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CLEMENTE XIV
Giovanni Vincenzo Ganganelli

Nato a Sant'Arcangelo
di Romagna il 21.X.1705

Eletto papa il 6.VII
e consacrato il 4.VI.1769
Morto il 22.IX.1774

Decretò la soppressione della compagnia di Gesù. Fondò il museo vaticano, che da lui prese il nome di "Clementino"

Il conclave
Le condizioni in cui si trovava la Chiesa di Roma dopo l'improvvisa morte di Clemente XIII erano delle più tristi: i cattolici sovrani europei erano in aperta lotta con la Santa Sede a tutto vantaggio di protestanti e scismatici che guadagnavano terreno nell'opinione pubblica. I fedeli si sbandavano nel dilagante teismo illuministico; gli anticlericali avrebbero volentieri impedito la nomina di un nuovo pontefice perché in ogni caso per loro "cattiva cosa è avere un papa", come scriveva l'abate Ferdinando Galliani.
In questo clima ostile iniziò a Roma il conclave il 15 febbraio 1769. I cardinali erano schierati sui due soliti fronti; quello delle "corti" e quello degli "zelanti" ovvero dei fanatici. Il contrasto di fondo, la soppressione o meno della Compagnia di Gesù; in senso più ampio, una Chiesa votata allo spirituale cancellando il temporale, altrimenti tradizione ferma nell'antico "disordine" delle cose. Ogni gruppo dei cardinali "cortigiani" aveva ricevuto istruzioni precise per l'elezione, con quattro elenchi di "papabili" e di "indifferenti", ovvero"da evitarsi" e in ultima analisi "da escludersi".
Le dispute e i contrasti furono tra i più violenti; si dovettero ripetere le votazioni 179 volte e il conclave si protrasse per tre mesi. L'avvenimento più eclatante fu l'improvviso arrivo a metà marzo del primogenito di Maria Teresa, l'arciduca Giuseppe, che domandò ed ottenne di poter entrare in conclave per poter presentare i suoi omaggi a tutti i cardinali; fu un'invadenza bell'e buona. Ebbe colloqui con i porporati che si protrassero per vari giorni e nei quali egli assicurò che l'imperatrice madre, pur così amica dei Gesuiti, non avrebbe fatto un passa per evitare la soppressione dell'Ordine; espresse pertanto il desiderio che venisse eletto un papa favorevole a questa ormai improrogabile decisione.
I colloqui dei diversi ambasciatori continuarono per tutto aprile e fino ai primi di maggio, travisando completamente il segreto dei lavori del conclave, che ormai appariva una farsa; e questa trama diplomatica coordinata dei vari sovrani cattolici europei non poté non raggiungere il suo scopo. 

Fu eletto il candidato che appariva più di tutti propenso alla soppressione della Compagnia di Gesù, il cardinale Giovanni Vincenzo Antonio Ganganelli; il 19 maggio 1769 ebbe l'unanimità.
"Parlare di simonia nella nomina del Ganganelli o di un impegno formale dal medesimo assunto per la soppressione dei Gesuiti", secondo il Castiglioni, "è una calunnia sfacciata, messa in giro dai suoi nemici, molto tempo dopo la sua morte." "Costui si era rifiutato di impegnarsi periscritto" sulla questione, concorda Giancarlo Zizola, precisando però: "dato che il cardinale di Bernis, ambasciatore di Francia a Roma, gli presentava un protocollo tipo "capitolazioni" o "giuramenti", in uso nelle elezioni imperiali, il candidato gli aveva garantito a voce che riteneva anche lui possibile e auspicabile la soppressione. Garanzie scritte del genere aveva fornito ai cardinali spagnoli".

Vita
Giovanni Vincenzo Antonio Ganganelli era nato il 21 ottobre 1705 a Sant'Arcangelo di Rimini; il padre era medico, ma lo lasciò presto orfano. Il futuro papa compì gli studi a Rimini e Urbino, dove a 18 anni entrò nell'Ordine dei Francescani; si era imposto come abile predicatore sui pulpiti di varie città e Benedetto XIV lo nominò consulente del Sant'Uffizio. La porpora la doveva a Clemente XIII; non aveva mai retto un vescovado, per cui fu consacrato vescovo il 28 maggio, ancor prima di essere incoronato papa il 4 giugno 1769. Assunse il nome di Clemente XIV.

Papa
Nonostante i "compromessi" che accompagnarono la sua elezione, il programma che egli si prefiggeva era dei più ardui; prendendo a modello Benedetto XIV, voleva riappacificare la Santa Sede con tutti i governi cattolici e far riacquistare credibilità alla figura del papa in uno spirito di fratellanza. Ci provò evidentemente, ma non ne venne a capo, anche perché si circondò di prelati infidi, che badarono ai loro interessi lasciandosi trascinare da una condotta ecclesiastica "libertina", secondo l'andazzo del tempo.
Le sue intenzioni erano buone, come quando nel 1770 dispose che non venisse più data pubblica lettura nel giovedì della Settimana Santa della famosa bolla In Coena Domini, che prendeva di mira tra l'altro gli attentati contro l'esercizio della giurisdizione della Chiesa e le violazioni laiche delle esenzioni o delle immunità ecclesiastiche. Erano norme che infastidivano i sovrani, che accolsero quindi con soddisfazione l'ordine pontificio di non pubblicare più la bolla con la solennità di un tempo, anche se in sostanza essa restava in vigore.

