Benedetto XIV, il quale fece trasportare alcuni quadri, che adornavano prima la Basilica Vaticana per arricchire il Tempio di S. Maria degli Angeli:
BENEDICTO XIV PONT. MAX.
QUOD IN VATICANA BASILICA COLLOCATIS
EVERMICULATO EMBLEMATE STRUCTIS ALIQUOT TABULIS
EGREGIAS PICTURAS INDE AMOTAS HUC TRASFERRI IUSSERIT
CARTHUSIANOS AD NOBILISSIMAMA AEDEM EXORANDAM
TANTO MUNERE IMPLEVERIT CARTH. ORDO.

Benedetto XIV, che era stato cardinale titolare della basilica di Santa Croce in Gerusalemme, una volta pontefice si preoccupò di riammodernarla, ordinando vari lavori all’interno (affreschi, tele, il baldacchino dell’altare) e commissionando la nuova facciata ai due architetti Domenico Gregorini e Pietro Passalacqua. L’occasione fu data dall’avvicinarsi della scadenza giubilare del 1750: il papa voleva offrire ai pellegrini una basilica rinnovata, ma anche pienamente integrata nel tessuto urbanistico della città. Su quest’ultimo punto Benedetto XIV continuava l’opera di Sisto V, il quale, a fine Cinquecento, aveva ben compreso che l’intera Roma poteva essere considerata un unico, immenso reliquiario, e che si doveva favorire e disciplinare il movimento dei fedeli dall’uno all’altro dei luoghi più santi della città. Se dunque Sisto V aveva collegato la basilica della Croce a Santa Maria Maggiore, aprendo la via Felice (l’attuale via di S. Croce in Gerusalemme, che attraverso piazza Vittorio giunge alla basilica dell’Esquilino), Papa Lambertini completò l’opera collegando S. Croce al Laterano, mediante l’attuale viale Carlo Felice. In questo modo, erano finalmente collegate anche sul piano urbanistico le tre basiliche già unite sul piano devozionale: sin dal medioevo, infatti, si veneravano nelle tre chiese vicine i tre momenti fondamentali del passaggio terreno di Cristo, la Natività a S. Maria Maggiore (con la reliquia del Presepio), la passione a Santa Croce, e infine la Risurrezione a San Giovanni, basilica del Salvatore.

E Benedetto XIV fu un mecenate in senso nuovo, come protettore dell'attività di scienziati e artisti. Lo dimostrò dando un'interpretazione più liberale alla bolla De cadaverum sectione di Bonifacio VIII per consentire un più largo studio dell'anatomia, e propugnando la libertà sacrosanta per uno scrittore di esprimere le proprie idee. In questa luce raccomandò ai consultori dell'Indice di esaminare sì i libri con diligenza propria degli inquisitori, ma anche di giudicarli con animo libero da ogni pregiudizio, accantonando ogni sentimento di nazionalità e partigianeria, nell'imparzialità della fede. Così si capisce come molte opere di scienza furono tolte dall'Indice; così si spiega la dedica del Maometto di Voltaire con il seguente distico:

Lambertinus hic est Romae decus et pater orbis, 
qui mundum scriptis docuit, virtutibus ornat.

Fondò l'Accademia Benedettina in Bologna e favorì gli uomini più dotti della sua epoca (Boscovich, Muratori, Querini) e non solo gli uomini: favorì in maniera determinante anche la carriera di Laura Bassi, prima donna scienziata. Sotto il suo pontificato si cominciò a stampare il Giornale de' letterati.


Due ritratti di Pierre H. Subleryas (Saint Gilles 1699 - Roma 1749)

Apprezzato in tutta Europa. A livello intellettuale il riconoscimento della sua personalità d'altronde non ebbe frontiere, tra numerosi scambi epistolari anche con scismatici protestanti, russo ortodossi o atei, dissertando di poesia e arte, e riconoscendo in fondo tutti gli uomini figli di Dio, pur nella differenza ormai radicata di fedi religiose o ideologie. Ci fu allora quella che dall'età giovannea dei nostri anni si sarebbe chiamata "apertura" ai non credenti e "dialogo" con i protestanti, da un rappresentante dei quali Benedetto XIV avrebbe avuto un riconoscimento ufficiale. Il figlio del ministro inglese lord Walpole osservò che Benedetto "aveva restaurato il lustro della tiara. Con che arti aveva raggiunto quella gloria? Solo con le sue virtù." E gli fece infatti erigere un monumento, la cui epigrafe testimoniava la stima degli anglicani al "migliore dei pontefici".

La salute. Benedetto aveva sempre goduto di ottima salute, tanto da sobbarcarsi dal 1951, quando il Cardinal Silvio Valenti Gonzaga fu colpito da apoplessia, anche le fatiche della Segreteria di Stato per non mancare di delicatezza verso di lui. Solo nel 1756, quando il Valenti morì, lo sostituì col Cardinal Alberico Archinto. Negli ultimi anni Benedetto XIV ebbe a soffrire di gotta, e fu tormentato dall'insonnia e da una nefrite che lo condusse due volte in fin di vita, nel dicembre del 1756 e nella primavera del 1757. Ormai era chiaro che la fine del Papa non era lontana e le potenze europee cominciarono a fare i loro preparativi per il Conclave

La fine di Benedetto XIV. Non erano dettate solo da modestia le parole che pronunciò prima di morire, di attacco polmonare, il 3 maggio 1758, nel palazzo del Quirinale all'insegna del "Sic transit gloria mundi". Era cosciente che non avrebbe avuto seguito immediato nei suoi successori: "Io ora cado nel silenzio e nella dimenticanza, l'unico posto che mi spetta". Il papato infatti avrebbe in gran parte cancellato il suo operato nei due secoli successivi; la stima degli anglicani e la dedica del Voltaire (le cui opere erano state condannate da Benedetto XIV!) o la celebre commedia del Testoni ai primi del Novecento non avrebbero fatto storia se non per generare qualche sparuta "simpatia" o, al contrario, tante critiche e "antipatie" fino alle ultime condanne nei confronti della sua politica da parte di Pio XII. La sua pastorale lezione di umanità evangelica aveva bisogno di scolari più maturi.

Forse contribuì a screditarlo anche il solenne monumento funebre che i 64 cardinali da lui nominati gli fecero erigere in S. Pietro; quell'immagine in posa teatrale e con le vesti svolazzanti non si addice certo alla sua figura, che fu sempre semplice pur nell'apostolica grandezza.

Cronologia dettagliata della vita di Benedetto XIV
Le encicliche