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LEONE XIII
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Il conclave
Il conclave registrò la partecipazione di 60 dei 64 cardinali componenti il Sacro Collegio ma durò molto poco, appena 36 ore. Al terzo scrutinio, il 20 febbraio 1878, fu eletto il cardinale Gioacchino Pecci; aveva avuto la meglio sul cardinal Bilio, che passava come l'autore del Sillabo, mentre l'eletto «era stato chiaramente all'opposizione durante il pontificato di Pio IX», come ricorda Giancarlo Zizola. «Aveva vissuto tutti quegli anni in esilio a Perugia, dove peraltro s'era costituito un piccolo Vaticano, frequentato da intellettuali ed artisti, dove scriveva lettere pastorali che erano proprio il contrario delle encicliche di papa Mastai, perché affrontava con spirito positivo i maggiori problemi del tempo»; era forse quel successore che Pio IX stesso si augurava da quando aveva capito che uno come lui era fuori dal mondo. Vita
Grande studioso di teologia, continua ad ampliare i suoi studi filosofici e umanistici. Poi nel '43, consacrato arcivescovo, è inviato come nunzio a Bruxelles, dove entra in contatto con la realtà belga - ma anche europea - da qualche tempo in fermento, con i rapporti tesi fra cattolici e liberali, ma che Pecci riesce a ben gestire. Ma non fa solo questo: si guarda attorno, segue quanto succede in Inghilterra, dove è nata la rivoluzione industriale, in Germania, dove sta per esplodere la protesta dei lavoratori ('48), e segue la Francia Repubblicana. Nel frattempo diventa arcivescovo di Damietta. Ritornato a Perugia nel '47, è nominato cardinale nel '53; nel '59 vive le drammatiche giornate della insurrezione perugina, la repressione dei soldati pontifici, ed infine la sofferta annessione dell'Umbria al regno sabaudo. In merito alla questione politica e sociale non è un intransigente come il segretario di stato ANTONELLI, le sue posizioni differiscono da quelle di Pio IX (Enciclica delle usurpazioni) ma gli rimane accanto nel movimentato intero periodo dell'Unità, ancora di più quando nel '76 prende il posto dello stesso Antonelli. Ma l'anno dopo muore Pio IX e il 20 febbraio 1878 viene eletto pontefice proprio lui, all'età di 68 anni. Nella decisione dei cardinali hanno pesato,
probabilmente, l'età (68 anni) e il carattere mite del Cardinal Pecci: dopo un
periodo turbolento, dopo un papa intransigente e di
grande personalità quale era stato Pio IX, è il papa di transizione che ci
vuole. Papa
In effetti nei primi dieci anni del suo pontificato, Leone XIII nel rapporto con l'Italia non si allontana dalla linea di Pio IX; i cattolici devono mantenersi fedeli al «Non expedit», nel rifiuto della partecipazione alla vita pubblica. «Né eletti né elettori», è la formula che anima questa crociata tendente a propagandare agli occhi del mondo intero la condizione di una Santa Sede «prigioniera» di uno Stato italiano anticlericale. Due mesi dopo la sua elezione con l'enciclica Imperscrutabili Leone ribadisce il rifiuto di accettare la perdita del potere temporale: la chiusura verso l'Italia è totale. L'aggressione del 13 luglio 1881 al corteo funebre che da S. Pietro trasporta a S. Lorenzo le spoglie di Pio IX è il segno tangibile della «guerra fredda». Leone XIII scrive all'imperatore d'Austria Francesco Giuseppe manifestando il desiderio di stabilirsi fuori d'Italia; teme che, se resterà a Roma sotto l'oppressione di un governo che più della legge delle guarentigie non sa proporgli, la situazione di stallo in cui vive il mondo cattolico non si sbloccherà. Ma ogni speranza va delusa; l'anno dopo nasce la Triplice e l'Austria si allea con l'Italia; saltano i progetti di fuga e Leone resta trincerato in Vaticano. È il rifiuto anche di tutto ciò che determina l'anticlericalismo, è l'opposizione al naturalismo e al socialismo; la proposta è il ritorno alla pratica delle virtù cristiane. In uno Stato oppressore anche il povero ritroverà il conforto nella semplicità della pratica religiosa; nulla più della preghiera e della rassegnazione. È un programma elementare, che non va incontro alle aspettative degli intellettuali cattolici che con ansia attendevano la sua elezione; il dottissimo pontefice li accontenta solo aprendo agli studiosi gli archivi segreti