I cosiddetti
Tractati sono un manoscritto della metà del
Quattrocento, le cui 179 pagine furono compilate da Padre Mariotti, parroco
di Santa Maria in Trastevere, che era anche padre spirituale di una delle più
popolari sante di Roma: Francesca Romana. Dopo la morte di quest'ultima,
avvenuta nel 1440, il religioso mise in ordine tutto il materiale che aveva
meticolosamente accumulato negli anni precedenti, riguardante la vita della
santa e le sue frequenti visioni mistiche. La sua opera narra di Francesca
Romana e, indirettamente, anche della storia e della società romana del XV secolo.
Questa pagina contiene una breve biografia della santa, e un commento ai
Tractati,
di cui alcuni brani sono riportati a pagina 2. Quasi come un'appendice,
pagina 3 presenta una serie di brevi didascalie, appartenenti ad un
doppio ciclo di affreschi della seconda metà del XV secolo, che hanno
per tema la vita della santa.
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FRANCESCA ROMANA
Francesca Romana di Paolo de Buscis (ovvero Bussa de' Leoni,
secondo altre fonti) nacque nel 1384 da una famiglia nobile del
luogo. Alla precocissima età di 12 anni andò sposa a Lorenzo de' Ponziani,
comandante delle truppe pontificie di Roma, col quale ebbe tre
figli, ma due di essi morirono in età giovanissima. Nonostante la
sua posizione sociale di rilievo, si dedicò per tutta la vita ai
poveri e alle opere caritatevoli. Dopo essersi trasferita nella
casa di famiglia del marito, nel rione Trastevere, trasformò
quest'ultima quasi in un ospizio dove, con l'aiuto dell'amata
cognata Vannozza, fornì pasti gratuiti, ricovero e assistenza
medica a molti indigenti. Assai presto, divenne molto conosciuta
tra coloro che aiutava col suo soprannome, Ceccolella. Ma il
suocero non vedeva di buon occhio le sue attività, accusandola di
sperperare il patrimonio di famiglia.
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il monastero di Tor de' Specchi, dove la santa visse
i suoi ultimi anni |
Essendo molto pia, nel 1433 assieme ad altre donne fondò un
ordine religioso, la cui sede era un monastero situato vicino
al Campidoglio. Dopo la morte del marito (1436) lasciò la sua
casa, per assumere l'incarico di superiora dello stesso istituto.
Nel 1440 suo figlio si ammalò di peste: Francesca Romana tornò a
casa per prendersi cura di lui, e riuscì anche a salvarlo, ma nel
fare ciò contrasse essa stessa l'infezione, e in breve termine ne
morì.
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Nel corso della sua vita le sono stati attribuiti diversi
miracoli, per lo più guarigioni.
Dichiarata beata poco dopo la sua morte, Francesca Romana fu
innalzata all'onore degli altari nel 1608, quando divenne santa;
l'antica chiesa di Santa Maria Nova, presso il Foro Romano, che
aveva regolarmente frequentato, le fu dedicata, e prese il suo
nome. È curioso che il luogo della sua sepoltura rimase ignoto
per quasi due secoli; fu poi rinvenuta nella stessa chiesa, trenta
anni dopo la sua santificazione.
Nel 1925 fu anche promossa santa patrona di tutti gli autisti:
ogni anno il 9 marzo (giorno della sua morte), una folla di
automobili e vetture di ogni genere si raduna presso la chiesa per
ricevere una speciale benedizione.
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la chiesa di Santa Francesca Romana,
già Santa Maria Nova |

Francesca Romana resuscita un affogato |
L'antico monastero dove Francesca Romana visse i suoi ultimi anni
esiste ancora, e ospita monache appartenenti allo stesso Ordine da
lei fondato: è uno dei pochi edifici risparmiati dall'estesa
demolizione del quartiere, che ebbe luogo all'inizio del '900. Qui
si conserva l'antico manoscritto di Padre Mariotti. Inoltre due
sale sono adornate da notevoli affreschi del XV secolo,
raffiguranti episodi della vita della santa, ed ognuno di essi è
completato da un'interessante didascalia che descrive la scena (si
veda pagina 3
per maggiori dettagli).
