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GIULIO III
Giovanni Maria de' Ciocchi del Monte

Romano

Eletto papa l'8.II
e consacrato il 18.II.1550
Morto il 23.III.1555

Si comportò come un principe del Rinascimento
ma erano ormai finiti i tempi di Leone X

Che non fosse aria di riforma, che l'ispirazione dello Spirito Santo fosse accantonata in un intrigo di traffici politico-clericali apparve subito chiaro nel conclave per l'elezione del successore di Paolo III. I 47 cardinali che vi parteciparono, divisi nei due partiti fondamentali filoimperiale e filofrancese, nonché in un ulteriore caos di correnti per un mercimonio in piena regola, non erano certo guidati da interessi spirituali nel racimolare voti a destra e sinistra per questo o quel candidato. Oltretutto non si trattò di un vero e proprio "conclave", perché le relazioni col mondo esterno furono continue, i chiavistelli saltarono e in pratica tutto si svolse perlopiù "a porte aperte".

La sede vacante durò dal 29 novembre 1549 all'8 febbraio 1550 e Roma risentì del clima libertario in cui si trovava, tanto che i cittadini si abbandonarono a cortei mascherati che erano un'aperta satira dei porporati riuniti in conclave; nella stessa piazza S. Pietro "fecero bello combattere de belli assalti col trainare molti archibuzzi et fecero un carocelo bello", come racconta il trasteverino Cola Coleine, così che il governatore della città proibì di andar mascherati "con vesti di cardinali, vescovi o prelati" se non si voleva incorrere in pene corporali tipo "tre tratti di corda, da darsi in pubblico nel momento e nel luogo dell'arresto, senza domandare né conoscere chi siano".

Poi improvvisamente arrivò l'annuncio; l'8 febbraio fu eletto il cardinale Giovanni Maria Ciocchi del Monte, un romano, e questa volta fu festa grande, che durò fino al giorno dell'incoronazione, senza che le autorità ponessero un freno alla baldoria organizzata dai Romani quanto mai contenti di vedere di nuovo un loro concittadino sul trono pontificio dopo più di un secolo.

Il 18 febbraio, come annota ancora il Coleine, "li Romani fecero una caccia in Campidoglio de 6 tori et fecero una bella Commedia et fecero una bella cena alli Parenti del Papa et molti gentiluomini e donne et fo un bello parato: fecero lo gioco del carosello fora 40 o 50 ragazzi e 42 tra trombette et tamburi. Il palio fu turchino e oro". E il papa, che assunse il nome di Giulio III, presenziò con piacere a questi festeggiamenti che non avevano alcunché di religioso; del resto con lui Roma sarebbe tornata ai fasti rinascimentali, che avrebbero così paganamente accolto i bravi pellegrini del giubileo iniziato in pratica poco dopo l'incoronazione.

Cardinale in Gualdo Tadino, piccola città dell'Umbria, fece scolpire il suo stemma sulla fontana centrale. Purtroppo l'artista non era un maestro (immagine a sinistra).

Qualche anno dopo la vicina cittadina di Spello ebbe dono da Giulio III ormai diventato Papa una nuova fontana proprio nel centro della piazza (immagine a destra).

Fu quindi legato a Bologna,  la quale, pur essendo la seconda città dello Stato Pontificio, conserva pochissimi stemmi papali perché nel 1797, sotto l'influsso della Rivoluzione Francese tutti i simboli papali furono distrutti. Tuttavia la facciata del Palazzo Comunale mostra tuttora, scambiate per normali decorazioni, le insegne di Giulio III