della biblioteca Vaticana. È ben poco. Ma dove è finito il cardinale «esiliato» a Perugia, l'anti-Pio IX, «il papa futuro» esaltato da Ruggero Bonghi come primo romano pontefice senza sovranità territoriale e che risplenderà nella sua grande potestà spirituale? Non ha affermato egli stesso, poche ore dopo l'elezione: «Voglio fare una grande politica»? Non può essersi rimangiato tutto chiudendosi dietro una cortina di ferro. E infatti, improvvisamente, nel 1887 comincia il disgelo, Leone XIII ritrova se stesso; nell'allocuzione del 27 maggio si auspica una rinnovata concordia tra l'Italia e la Santa Sede, da ottenersi creando condizioni «in cui il romano pontefice non sia soggetto al potere di chicchessia, e goda libertà piena e verace». Sembra l'apertura a nuove accantonate possibilità di trattative. In un discorso da Napoli gli risponde il Crispi che mira ad essere il rinnovatore dello Stato italiano; associa i «tre grandi nomi» di Dio, patria e re, programmando una sorta di «tregua di Dio». È il delirio dell'abate benedettino di Montecassino, padre Tosti, che nell'opuscolo dal titolo profetico, La Conciliazione, prevede la prossima pace religiosa: «Vedremo la sedia gestatoria portata sulle spalle di trenta milioni di italiani». Ma l'illusione dura poco; nel 1888 il sindaco di Roma, il duca Leopoldo Torlonia, si reca in forma ufficiale dal cardinal vicario per far pervenire al papa i rallegramenti per il cinquantesimo del suo sacerdozio; il giorno dopo viene sostituito. Il governo italiano non approva. Dall'altra parte l'opera conciliarista pubblicata anonima dal vescovo di Cremona, Bonomelli, Roma, l'Italia e lo realtà delle cose, viene messa all'Indice; il giorno di Pasqua del 1889 nella cattedrale della sua città il Bonomelli dichiara pubblicamente di esserne l'autore e chiede perdono al papa. Il 1889 è effettivamente l'anno della crisi; il 9 giugno a Roma, come ricorda Armando Ravaglioli, «in Campo de' Fiori, dove Giordano Bruno era stato arso, venne inaugurata la sua statua, opera di Ettore Ferrari, nel tripudio di tutti i professanti il "libero pensiero"». Le urla programmatiche «Morte a Leone XIII!» e «Morte allo Spirito Santo!» si diffondono nelle maggiori piazze italiane e il papa viene impiccato in effigie. Qualcosa non torna nelle impazienze conciliariste dei cattolici italiani che a Padova hanno costituito con Giuseppe Toniolo l’«Unione cattolica italiana per gli studi sociali»; del resto l'anticlericalismo appare netto e impenetrabile. Ma questa volta papa Pecci non si scoraggia e nell'opera ormai irreversibilmente intrapresa lo sostiene il segretario di Stato, cardinal Rampolla; la diplomazia vaticana, in crisi in Italia, cerca una soluzione all'estero e l'Europa diventa il campo d'azione del rinnovamento. Prima di tutto con la Germania; messo da parte lo scontro frontale con il Bismarck, si cerca il compromesso, e con la visita di Guglielmo II in Vaticano del 12 ottobre 1888 si chiude ufficialmente la battaglia del Kulturkampf. Le grandi nazioni di tutto il mondo apprezzeranno il talento diplomatico della Chiesa di Roma, che in due occasioni diventerà arbitra d'importanti contese internazionali; fra Spagna e Germania per le isole Caroline, fra Spagna e Stati Uniti per Cuba. E anche gli intellettuali cattolici non disarmano; nelle province di Bergamo, Brescia, Verona, Vicenza e Padova si raccolgono firme per una petizione di «pacificazione» tra le parti. Nascono 26 giornali cattolici per un dialogo con la stampa laica. Leone XIII non li abbandona; col fermento che ormai percorre il mondo cattolico nel campo culturale, storico e teologico, egli si propone anzi di dare alla Chiesa una rigida unità organizzativa e formativa proprio per restituirle una rinnovata capacità di espansione e autorità che non sia limitata all'Italia, ma si estenda al mondo intero. La Rerum Novarum E il 15 maggio 1891 arriva la Rerum Novarum con le sue proposte sociali nell'invito agli uomini di governo ad osservare la legge morale della giustizia, evitando la guerra di classe, con un aiuto concreto ai meno abbienti, ai poveri e un dialogo di collaborazione tra padroni e operai. Era la prima presa di posizione della Chiesa cattolica di fronte ai problemi del mondo operaio; l'enciclica tendeva da un lato a colpire