Ugualmente Clemente riannodò le relazioni diplomatiche col Portogallo, interrotte quando si era verificato un attentato contro la persona del re, i cui autori si sospettava fossero gli stessi Gesuiti; il papa cantò in S. Pietro un solenne Te Deum per lo scampato pericolo del sovrano, creò cardinale Paolo de Carvalho, fratello del primo ministro, ed eresse in Portogallo nuove sedi episcopali. Il nunzio pontificio fu riammesso a Lisbona.
E ancora con spirito di pace si era rivolto al re di Spagna, ma Carlo III lo riportò alla realtà; o si sopprimeva la Compagnia di Gesù o era inutile parlare di pace. Gli fecero eco tutti i sovrani d'Europa. Clemente XIV cercava di raggirare la questione per non arrivare all'estremo provvedimento; cominciò ad abbozzare una riforma dell'Ordine. Ma le mezze misure non appagavano i sovrani. Il pontefice oltretutto era solo, circuito da intrighi e maneggi anche da parte delle persone nelle quali riponeva maggiormente fiducia. Lo aiutavano invece solo a scendere per la china, dando spago a libelli e satire che non facevano che screditare la figura stessa di Clemente ed eccitare maggiormente gli animi contro i Gesuiti.
Pasquino prese di mira tutto l'entourage pontificio, a cominciare dal favorito del papa, il monsignor Bontempi, a quanto pare di umili origini:

Nacque Bontempi fra la broda e i piatti,
fu la sua casa stalla ovver rimessa,
entrò in convento, e quel che avanza ai gatti 
mangiò torsone e poi frate da messa. 

Un altro prelato che stava sulla bocca di tutti era il cardinale Alessandro Albani, che una deliziosa "pasquinata" presenta sotto il nome di don Pasquale con la sua bella Pimpa, ovvero la sua amante, un'altra donna Olimpia, in un susseguirsi di "pimpanti" doppisensi:

Quando specchiasi nel vetro,
don Pasqualle gioca dietro.
Se il mantel porta alla moda,
ei le appunta ben la coda,
se la veste s'incartoccia,
don Pasqual gliela scartoccia.
Se le va una mosca in faccia,
don Pasquale gliela scaccia.
Se le vien la pulce in petto,
piglia in man l'animaletto. 
Quando Pimpa è un po' sudata, 
ei l'asciuga e la rifiata.
Se si sporca la scarpetta
don Pasquale gliela netta. 
Quando Pimpa ha in mano il pane, 
don Pasqual gli accosta il cane. 
Se per quello ch'io rapporto,
mormorate, avete torto.
Giusto il senso interpretate,
Pimpa e lui non condannate,
che non han mai fatto male
Pimpa bella e don Pasquale

La soppressione dell'Ordine dei Gesuiti
Contornato da simili persone Clemente XIV non poteva certo sperare di salvare la Compagnia di Gesù; messo alle strette, dovette infine arrivare ad emanare quel decreto, per il quale in fondo aveva ottenuto il trono pontificio. Dopo tanti raggiri non poté più tirarsi indietro. Elaborò personalmente il "breve" di soppressione Dominus ac Redemptor; abbozzato nel novembre del 1772, fu sottoscritto in forma definitiva il 21 luglio 1773 e intimato ai Gesuiti il 17 del mese successivo. Clemente riservò a sé il controllo dell'esecuzione del "breve" per evitare incidenti incresciosi; a questo scopo nominò una commissione pontificia, ma non riuscì ad impedire arresti e processi. Tra questi il più famoso fu quello contro il generale dell'Ordine, Lorenzo Ricci, che finì in Castel S. Angelo, dove morì prima della fine del processo.
Inutile dire che tutti i sovrani cattolici europei manifestarono la loro piena soddisfazione; in particolare i Borbone si sentirono in obbligo di mostrare il loro "sincero" ringraziamento, restituendo i domini di Avignone, Benevento e Pontecorvo a suo tempo occupati. Clemente non dette alcun segno di esultanza; era evidentemente in crisi con la sua coscienza. Si preoccupò solo che i sovrani impartissero particolari disposizioni perché gli ex Gesuiti non venissero perseguitati; essi dovevano rientrare nei loro pieni diritti di chierici secolari. Peraltro in Russia e Prussia, due Stati non cattolici, il decreto pontificio non fu applicato, cosa che consenti all'Ordine di sopravvivere in quei territori fino alla sua ricostituzione nel 1814.

Fu triste l'ultimo anno di pontificato; Clemente XIV trascurò il suo stato di salute. Quando per la festa dell' Annunciazione si recò a cavallo a S. Maria sopra Minerva per le funzioni religiose, fu sorpreso per strada da un temporale, ma non volle tornare indietro; restò con i vestiti zuppi indosso fino alla fine della liturgia. Non fece che aggravare la malattia di erpete che già gli aveva deformato il volto. La gente diceva che il papa era angustiato da "terrori ridicoli e superstiziosi", che soffriva di visioni. Morì al Quirinale il 22 settembre 1774 dopo una lunga agonia; pura fantasia dovrebbe essere la voce che subito circolò su un suo avvelenamento, come anche una calunnia che gli autori fossero stati naturalmente i Gesuiti. Costoro comunque bollarono il loro "nemico" per l'occasione con una "pasquinata" latina che sprizza veleno anche in italiano:

Venne da volpe, mendace; 
regnò da lupo, impostore; 
morì da cane, empio. 

Altri lo esaltarono, rifacendo il verso alla precedente invettiva:

Venne come angelo, da Dio;
regnò come Salomone, da sapiente; 
morì come Sisto, di veleno. 

La sua salma, sepolta in un primo tempo in S. Pietro, fu poi traslata nel 1802 da Pio VII nella chiesa dei Ss. Apostoli in un superbo mausoleo opera del Canova.

     

Encicliche di Clemente XIV