Il monastero rimane aperto al pubblico solo per pochissimi giorni
all'anno: quello stesso della santa (9 marzo), e una o due
domeniche successive.
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Ai suoi tempi Francesca Romana incarnava il perfetto modello di virtù. Oggi
la sua vita verrebbe probabilmente valutata con un metro diverso. La sua
repulsione per la benché minima relazione con individui dell'opposto sesso
(compreso suo padre), la continua autoinflizione di penitenze fisiche per
mezzo di cilici e strumenti di ferro che le straziavano le carni, il rifiuto
di ricevere alcuna cura per le sue frequenti condizioni di malattia, se non
il semplice conforto spirituale, e le stesse visioni che aveva, quasi
giornalmente, verrebbero letti come il segnale di importanti cicatrici
psicologiche che il suo precocissimo matrimonio, la morte dei figli,
l'ambiente rigorosamente religioso, il triste modello sociale della Roma del
Quattrocento, ai cui membri più derelitti era così vicina, avevano senza
dubbio inferto alla personalità della povera Francesca Romana sin dagli
anni della sua infanzia.
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I TRACTATI
Il manoscritto di Padre Mariotti si compone di cinque trattati
individuali, intitolati rispettivamente TRACTATI
DELLA VITA ET DELLI VISIONI, TRACTATO DELLE
BACTAGLIE, TRACTATO DELLO INFERNO, TRACTATO DEL
PURGATORIO, e TRACTATO DELLO FELICE OBITO. Sono di lunghezza
progressivamente decrescente, essendo il primo lungo 123 pagine, e
l'ultimo solo un paio.
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Benché si tratti di un testo scritto, il linguaggio che l'autore ha usato
nella compilazione dell'opera è molto spontaneo, quindi abbastanza vicino
alla lingua parlata del suo tempo. Ciò è confermato dalle didascalie degli
affreschi anzidetti, dipinti solo qualche decennio dopo, perché il loro
lessico è molto simile a quello usato da Padre Mariotti nella sua opera.
Lo scopo di questi trattati, come dichiarato nelle righe di apertura, era di
divulgare la biografia di Francesca Romana e le sue visioni. Il racconto di
molti episodi della sua vita, in paragrafi individuali, ciascuno dei quali
riporta la data, è fortemente imbevuto di misticismo, ma la descrizione dei
particolari e lo stesso lessico usato sono quelli di tutti i giorni.
L'intera opera, infatti, è ambientata in un contesto ancora pienamente
medievale, nel quale la realtà e il soprannaturale non solo coesistono, ma
si fondono l'uno con l'altro. Un chiaro esempio di tale ingenua miscela è
il passaggio nel quale Francesca Romana, durante una delle sue visioni,
regge in braccio Gesù bambino (pagine 62-63 del manoscritto), e tenta di
mostrarlo a Padre Mariotti:
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(...) Et stennendo le braccia
colle quale teveva lo Signore con segno de mustrallo al suo prete
diceva Ecco lo amore vedilo, vedi tanto bene, ammiralo bene, con
simili parole. Ma non avendo portati li occhiali lo suo poverecto
patre spirituale, non vide altro che li segni delle braccia della
beata. (...)
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(...) E protendendo le
braccia con le quali reggeva il Signore, facendo il gesto di
mostrarlo al sacerdote diceva: "Ecco l'amore, guardalo,
guarda quanto bene, ammiralo bene", e parole simili. Ma non
avendo portato gli occhiali, il suo povero padre spirituale non
vide altro che il gesto delle braccia della beata. (...)
