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DIALETTO ROMANESCO
glossario
espressioni e modi di dire esclamazioni ed interiezioni

IN QUESTA PAGINA

  • indice
  • prefazione
  • 1 - gli articoli
  • 2 - le preposizioni composte
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    · INDICE ·
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    1 - gli articoli

    4 - la pronuncia delle sillabe "ce" e "ci"

    7 - elisioni e accorciamenti



    2 - le preposizioni composte

    5 - sostituzioni di lettere e gruppi

    8 - il vocativo

    10 - note generali di sintassi (in preparazione)
    3 - dittonghi e trittonghi

    6 - il raddoppio di consonanti

    9 - i verbi




    PREFAZIONE

    Per molti non-romani la comprensione del romanesco parlato presenta qualche difficoltà, ma la comprensione del romanesco scritto potrebbe forse risultare ancor più ostica.
    Diversamente da molti altri dialetti, la struttura della frase rimane simile a quella italiana; ciò che differisce maggiormente sono le singole parole, per come esse sono pronunciate, ma anche per come vengono scritte.
    In particolare, ciò che nei testi in dialetto spesso colpisce (e disorienta) è la selva di accenti e di apostrofi, necessari a rendere il suono dei molti vocaboli che il romanesco elide o tronca, nonché le molte consonanti raddoppiate, a volte persino all'inizio dei vocaboli.
    Come avviene per quasi tutti gli altri dialetti, anche per il romanesco la trascrizione non segue regole specifiche di ortografia: quest'ultima è solitamente basata sul tentativo di riprodurre più o meno fedelmente la pronuncia, il suono delle singole parole. Per questo motivo, a volte, si può incontrare un medesimo vocabolo reso in modo leggermente diverso a seconda dei testi, anche perché alcuni autori tendono a semplificare l'ortografia, confidando nella conoscenza del romanesco da parte dei lettori, e lasciando così questi ultimi liberi di interpretare la pronuncia dei singoli vocaboli.
    Ma in ogni caso, il dialetto di Roma è più simile all'italiano di quanto non lo siano quelli di altre città o regioni.

    Questa "grammatica" ha un valore più ludico che didattico: ovviamente è ben lungi da me il serio tentativo di insegnare il romanesco ai non-romani e, perché no, a quegli stessi romani che magari masticano tre o quattro lingue straniere senza poi comprendere chi, al mercato, li invita a capà le perziche (ovvero a "scegliere le pesche").
    A ciò si aggiunga il fatto che oggi il dialetto è spesso investito - e a torto - di una connotazione negativa, plebea, travisandone così il significato puramente tradizionale. Eppure un tempo, a Roma, perfino i principi e i papi parlavano romanesco.
    Appunto in questa prospettiva culturale, senza alcun intento "conservatore", ho tentato di riassumere gli elementi principali del romanesco originale, quello cioè usato da G.G.Belli per i suoi Sonetti.

    Ho anche ritenuto opportuno aggiungere, in coda ad alcuni paragrafi, le principali differenze riscontrabili nel dialetto parlato oggigiorno, evidenziando l'evoluzione che in quasi duecento anni il romanesco ha subìto (come del resto è accaduto anche a molte lingue ufficiali). Tali parti sono riconoscibili in quanto comprese fra linee rosse.

    Per una più facile comprensione dei temi esposti, i numerosi esempi sono riportati in tabelle bilingui, in carattere corsivo.


    Ma nun c'è lingua come la romana
    Pe dì una cosa co ttanto divario
    *
    Che ppare un magazzino de dogana.


    da "Le lingue der monno", G.G. Belli


    * varietà



    Chi volesse approfondire i temi del romanesco moderno, non potrà fare a meno di visitare anche il sito TurboZaura 
    (raggiungibile cliccando sul logo che segue), prova tangibile della straordinaria vitalità nonché del pungente umorismo che questo dialetto ancora oggi dimostra di possedere, a dispetto dei molti detrattori.



    1. GLI ARTICOLI
      • L'articolo determinativo maschile singolare il diventa er :

        il gatto
        il cane
        il palo

        er gatto
        er cane
        er palo

        Alcuni autori ammorbidiscono un po' questo suono, scrivendo el.
        In altri casi si trova anche la forma ir (ir gatto, ir cane, ecc.): questo è il modo in cui i popolani che si sforzano di parlare un italiano corretto pronunciano l'articolo. Su questa e simili forme i romani veraci fanno un po' di ironia, riferendosi a tale dialetto "diluito" con l'espressione er parlà cciovìle (cioè, il parlare civile).