Quando fu eletto papa, Giulio III aveva 63 anni ma, se fino allora si era mostrato scontroso, piuttosto rigido nella concezione della vita ecclesiastica, in linea con i suoi studi approfonditi di diritto civile e canonico, con un corretto assolvimento dei propri compiti negli uffici amministrativi di Roma affidatigli da Paolo III, da papa sembrava intenzionato a godersi il potere.
Infatti, in barba alla riforma e allo spirito di rinnovamento cristiano, nel pieno della crisi di un concilio lasciato a metà, e quindi anche in barba alla "contro riforma", Giulio III si dedicò a splendidi banchetti, allietati da una schiera di buffoni come ai tempi di Leone X. Assistette dalla loggia della basilica di S. Pietro alle cacce ai tori organizzate nella piazza, e non ebbe pudore a rinnovare le piccanti rappresentazioni teatrali in Vaticano. La dignità pontificia in senso religioso fu nuovamente messa da parte; e certo non per una pace spirituale evangelica questo papa si fece costruire fuori porta del Popolo una splendida villa di campagna in un parco imponente, chiamata poi villa Giulia (dalla maggior parte delle persone associata a Giulio II piuttosto che a lui. Lo sfondo di questa pagina riporta un dettaglio della decorazione di una finestra della villa)..

Manco a dirlo, fu nepotista senza scrupoli e i suoi parenti trovarono tutti a Roma uffici redditizi e notevoli fonti di reddito, pur non arrivando agli intrighi politici internazionali dei Farnese. Comunque il fratello maggiore, Baldovino, fu nominato governatore di Spoleto e ottenne la contea di Monte S. Savino da Cosimo de' Medici; il figlio di Baldovino, Giovanni Battista, fu nominato gonfaloniere della Chiesa, ma morì in guerra nel 1552. Risultata estinta in tal modo la linea maschile dei del Monte, Giulio III impose al fratello di adottare un certo Fabiano, un quindicenne depravato, custode delle scimmie, che assunse il nome di Innocenzo del Monte; è molto probabile che fosse figlio del papa, perché resterebbero inspiegabili tante premure ed affetto per un essere così abietto. Giulio III arrivò ad elevarlo alla porpora cardinalizia. ridicolizzando il Sacro Collegio, e ad affidargli addirittura la Segreteria di Stato, anche se solo nominalmente, perché era in pratica incapace di curarne gli affari. Le "pasquinate" su questo indegno figlio-nipote adottivo, designato col nomignolo di "Scimmia", si sprecarono e naturalmente ne andò di mezzo la dignità della Curia, come testimonia la seguente:

Ama Del Monte con uguale ardore
la scimmia e il servitore.
Egli al vago e femmineo garzoncello
ha mandato il cappello.
Perché la scimmia, il trattamento uguale, 
non fa pur cardinale?
Giulio III come papà-zio gliele avrebbe passate tutte; non così i suoi successori. Pio IV lo rinchiuse in Castel S. Angelo, per aver ucciso due persone in un banchetto, e una volta scarcerato gli tolse ogni rendita, relegandolo in confino a Tivoli; Pio V gli avrebbe tolto la dignità cardinalizia. Lo scapestrato Fabiano-Innocenzo del Monte avrebbe fatto una brutta fine a soli 46 anni, pur trovando poi sepoltura indegnamente addirittura in una chiesa come S. Pietro in Montorio. Eppure a Giulio III, per quanto sia stato così disonorevole nel contegno personale, va il merito di aver ripreso e continuato il concilio di Trento. Carlo V fu ben contento della decisione del pontefice, perché lo vide oltretutto accondiscendente su varie questioni che avevano invece costituito motivo di contrasto con Paolo III, e così esortò i principi protestanti dell'impero a presenziare al concilio; era ancora convinto di poter risolvere lo scisma.

L'assemblea si riunì l'1 maggio 1551 e stabilì dogmaticamente la dottrina sull'eucarestia, la confessione e l'estrema unzione, ma con l'arrivo dei protestanti la situazione si fece difficile e dopo varie discussioni naufragarono le speranze di una conciliazione tra le parti; fu così che il 28 aprile 1552 si arrivò ad una nuova sospensione del concilio per due anni, ma le ostilità sopravvenute nella politica europea furono tali che temporaneamente venne accantonata l'idea di riconvocare l'assemblea.