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S.Paolo e l'angelo custode proteggono
Francesca Romana dal maligno, apparsole in forma di drago |
Anche le "battaglie" combattute da Francesca Romana
contro il maligno sono sempre popolate da esseri quali demoni
cornuti, o terribili serpenti, o draghi che sputano fuoco, simili
a quelli che fanno parte della tradizionale iconografia del Giudizio
Universale. Nonostante la presenza di un angelo, che la teneva
costantemente sotto la propria custodia, la santa era soggetta ad
ogni sorta di maltrattamento. Più che come visioni, le sue
esperienze vengono descritte come dei veri incontri ravvicinati
con tali entità, e anche le sofferenze patite per mano dei suoi
torturatori, secondo il racconto di Padre Mariotti, erano
estremamente fisiche, al punto che i suoi parenti all'interno
della casa potevano udire il rumore dei terribili colpi inferti
alla santa dagli esseri soprannaturali.
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Ma anche l'angelo che aveva il compito di sorvegliarla, quando la santa
commetteva la seppur minima mancanza, usava metodi non meno duri dei suoi
stessi aguzzini (pag. 9):
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(...) Et prima che essa beata
avessi la dicta angelica visione, molte fiate perla cura della
casa et conversatione, avessi per flagilita comesso allcuno
fallimento, in segno era subito percossa o vero bactuta nella
mascella, o vero in altri parti della soa persona in cio che luoco
fossi stata, sola o vero in compangia, de die et de nocte, non
vedendo da chi fossi bactuta, et comprendendo lo defecto in
saminatione della soa conscientia, et avendonne la perfecta
contritione, con sancto proposito se disponeva alla vera
confessione. La quale punitione recipeva dallo glorioso angilo,
advenga che essa anche nollo vedessi. Et tale punitione per divina
volonta li fo data una fiata presente mi. Unde stanno io con essa
beata ad udirela in confessione in casa dello suo marito, et essa
stanno inginochiata, prestissimamente se affiecte quasi collo capo
in terra molto affannata de pena corporale, della quale cosa
stanno io molto sbagoctito, adomandando essa beata que fossi, essa
mi disse, como era bactuta nelle spalle fortemente, non sapendo
dicere da chi.
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(...) E prima che la beata
avesse (avuto) tale angelica visione, quando in diverse occasioni
avesse per superficialità commesso alcuna mancanza nella cura
della casa o durante una conversazione, in conseguenza veniva
subito percossa, ovvero battuta sulle guance, oppure in altre
parti del suo corpo, in qualsiasi luogo fosse stata, da sola
oppure in compagnia, di giorno o di notte, non vedendo da chi
fosse battuta, e comprendendo la propria mancanza attraverso un
esame di coscienza; e provandone una perfetta contrizione, si
disponeva con santo proposito alla vera confessione. Riceveva tale
punizione dal glorioso angelo, benché essa neppure lo vedesse. E
tale punizione per divina volontà una volta le fu data in mia
presenza. Mentre mi trovavo con la beata ad ascoltarla in
confessione, in casa di suo marito, ed ella era inginocchiata, di
colpo si chinò quasi col capo in terra, soffrendo molto per un
dolore fisico, ed essendo io molto stupito di tale cosa,
domandando alla beata di cosa si trattasse, mi disse che era
battuta nelle spalle con forza, ma non sapendo dire da chi. (...)
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La sua visione dell'inferno è descritta secondo la tipica
iconografia medievale, né potrebbe essere altrimenti, visto che
la stessa santa dichiara che de questa visione et de tucte
altre cose che diceva, se conformava et quietava in quello che la
sancta matre ecclesia catholica crede (...). Pertanto
l'inferno è quello "classico": un abisso dove i
colpevoli sono soggetti alle più disparate sofferenze fisiche,
dove persino il fuoco è scuro, con diversi livelli e sezioni,
dominato da una gigantesca figura di Satanasso. Qui le anime
dannate vengono sottoposte dai diavoli a perenni torture, a
seconda della gravità e del tipo di peccato commesso in vita.