      • L'altro articolo determinativo maschile singolare, lo, rimane tale e quale.

      • Quello maschile plurale gli diventa li, con un'elisione in quanto seguito sempre da vocale:

        gli occhi
        gli animali
        gli uccelli

        l'occhi
        l'animali
        l'ucelli

      • Quando gli è seguito da s + consonante (scaffali, spaghetti, stivali, ecc.) o da z (zoccoli, ecc.) nel dialetto classico diventa li:

        gli scaffali
        gli zoccoli
        gli speroni

        li scaffali
        li zoccoli
        li speroni

      • L'altro articolo maschile plurale, i, in romanesco diventa li, senza elisione:

        i santi
        i lampioni
        i ragazzi

        li santi
        li lampioni
        li regazzi

      • Gli articoli femminili la e le rimangono invariati.

      • Gli articoli indeterminativi uno e una di solito perdono la "u" (fenomeno dell'aferesi), divenendo 'no e 'na:

        uno specchio
        una capra
        una mela
        uno zoccolo

        'no specchio
        'na capra
        'na mela
        'no zoccolo

      • L'altro articolo un rimane invariato, ma se è preceduto da una vocale di solito la "u" viene elisa, per dare maggior cadenza, e rimane 'n:

        è un gatto!
        sarà un po' troppo
        saliva su un albero

        è 'n gatto!
        sarà 'n po' ttroppo
        saliva su 'n arbero

        A volte, la "u" viene graficamente lasciata al suo posto, pur tuttavia non venendo pronunciata, in ottemperanza alla suddetta regola.


      QUADRO SINOTTICO DEGLI ARTICOLI


      il
      lo
      i
      gli
      la
      le
      un
      uno
      una

      er
      lo
      li
      l'
      la
      le
      un ('n)
      'no
      'na

      DIALETTO MODERNO
      Tutti gli articoli che cominciano per "l" tendono a perderla (aferesi), specialmente nel linguaggio parlato:

      la sposa
      le strade
      lo straccio
      gli scogli

      'a sposa
      'e strade
      'o straccio (in romanesco classico rimarrebbe invariato: lo straccio)
      'i scoji (in romanesco classico: li scoji)

      Si noti che 'a, 'e, 'o, 'i hanno in pratica lo stesso suono di una vocale semplice, ma dal suono leggermente più lungo.

      Tale cambio vale anche nella costruzione delle preposizioni composte (vedi sotto).



    1. LE PREPOSIZIONI COMPOSTE
    2. Molte preposizioni composte in romanesco vengono scisse nelle loro componenti:

      • dello, della, dei o degli, delle, si trasformano in de lo, de la, de li, de le.
        Soltanto del resta der (vedi anche paragrafo successivo, CAMBIO DI L CON R).

      • col, collo, colla, ecc. diventano cor, co lo, co la, ecc..
        Da notare che nel romanesco classico la preposizione semplice con viene semplicemente accorciata in co, senza apostrofo (e non elisa in co', come invece avviene nel dialetto moderno).

      • dallo, dalla, ecc. diventano dar, da lo, da la, ecc.

      • al, allo, alla, ecc. diventano ar, a lo, a la, ecc.

      • nel, nella, ecc. seguono la stessa regola: ner, ne lo, ecc.
        Spesso alle due particelle viene inframezzato de come rafforzativo, per cui la preposizione torna ad essere quella semplice ("in"):

        nella chiesa
        nel mondo

        in de la chiesa, ma anche ne la chiesa
        in der monno, ma anche ner monno

        La prima forma è più enfatica, ed è meno frequentemente usata della seconda, soprattutto nel dialetto moderno.
        Inoltre, spesso il romanesco fa ricorso all'avverbio drento ("dentro") al posto della preposizione "in":

        nel cuore
        nella casa

        drent'ar core (anche ner core)
        drent'a la casa (anche ne la casa)

      • sul, sullo, sulla, ecc. seguono la solita regola: sur, su lo, su la, ecc.).

        Spesso viene anteposto in come rafforzativo:

        sulla scala
        sul cappello

        in su la scala (talora in zu la casa, con una "s" enfatica)
        in sur cappello (talora in zur cappello, come sopra)


      • Per e il si contraggono in pe'r oppure, meno spesso, in p'er (ma il suono è identico):

        il rimedio per il dente che duole
        sudare per il caldo

        er rimedio pe'r dente che ddòle  (di rado p'er dente)
        sudà pe'r callo  (di rado p'er callo)

      Si noti, nella tabella sinottica che segue, come solo le preposizioni composte che contengono l'articolo "il", oppure "gli" seguito da vocale ("gli occhi", ecc.), non vengono scisse ma rimangono composte, mentre tutte le le altre si dividono nella rispettiva preposizione semplice e articolo: dellaàde la, coiàco li, sulleàsu le, ecc.


