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Giggi (Luigi) Zanazzo è l'autore il cui impegno letterario ha contribuito a salvare dall'oblio la memoria delle vecchie tradizioni romane più di qualsiasi altro poeta o scrittore. Ancora oggi è considerato il continuatore della scuola poetica del Belli, dal quale certamente riprese molto della sua vena satirica anche se non raggiunse mai il genio del maestro nel campo della poesia.
Era nato a Roma il 31 gennaio 1860 ed abitò nel rione Campitelli, uno dei più popolari della città, attiguo al ghetto.
Da giovane aveva studiato ragioneria, ma ben presto sviluppò uno speciale interesse per il folklore della propria città: lavorando alla Biblioteca Nazionale di Roma ebbe infatti l'opportunità di approfondire le sue conoscenze sulla città.Fortemente ispirato dalla lettura di Belli, i cui versi definì "immortali sonetti", Zanazzo cominciò a comporre poesie di suo pugno, usando lo stesso dialetto ruvido che aveva usato il suo autore preferito. Anche le sue tematiche erano principalmente basate sui fatti della vita di tutti i giorni. Tra questi ricordiamo tra tutti La Guardia Nazionale e 'N'inforntata ar Teatro Nazionale pubblicati nel 1886.
Dal 1886 al 1888 pubblicò diverse raccolte di poesie, fra cui Proverbi romaneschi (1886), Giggi pe' Roma (1886), Giggi pe' Trastevere (1887), Ritornelli romaneschi (1888)...I suoi versi non pungevano tanto quanto quelli di Belli, ma incontravano ugualmente il gradimento dei lettori. Inaspettatamente, il giovane ragioniere si ritrovò famoso fra i poeti romaneschi. La sua fama di poeta dialettale valicò presto i confini della Capitale tanto che fu invitato a Milano per rappresentarvi Rugantino, la famosa maschera della Commedia dell'Arte ispirata al tipico popolano romano.La sua vena poetica era alimentata dalla capacità di cogliere il particolare che si cela nella vita quotidiana, grazie anche ad un non comune senso d'osservazione. Molti dei suoi migliori sonetti e delle commedie si ispirano a modelli popolari realmente vissuti sia pure reinterpretati.Zanazzo affermava che la poesia dialettale non poteva vivere fuori dalla tradizione popolare così come non poteva rappresentare fatti che fossero completamente alieni dalla vita di tutti i giorni. Infatti la stragrande maggioranza delle sue opere sono dedicate alla vita popolare della Capitale.Alcuni di questi argomenti erano già apparsi fra le note esplicative dei sonetti di Belli; ma Zanazzo ne fornì una descrizione metodica, e corredata di tutti i particolari. Per anni aveva pazientemente annotato ciò che aveva appreso come tradizione orale dalle persone di una certa età, trasformando infine questa mole di dati in un corposo saggio.
Nel 1887 fondò anche una rivista letteraria dialettale chiamata Rugantino, che però non ebbe il successo sperato. Si dedicò anche al teatro, scrivendo diverse commedie, rigorosamente in dialetto romanesco. Tra queste ricordiamo E' re gobbetto (1885), Li Maganzesi a Roma (1887), L'amore in Trastevere (1888).
La sua produzione migliore doveva ancora venire. Nel 1907 pubblicò Novelle, favole e leggende romanesche, e solo un anno dopo il titolo per il quale viene maggiormente ricordato, Usi, Costumi e Pregiudizi del popolo di Roma (1908). In quest'ultima opera Zanazzo riportò una quantità di costumi locali, giochi, credenze popolari, rimedi tradizionali per molte malattie, indovinelli, giochi di parole, le varie grida dei venditori ambulanti e di mercato di Roma, e dedicò persino un breve capitolo al dialetto giudaico-romanesco.
Tanto ero lontano in quel tempo dall'idea che siffatto materiale potesse interessare, all'infuori di me, altra persona; ed anche perché ignoravo che già dotti ed illustri scienziati (...) attendevano con amorevoli cure a salvare dalle ingiurie del tempo questi documenti intimi della psicologia di un popolo.
Confesso il vero, mentre una trentina d'anni fa li raccoglievo, scrisse nella prefazione, non immaginavo che un giorno mi sarebbero serviti a qualche cosa. (...) In tali occasioni non di rado mi accadeva di udire ora il pregiudizio, ora il rimedio simpatico, ora la leggenda... ora una cosa, ora un'altra, di cui subito pigliavo nota; ma, ripeto, facevo ciò per semplice curiosità, e anche per quella vivissima passione che avevo ed ho per le cose che col popolo hanno attinenza.Fu proprio nel campo della saggistica che raggiunse quei traguardi che solo in parte la poesia gli aveva concesso.