Oltre alla fonte letteraria fornita da Padre Mariotti, uno degli
affreschi nel monastero di Francesca Romana propone un'eloquente
interpretazione di tale visione (illustrazione a destra). La
presenza dell'arcangelo Raffaele, che accompagna la santa a fare
un giro completo del suddetto luogo, ricorda davvero la Divina
Commedia, una fonte d'ispirazione della quale Padre Mariotti
potrebbe essere stato a conoscenza.
Il lessico usato per redigere il manoscritto contiene ancora molti
termini che rivelano un forte condizionamento latino, ma vi si
riscontrano anche molti elementi tipici dei dialetti meridionali,
assai più che nelle due opere prese in considerazione
precedentemente. Per esempio, il cambio di alcuni gruppi
consonantici in raddoppi di consonante, specialmente ...nd...,
...sc..., ...ld...
rispettivamente in ...nn..., ...ss...,
...ll..., è molto comune.
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Francesca Romana (in alto a sin.)
e la sua visione dell'inferno |
volgare (XV sec.)
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dialetto romanesco
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italiano
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| granne |
granne |
grande |
| calli |
calli |
caldi |
| lassare |
lassà |
lasciare |
| responnenno |
arisponnenno |
rispondendo |
| annanno |
annànno |
andando |
In qualche espressione particolare, come
acciachare à schiacciare,
freccicare à formicolare,
le mano à le
mani, ed altre è già ben riconoscibile il dialetto di Roma, come pure in
alterazioni essenzialmente fonetiche, quali
cascione à cagione,
roscio à rosso,
cammera à camera,
ecc.
Va detto che alcuni caratteri originali di questa lingua cominciarono a
scomparire col volgere del XVI secolo. Dal 1513 al 1669, molti dei papi
eletti furono toscani (in particolare Leone X, Clemente VII,
Giulio III, Leone XI, Urbano VIII, Innocenzo X e
Clemente IX), e la comunità di immigrati dalla Toscana che si sviluppò
a Roma durante questo periodo, comprendente figure di tutti i livelli
sociali, quali artigiani, operai, artisti, mercanti, banchieri, esponenti
del clero e della nobiltà, ecc., divenne così numerosa da lasciare
progressivamente un'impronta sul modo di parlare del luogo. Così, nell'arco
di un paio di secoli, il dialetto romano perse alcuni elementi linguistici
originari che, per contro, sono ancora oggi presenti nei dialetti parlati più
a sud, soprattutto a Napoli:
volgare (XV sec.)
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dialetto napoletano
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italiano
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| fierro |
fierre |
ferro |
| cuorpo |
cuorpe |
corpo |
| tuorti |
tuorte |
storti |
| vestuta |
vestuta |
vestita |
| pigliatenne |
pigliaténne |
prèndine |
Se così non fosse stato, oggi il dialetto romano sarebbe assai più
somigliante a quello napoletano.
Inoltre molti vocaboli venivano scritti in modi diversi; anche nel testo di
Padre Mariotti, fra gli altri, troviamo:
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de po / depo
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sentuta / sentata
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comenso / cominso
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Singnore / Signore
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dracone / draccone / dracgone
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Ciò mostra chiaramente come il volgare fosse facilmente soggetto a
trasformazioni, data la mancanza di regole grammaticali standardizzate.
I
Tractati sono interessanti anche da un punto di vista storico. Gli
anni in cui visse Francesca Romana furono particolarmente travagliati a
causa della lotta senza fine per il potere politico, fra Ladislao re di
Napoli, papa Innocenzo VII e il popolo di Roma; quest'ultimo non era
disposto a sottomettersi al monarca, ma neppure a consentire che il papa
mantenesse il suo potere temporale. Così, nel primo decennio del
Quattrocento Roma fu spesso sconvolta dai conflitti, e in qualche passaggio
della biografia della santa se ne fa cenno, seppur abbastanza vagamente.