le classi liberali perlopiù anticlericali che dominavano la politica degli Stati europei, dall'altro a sottrarre le masse operaie alla crescente influenza socialista. Ma anche se l'enciclica ebbe un'enorme risonanza, arrivava in ritardo, sfondava una porta aperta; il socialismo si era già impadronito delle masse e il papa Pecci oltretutto parlava da aristocratico qual era. Come ha notato Carlo Falconi, risultavano quanto mai angusti di conseguenza i limiti dell'enciclica, là dove il «capitalismo» non veniva neppure nominato e tanto meno condannato. In realtà l'ideale a cui lo scritto si ispirava, secondo quanto ha rilevato Guido Gerosa, «non era sociale e neppure evangelico: era il corporativismo dei comuni medievali di parte guelfa. Per spegnere la gran vampata del socialismo, Leone XIII non aveva di meglio che invocare un ritorno alla corporazione medievale»; ciononostante «un papa favorevole al diritto di sciopero, un papa che non si opponeva alla creazione del sindacato cattolico era un segno dei tempi: era già il ventesimo secolo». E infatti prende subito corpo il fine di quel grande politico che si rivela in tal modo Leone XIII: il potere papale abbattuto dalle cannonate a porta Pia rinascerà attraverso l'organizzazione delle masse politiche cristiane. Per quanto dure e opinabili, appaiono calzanti a questo proposito le parole di Émile Zola, per il quale questo papa «è più intellettuale che sentimentale, di un orgoglio smisurato, avendo avuto fin dalla giovinezza l'ambizione suprema, mostrando dappertutto e in tutto una volontà unica, avendo raggiunto il trono pontificio: regnare, regnare comunque, regnare da padrone assoluto, onnipotente!». E il nuovo programma politico per poter regnare comincia a prender corpo nelle numerose iniziative degli intellettuali cattolici. Nel 1892 il primo segno viene da Genova con un congresso nazionale di studiosi cattolici di questioni sociali; Giuseppe Toniolo fonda la «Rivista internazionale di scienze sociali» e il fine è quello di «rifare con rigore scientifico e con spirito cattolico ciò che hanno fatto Marx, Engels e Loria». Nasce la FUCI e si costituisce l'Opera dei Congressi e dei Comitati cattolici; nel 1898 Romolo Murri fonda a Roma un'altra rivista, «Cultura sociale», nella quale la missione cattolica di elevare le classi più umili si fa programma politico. Quanto concretamente esso potrà attuarsi lo dirà la storia del secolo che sta per nascere; è possibile che il pensiero sociale dei cattolici di questi anni abbia «un puro valore accademico», come ha osservato Antonio Gramsci, «elemento ideologico oppiaceo, tendente a mantenere determinati stati d'animo di aspettazione passiva di tipo religioso, ma non come elemento di vita politica e storica direttamente attivo». È un fatto che il Partito popolare, ovvero la Democrazia cristiana o comunque essa si chiamerà, è già in embrione nei programmi di Murri: nel 1899 i giovani «democratici cristiani» stendono a Torino l'assetto politico di tutto il movimento. In questo clima di ritrovato entusiasmo cattolico intorno alla figura del papa, Leone XIII può nuovamente indire il giubileo nel 1900, non più celebrato ormai da 75 anni, a parte quello a «porte chiuse» di Pio IX; un poeta socialista come Giovanni Pascoli esalta nei suoi Odi e Inni «La porta santa». Ma nella celebrazione inconsueta di un laico affiora il dubbio sull'effettiva funzione che il papa e la Chiesa possano ancora avere nel nuovo secolo: Il «controgiubileo» organizzato dalla massoneria il 20 settembre è il segno concreto di uno scontro ideologico tra il mondo anticlericale e quello cattolico, di fronte al quale resta lecito il «dubbio» pascoliano. La singolare manifestazione prevede la visita delle «quattro basiliche laiche»: il Pantheon, dove era stato sepolto Vittorio Emanuele II; il Gianicolo, dove era stato eretto il monumento a Garibaldi; porta Pia, simbolo del crollo del potere temporale pontificio; il Campidoglio con il monumento a Cola di Rienzo, ritrovato padre putativo di una Roma laica e anticlericale.Uomo, che quando fievole mormori, il mondo t'ode, pallido eroe, custode dell'alto atrio di Dio; leva la man dall'opera, o immortalmente stanco! scingi il grembiul tuo bianco, mite schiavo di Dio: la Porta ancor vaneggi! Voglion ancor, le