A determinare l'attrito tra Carlo V e il papa fu ancora una volta un Farnese, Ottavio, al quale Giulio III aveva assegnato ufficialmente il ducato di Parma, mentre l'imperatore non era intenzionato a riconsegnargli Piacenza; Ottavio si alleò con Enrico II di Francia e allora il papa lo dichiarò decaduto. Sopravvenne una guerra, e Giulio III si arrese alle minacce del re francese di convocare un concilio nazionale, riconoscendo nuovamente Ottavio duca di Parma, con l'aggiunta di Castro.

Più rosea si presentò invece a Giulio III improvvisamente la situazione per la Chiesa cattolica in Inghilterra con l'avvento al trono della prima figlia di Enrico VIII, Maria, nel 1553; ma sarebbe durato poco il sogno di una riunione di quel paese alla Chiesa di Roma, perché nel 1558 con Elisabetta tutto sarebbe tornato come prima e definitivamente. Comunque il papa il 23 marzo 1555 morì nell'illusione che, nonostante la crisi del concilio di Trento, quello scisma si sarebbe risolto positivamente.

Per quanto sofferente di gotta, Giulio III amava tanto la vita piacevole che trascorreva, specialmente nella sua villa fuori porta, da non pensare proprio di dover morire e solo all'ultimo si convinse a ricevere l'estrema unzione. Fu sepolto in un semplice sarcofago nelle Grotte Vaticane; i contemporanei non lo ritennero evidentemente meritevole di un mausoleo. E fu giusto, considerando che, secondo le parole del Ranke, "il suo governo non ha lasciato nessuna orma profonda".

Ma se non ha lasciato orma profonda ha lasciato numerose tracce artistiche
In Perugia fu addirittura glorificato.

Perugia, sebbene formalmente appartenente alla Chiesa, era stata governata per secoli dai Baglioni, i signori locali. Paolo III aveva voluto riportarvi il dominio della Chiesa, e dopo esservi riuscito, aveva fatto abbattere le case dei Baglioni e sul posto costruire da Antonio da Sangallo una fortezza, la Rocca Paolina, ovviamente non per proteggere Perugia dalle minacce esterne ma ad coercendam Perusinorum audaciam, perché non si ribellasse di nuovo. Inoltre aveva privato Perugia di ogni autogoverno.
Giulio III restituì alla città i suoi diritti e nel 1555 Perugia celebrò la sua misericordia con una statua di Vincenzo Danti vicino all'entrata della Cattedrale.
Così, quando durante i moti del '48, mentre la Rocca Paolina fu abbattuta e i simboli di Paolo III cancellati, nessun danno fu portato alla statua di Giulio III (sullo sfondo della foto un particolare della Fontana Maggiore).

Sul Campidoglio

Paolo III aveva affidato a Michelangelo il compito di ridisegnare la Piazza del Campidoglio. Il progetto comprendeva una nuova entrata (attraverso una loggia)al Monastero Francescano di S. Maria in Aracoeli. Giulio III fece costruire una nuova entrata al Palazzo dei Conservatori in corrispondenza dell'entrate al Monastero e il soffitto della loggia mostra il suo stemma.

Nei giardini di Castel Sant'Angelo

Una della più grandi preoccupazioni dei Papi dopo il Sacco di Roma del 1527 fu il rafforzamento della difesa di Roma e  Castel Sant'Angelo (map1 5/C2) fu visto come la chiave della sicurezza personale del papa. I giardini che oggi circondano la vecchia fortezza conservano questa splendida memoria di Papa Giulio.

Palazzo Spada

Il cortile interno di Palazzo Spada (map1 31/D4) vicino Palazzo Farnese è decorato in maniera tutt'altro che religiosa, è un inno al Rinascimentale all'uomo realizzato da Giulio Mazzoni, che era stato influenzato dai dipinti di Michelengelo nella Cappella Sistina. Tutto ricorda i piaceri della vita... e i simboli di Giulio sono dappertutto.