      QUADRO SINOTTICO DELLE PREPOSIZIONI COMPOSTE

        ARTICOLO à
      PREPOSIZIONE
      â
      IL LO LA I GLI LE
      DI der de lo de la de li dell' / de li de le
      A ar a lo a la a li all' / a li a le
      DA dar da lo da la da li dall' / da li da le
      IN ner
      in der
      ne lo
      in de lo
      ne la
      in de la
      ne li
      in de li
      nell' / ne li
      in dell'/ in de li
      ne le
      in de le
      CON cor co lo co la co li coll' / co li co le
      SU sur
      in zur
      su lo
      in zu lo
      su la
      in zu la
      su li
      in zu li
      sull' / su li
      in zu l' / in zu li
      su le
      in zu le
      PER pe'r pe lo pe la pe li pell' / pe li pe le
      TRA tra er tra lo tra la tra li tra l' / tra li tra le
      FRA fra er fra lo fra la fra li fra l' / fra li fra le


      Quando la preposizione semplice co è seguita da un, può diventare cor (per motivi fonetici):

      con un coltello
      con un sasso
      con un vestito nuovo

      co 'n cortello, ma anche cor un cortello
      co 'n sercio, ma anche cor un sercio
      co 'n vestito nòvo, ma anche cor un vestito nòvo

      La seconda delle due forme, più arcaica, oggi è molto poco usata.

      Le preposizioni fra e tra non vengono interessate da questo fenomeno in quanto, anche in italiano, non formano preposizioni composte:

      fra le rive del fiume
      tra le pecore

      fra le rive der fiume
      tra le pecore


      Invece le preposizioni che contengono il gruppo -gli (ad esempio degli, agli, dagli, cogli, negli, sugli, ecc.), che in italiano non si elidono, lo fanno in romanesco perché -gli diventa -li, e quindi richiede l'elisione davanti ad una vocale. In tal caso la "l" è anche raddoppiata (come se la "g" si fosse trasformata in "l"):

      degli occhi
      agli occhi
      dagli occhi
      negli occhi
      cogli occhi
      sugli occhi

      dell'occhi  (non  de l'occhi)
      all'occhi  (non  a l'occhi)
      dall'occhi  (non  da l'occhi)
      nell'occhi  (non  ne l'occhi)
      coll'occhi  (non  co l'occhi)
      sull'occhi  (non  su l'occhi)

      DIALETTO MODERNO
      • Spesso cor è scritto cór, per distinguerlo da còr (cioè còre = "cuore").
        Tuttavia, è assolutamente improbabile che in dialetto romano la parola "cuore" venga mai abbreviata in tal senso: l'uso di porre un accento acuto sulla preposizione è quindi, a mio avviso, abbastanza ingiustificato, ma può comunque servire a sottolineare il suono molto chiuso che la vocale "o" deve assumere in questo caso.

      • A causa della perdita della "l" da parte degli articoli (come già spiegato nel relativo paragrafo), de lo, co lo, ecc. vengono oggigiorno pronunciati in ottemperanza alla seguente regola fonetica: l'ultima vocale della preposizione semplice (de; co; ecc.) diventa la stessa vocale dell'articolo che segue, e che perde la "l":

        della sposa
        nello spazio
        nelle strade
        per i boschi
        con la barca
        con gli sci

        da'a sposa
        no'o spazio
        ne'e strade
        pi'i boschi
        ca'a barca
        chi'i sci

        Si noti che la doppia vocale inframezzata dall'apostrofo è pronunciata senza interruzione nella voce, come un'unico suono più lungo.

      • La preposizione su non muta la sua vocale. Inoltre quando la forma sugli è seguita da un vocabolo che comincia per vocale, anche in romanesco rimane la doppia "l":

        sugli scaffali
        sugli ultimi scaffali
        sugli scogli
        sugli alberi
        sugli occhi

        su'i scaffali  (dialetto classico:  su li scaffali)
        sull'urtimi scaffali  come il dialetto classico)
        su'i scoji  (in dialetto classico:  su li scoji)
        sull'arberi  come il dialetto classico)
        sull'occhi  come il dialetto classico)
       


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