greggi meste, passar di là. O nostro primogenito, puro tra i bissi puri, le pietre che tu muri con la gracile mano nel sepolcreto sembrano chiudere i tuoi fratelli tutti; con tre suggelli, tutto il genere umano. Solo la bianca Morte chiude cosi le porte, che non riaprirà! Oh! le tue mani tremano. Dove sarai tu,quando un secol nuovo, orando, toglierà le tre pietre? È un episodio tra i tanti del tempo, forse un po' più eclatante perché volutamente irriverente e smitizzante, e Pasquino a fine Anno Santo lascia scritto sulla sua statua un volemose bene in versi, che vale per buttare acqua sul fuoco: Ma papa Pecci si mostra di nuovo titubante; nell'enciclica Graves de communi re del 1901 riconosce il movimento democratico cristiano, ma ne limita il raggio d'azione. Avverte peraltro che lo stesso nome «di democrazia cristiana suona male a molti tra i buoni, perché vi veggon sotto un che di ambiguo e pericoloso. Ne temono per più di una ragione: cioè perché credono che così si possa coprire un fine politico per portare al potere il popolo promovendo questa forma di governo invece di altre». È insomma un invito a restare nei ranghi del «corporativismo».Famo la pace, Padre Santo quello che è stato è stato... qua la mano e aringraziamo tutti quanti Iddio! La Francia lo delude: vi si registra un ritorno di fiamma anticlericale e nel clima di tensione tra Chiesa e Stato, che ricorda i tempi napoleonici, si delinea il fallimento dell'universale spirito di cristianizzazione sociale. Anche l'Italia lo delude. Nel 1902 il nuovo primo ministro Zanardelli tenta d'introdurre il divorzio; il papa interviene disperatamente, ma non bandisce nessuna crociata e riesce ugualmente a scongiurare l'attentato al sacramento del matrimonio. Comunque Leone XIII sembra sotto certi aspetti sempre più disorientato nella crescita del movimento cattolico e da ultimo vorrebbe frenarlo; è un momento di meditazione tutta politica. Nell'ambizione di restituire al papato la sua suprema funzione temporale, insinuandosi nel contesto dei problemi economici e sociali dello Stato italiano, non si fida più della intellighencjia cattolica; si delinea da allora una frattura tra quanti restano nei ranghi della gerarchia e gli autonomi, che s'indirizzeranno verso il modernismo. Finisce l'entusiasmo di Leone XIII e con esso la sua vita il 20 luglio 1903: sepolto temporaneamente in Vaticano, vent'anni dopo sarà tumulato in un grandioso mausoleo, opera di Giulio Padolini, in S. Giovanni in Laterano. Encicliche di Leone XIII |
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APPROFONDIMENTO C'era il dilemma dei cattolici (e di quasi tutti gli italiani): essere buoni fedeli o buoni cittadini? Lui rispose con la "Rerum Novarum". Appena salito al soglio - con la responsabilità di risolvere il problema dei rapporti tra lo Stato italiano e la Chiesa - più che protestare su quanto ormai avvenuto, Leone, più possibilista, più realistico (non intende mettere in discussione l'unità italiana), con sempre più vigore inizia a denunciare non tanto l'ambigua contrapposizione politica in atto (ossia l'avvento del trasformismo) quanto e soprattutto i mali della nuova società in fermento. Nella società stanno i liberali da una parte e i socialisti dall'altra, entrambi con le loro utopie: Leone vuole la presenza della Chiesa e dei cattolici dentro la società, e non da comparse. E delinea una concezione dello stato, della libertà e della "democrazia" (fu proprio Leone a usare per la prima volta le due parole "democrazia cristiana" , che poi in seguito furono utilizzate per creare il Partito), destinate a segnare profondamente la società italiana. Leone non è l'incauto promotore di una nuova
ideologia: il
risveglio cattolico nel mondo c'è già stato, e ha percorso in
Europa strade diverse da quelle indicate da Pio IX con le sue condanne. In Italia la "questione romana" è a un punto critico
Il 23
maggio dell'anno prima, il Papa, dopo tante iniziative per trovare una soluzione alla
"questione romana", con un atto significativo, nell'allocuzione Episcoporum,
ha accennato alla possibilità di una conciliazione con l'Italia ed ha
incaricato il
benedettino Tosti di avviare i colloqui. Ma Crispi non intende nemmeno
iniziarli, anzi, sull'anticlericalismo spinge l'acceleratore.