Tanto Padre Mariotti che Francesca Romana assistettero personalmente agli
scontri; il marito della santa fu anche gravemente ferito in battaglia, e
non guarì mai del tutto, dovendo essere accudito da Francesca per il resto
dei suoi giorni. Pertanto la descrizione di questi fatti storici, benché
vista con gli occhi di un uomo di fede, e sempre subordinata al contesto
della vita della santa, possono ancora rappresentare un prezioso riferimento
per gli storici.
I
Tractati rivelano anche come nel XV secolo la religione fosse
ancora il perno attorno al quale ruotava l'intera società romana. Molti dei
suoi aspetti oggi apparirebbero come una vera forma di fanatismo. Nel
Tractato
dello inferno, nel quale Francesca Romana assiste agli infiniti tormenti
inflitti dai demoni alle anime dannate, a parte le categorie tradizionali di
peccatori, quali i golosi, i superbi, i blasfemi, i lussuriosi, ecc., ne
vengono incluse molte altre, alcune delle quali francamente bizzarre, come i
danzatori (per il loro comportamento osceno), le vergini e le vedove (per
aver agito con immodestia), i macellai (per aver venduto carne di bassa
qualità a prezzi alti), persino i medici (tra le altre colpe, "perli
libri che avevano usati", che evidentemente rientravano nella lista
nera dei testi proscritti), e così via.
Coloro che non si conformavano rigorosamente ai dettami della Chiesa erano
guardati con sospetto, e venivano spesso fatti oggetto di disprezzo; in una
delle sue visioni, Francesca Romana assiste alla passione di Cristo, che
descrive nel seguente modo:
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(...) Et stanno in extasi
depo la comunione, disse como li vangelisti non faco mentione che
lo Signore fossi bactuto alla colompna, perche tale bactitura fo
data in secreto. Anche in secreto li iniqui iudei fecero allo
Signore molte iniurie et illusioni, delli quali non se fa mensione.
In fra laltro fo che essendo lo Signore spogliato et puoi
flagellato alla colompna, volendose puoi vestire, non trovava li
panni perche li iudei li avevano nascosti, et cercandoli lo
Signore, li cani iudei sequitannolo lo bactevano con granne
destratio. Disse anche la beata, che quelli li quali bactiero lo
Singnore alla colompna, fuero vinti cinque, tucti capati per li
piu iniqui et crudeli che potessino avere, acio che bene
tormentassino. (...)
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(...) E rimanendo in estasi
dopo la Comunione, raccontò come gli Evangelisti non fanno
menzione che il Signore fosse stato battuto alla colonna, perché
tale battitura fu data segretamente. Sempre segretamente, gli
iniqui Giudei rivolsero al Signore molte ingiurie e scherzi, dei
quali non si fa menzione. Tra l'altro, essendo stato il Signore
spogliato e quindi flagellato alla colonna, volendosi poi
rivestire, non trovava i vestiti perché i giudei li avevano
nascosti, e mentre il Signore li cercava, i cani giudei lo
seguivano battendolo con grande destrezza. La beata disse anche
che coloro i quali batterono il Signore alla colonna furono
venticinque, tutti scelti fra i più iniqui e crudeli che si
potessero trovare, affinché lo tormentassero bene. (...)
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Tale risentimento, o autentico odio, che una larga maggioranza della
popolazione provava verso gli Ebrei, era principalmente istigata dalla
Chiesa per motivi religiosi. Ma per la numerosa comunità ebraica tale
ostilità ebbe serie ripercussioni anche nella vita di tutti i giorni, a
Roma come altrove in Europa, scatenando un'autentica persecuzione, che
durante i secoli XV e XVI conobbe le manifestazioni più aspre, quali
l'istituzione del ghetto, la perdita di molti diritti civili, e così via.
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selezione di brani dai Tractati |
pagina
3
le didascalie dei cicli di affreschi |