Morì a Roma il 13 dicembre 1911. Grazie alla sua acuta trasposizione dei vizi, delle virtù dei pregiudizi e delle tradizioni del popolo possediamo ancor oggi una importante memoria dei tempi passati, una raccolta di usi e costumi che altrimenti sarebbero andati persi. Il suo nome, però, viene ricordato solo da una breve strada nel popolare rione di Trastevere.
LA LINGUA
Fra gli autori dialettali, Zanazzo viene annoverato come il seguace più prossimo di Belli, perché il linguaggio usato nelle sue opere è la fedele trasposizione di quello parlato in strada dalle classi sociali più basse, laddove altri autori del suo tempo, come Pascarella e Trilussa, utilizzavano un dialetto abbastanza levigato, più tipico della classe medio-borghese. In particolare, Zanazzo scrive molti vocaboli che iniziano per doppia consonante, mentre ciò non avviene praticamente mai da parte degli altri autori a lui coevi.
Inoltre, a differenza di Belli e degli altri poeti, che dovevano fare i conti con la metrica e le rime per comporre i propri versi, i saggi di Zanazzo sono in prosa, per cui il testo, libero da qualsiasi vincolo letterario, appare perfettamente coerente con la lingua più genuina parlata dal vecchio popolo di Roma.
Le vocali accentate sono piuttosto frequenti; esse agiscono da ausilio alla lettura per una corretta pronuncia dei vocaboli dialettali; tuttavia quando una parola contenente una vocale accentata è usata più volte nel testo, l'accento viene a volte omesso, come se il lettore fosse già divenuto consapevole della pronuncia del vocabolo.
Zanazzo è forse il primo autore dialettale ad aver dimezzato le "r" nei vocaboli che dovrebbero averne due, quali carrozza ® carozza, ferro ® fèro, vorrebbe ® vorebbe, ecc. Tale pronuncia, che è ancora tipica del dialetto romanesco moderno, probabilmente entrò nell'uso comune verso il volgere del XX secolo. Inizialmente non tutti gli autori si conformarono a tale tendenza; per esempio, Cesare Pascarella mantenne quella standard, con la doppia "r".
Un'altro elemento interessante nel testo di Zanazzo è il modo in cui i due articoli er ("il") e un vengono abbreviati quando sono seguiti da un sostantivo che comincia per "l" oppure per "r", e talvolta per "m" od "n". Sebbene ciò non si trovi in nessun altro poeta dialettale (compreso Belli), rispecchia fedelmente l'effettiva pronuncia: se due consonanti consecutive producono un suono "poco familiare", ad esempio r + l, or n + r, la prima delle due viene omessa per elisione e la seconda raddoppiata, tranne la "r" (che resta singola), come mostra la seguente tabella:
PRONUNCIA
EFFETTIVA
ESEMPIOer l... ® e' ll... e' llago un l... ® u' ll... u' llimone un m... ® u' mm... u' mmaschio un n... ® u' nn... u' nnodo ...ma er r... ® e' r... e' rospo un r... ® u' r... u' ramo
La stessa elisione possono subirla anche le preposizioni articolate la cui consonante terminale, nella forma dialettale, è "r", quali ar ("al"), der ("del"), cor ("col"), ecc.
Nelle prime edizioni delle opere di Zanazzo non è infrequente trovare alcuni vocaboli, soprattutto brevi, la cui grafia tende a cambiare lungo il testo, e.g. pô e pò (per "può"), mmo e mmô ("adesso, ora"), e così via. Poiché la diversa grafia non modifica la pronuncia del vocabolo né tantomeno il suo significato, è difficile dire se tali discrepanze siano intenzionali, o piuttosto siano solo la conseguenza della scarsa dimestichezza del tipografo con il romanesco scritto.
Le seguenti pagine contengono alcuni brani da Usi, Costumi e Pregiudizi del popolo di Roma; in particolare la pagina 3 riporta per intero il capitolo che descrive le regole della Passatella, un gioco da osteria assai popolare nel XIX secolo.
pagina 2 pagina 3
![]() BERNERI |
![]() BELLI |
![]() PASCARELLA |
![]() TRILUSSA |
![]() FABRIZI |
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