La delusione di Leone è grande, fino al punto che circola la voce che il Papa voglia
abbandonare Roma e rifugiarsi nella cattolica Austria. Francesco Giuseppe
allarmato manda subito qualcuno a dissuaderlo (nella Triplice ci sono già tanti
problemi e non vuole spingere l'Italia tra le braccia della Francia). Alla bella età di
80 anni Leone riesce ad immedesimarsi nella mentalità
contemporanea, a capirne le necessità e le esigenze più vitali, ed intraprendere
un'iniziativa vasta e ardita, facendosi interprete della grande ansia non solo dei cattolici in lunga attesa da
trent'anni, ma dei figli più umili, cattolici o no; raccoglie le
ardenti posizioni innovatrici di tanti sacerdoti e vescovi, ed interviene con
una chiarezza inusitata per quei tempi. L'enciclica ebbe un successo strepitoso e suscitò ovunque
l'interessata ammirazione di chi sentiva che veniva finalmente offerta la
possibilità di giungere alla soluzione di tanti problemi; le masse lavoratrici
si resero conto che avevano ormai trovato nella Chiesa una potente e
disinteressata alleata e nel Papa un difensore strenuo dei loro diritti troppe
volte ingiustamente calpestati. Già il 1° settembre 1891, a Vicenza, a i partecipanti al Congresso dei
cattolici, NICOLO' REZZARA illustra una struttura di iniziative pratiche
per soccorrere le classi povere. Elenca 284 società cattoliche di mutuo
soccorso (daranno vita a banche - casse rurali di risparmio (la famosa Banca
Cattolica del Veneto, Antoniana ecc.); a patronati, a cooperative agricole a ad
altre numerose iniziative). I convenuti propongono persino un sistema singolare
agli operai: la sostituzione del salario con la partecipazione agli utili nelle
industrie e un sistema di contratti-colonia in agricoltura. In questo clima esce il 15 maggio la Rerum novarum, una sfida alle armi con la penna. In seguito il papa protesta anche contro l'oppressione nei confronti
dei movimenti cattolici, le organizzazioni dei quali, al pari di quelle
socialiste, sono colpite dalla repressione crispina, che fa chiudere
migliaia di patronati, enti religiosi, associazioni. Pur avendo Leone emanata nel 1901 l'enciclica Graves de communi, con la quale
vietava di dare un carattere politico al partito dei cattolici (la nascente
Democrazia Cristiana), Murri e Don Sturzo proseguirono ancora più
arditamente. I due, attaccando gli intransigenti, sostenevano che i cattolici si
dovevano impegnare concretamente nella difesa delle libertà fondamentali e dei
ceti popolari "anche appoggiando alcune battaglie dell'estrema
sinistra". A schierarsi con i due preti ribelli è l'Opera dei
Congressi, subito osteggiata dal Vaticano e nel successivo anno 1904 fatta
sciogliere da Pio X.
Secondo un rapporto dell' UNDP (ONU) il 20% dei ricchi del
mondo che nel 1960 possedevano il 70% delle ricchezze mondiale sono arrivati ad
averne l'83%. Al contrario il 20% dei poveri che negli anni sessanta
possedevano il 2% delle ricchezze mondiali sono passati ora all'1,4%. Mary Robinson, alto commissario dell'Onu per i Diritti Umani, ha dichiarato nel celebrare l'anniversario della Dichiarazione: «Non è un anniversario da celebrare. Ci sono nel mondo così gravi violazioni dei diritti umani che dobbiamo piuttosto assumerci la nostra responsabilità». |