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BONIFACIO IX
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Alla morte di Urbano VI, Clemente VII era fiducioso di ottenere il riconoscimento ufficiale di pontefice unico, ma a Roma i 14 cardinali decisamente a lui ostili seguitarono a ritenerlo un intruso e procedettero alla nuova elezione; il 2 novembre 1389 fu scelto il napoletano Pietro Tomacelli, cardinale di S. Anastasia, che venne consacrato il 9 dello stesso mese col nome di Bonifacio IX. I suoi primi atti pontificali furono quelli di correre ai ripari per i contrasti causati da Urbano VI in seno alla Curia, che avevano fatto cadere in disgrazia la sede romana a livello anche politico; graziò molti condannati dal suo predecessore, restituì la dignità cardinalizia a quattro che ne erano stati privati e si riconciliò col regno di Napoli riconoscendo re Ladislao, il figlio del defunto Carlo III. Questi giurò di aiutarlo contro l'antipapa; come premio di tale atto di devozione Bonifacio IX lo fece incoronare appunto a Gaeta dal suo legato e in seguito lo aiutò finanziariamente, finché riuscì ad avere la meglio su Luigi II d'Angiò, che godeva dell'appoggio di Clemente VII. Il papa in questo modo assicurò alla romana obbedienza il regno dell'Italia meridionale.
Bonifacio IX dunque poté sedere sul trono
con le spalle tranquille e amministrare i frutti del potere come voleva; un
grosso colpo fu in tal senso la celebrazione di ben due giubilei. Infatti a
quello già emanato da Urbano VI per il 1390 fece seguito un altro nel 1400, da
lui bandito perché l'istituzione dell'Anno Santo in nome dei 33 anni di Cristo
non eliminava in pratica quella relativa ai 50; le visite alle basiliche furono
definitivamente portate a quattro, con l'inclusione di S. Maria Maggiore. Come
osserva ancora il Gregorovius, è indiscutibile che «la santa festa del
giubileo si era trasformata ormai in una manovra speculatoria del papa che,
attraverso emissari che si spingevano fino ai più remoti paesi, vendeva
indulgenze all'incanto per tanto denaro quanto costava mettersi in viaggio per
Roma». Si andò così concretizzando sempre più quel «traffico» che avrebbe
portato reazioni determinanti in seno al clero e ai fedeli solo con la riforma;
fino a quell'epoca il papato avrebbe fatto il buono e cattivo tempo per
operazioni finanziarie in grande stile, tra simonia e mercimonio senza
scrupoli.
I rapporti con i Romani furono buoni nel periodo seguente il giubileo del 1390, perché al solito l'affluenza dei pellegrini determinò buoni affari anche per la cittadinanza, ma discordie e tentativi di rivolta a lungo andare affiorarono; solo nel 1398 il papa riuscì ad assicurarsi la piena sovranità su Roma, con l'eliminazione del sistema repubblicano e il rinnovo della carica senatoriale in base ad una propria scelta. Poi l'Anno Santo del 1400 riportò di nuovo il benessere a tutti, nonostante i disagi di un'ennesima peste; comunque per rafforzare il proprio potere Bonifacio IX fece restaurare Castel S. Angelo che, come avvenne anche per il palazzo del Vaticano e il Campidoglio, fu trasformato in fortezza. Così la sua sovranità temporale in pratica badò solo a spremere ogni possibile fonte di denaro e a trincerare il suo trono. A livello internazionale questa sete di denaro comportò un decadimento del prestigio della sede apostolica romana, tanto che di fronte ad alcuni risentimenti popolari verificatisi, specialmente in Germania, contro i predicatori d'indulgenze da lui inviati con esose richieste di denaro, egli si vide costretto nel 1402 a revocare numerose indulgenze plenarie concesse. Ciononostante non si curò troppo delle critiche, convinto di essere insindacabile nel suo operato, e nulla di concreto fece per eliminare lo scisma. Quando poi nel 1394 morì Clemente VII e i cardinali avignonesi nominarono come successore il cardinale aragonese Pedro de Luna, che assunse il nome di Benedetto XIII, non s'impegnò eccessivamente nel farsi riconoscere unico papa; sentiva in effetti di essere malvisto per la sua scandalosa attività simoniaca. Infatti l'assemblea tenuta a Parigi nel 1398, su proposta dell'università di quella città e del clero francese, che mal tollerava le imposizioni tributarie di Benedetto XIII, con la partecipazione dei più dotti teologi, vescovi e abati votò sì una «sottrazione» di obbedienza al papa avignonese, ma non deliberò d'altra parte neanche un'adesione al pontefice romano. Il re di Francia, che non gradiva ad Avignone un papa aragonese, approvò il decreto dell'assemblea e s'incaricò di porre sotto assedio la città della Provenza, aprendo però contemporaneamente dei negoziati con Bonifacio IX; questi si mostrò invece favorevole a mantenere praticamente quello status quo per lui così fruttifero. Oltretutto tra i sovrani europei si stava facendo strada l'idea della deposizione di ambedue i pontefici in un concilio ecumenico. Bonifacio IX cercò a questo punto di rafforzare la sua posizione in Germania, proprio là dove maggiormente la politica finanziaria papa le aveva subito uno smacco; così espresse a Venceslao il desiderio di volerlo incoronare imperatore a Roma, concedendogli la riscossione delle decime dei beni delle chiese in Germania e Boemia. Assicurarsi l'appoggio dell'imperatore significava per la Curia romana al limite il mantenimento dello scisma in attesa di tempi migliori. Quando poi nel 1400 Venceslao fu deposto dalla maggioranza dei principi tedeschi che gli opposero la candidatura di Roberto del Palatinato, il papa si tenne inizialmente da parte per rifarsi vivo nel 1403 quando, rafforzatasi definitivamente la posizione di Roberto, considerato sovrano legittimo da tutti i principi, provvide ad emanare una ridicola bolla in cui si sosteneva che la destituzione di Venceslao e la nomina del nuovo re erano avvenute per espressa volontà del romano pontefice. Benedetto XIII intanto, eludendo l'assedio di Avignone, nel 1403 era riuscito a riparare a Chàteau Reynard riacquistando di nuovo un certo prestigio. Infatti improvvisamente il clero di Francia appariva ancora favorevole a lui, tanto che la nazione intera con decreto regio era tornata alla sua obbedienza. La stessa università di Parigi, che così violentemente l'aveva combattuto, appariva più vicina a lui; i contributi ecclesiastici dovutigli ripresero il loro corso, con il riconoscimento degli arretrati. È chiaro che su questa nuova ascesa di Benedetto ai vertici dell'autorità ebbe gran peso il comportamento, tutto all'insegna del mercimonio, di Bonifacio IX che aveva finito per disgustare l'Europa intera. Il papa di Avignone si sentì infine così accreditato nell'opinione internazionale, tanto da farsi promotore di un incontro con il romano pontefice per risolvere lo scisma; inviò pertanto a Roma un'ambasceria nell'estate del 1404. Bonifacio IX era malato e quegli
ambasciatori, a quanto riferiscono i cronisti, lo irritarono al punto da far
aggravare le sue condizioni; la Curia finì addirittura per ritenerli responsabili
della sua morte avvenuta l’l ottobre 1404, e così finirono in carcere a Castel
S. Angelo, da dove uscirono solo su cauzione.
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