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Giulio Cesare e la scelta di campo
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riferimento cronologico....................... 69 a.C. - 63 a.C.
Argomenti principali:
Sul piano politico Caio Giulio Cesare dimostrò grande coerenza, sin da giovane seppe fare una scelta di campo netta in favore dello schieramento popolare. Questa sua coerenza, in uno scenario politico dove le scelte venivano tipicamente condizionate dagli interessi privati e dove per interesse si passava con disinvoltura da uno schieramento all'altro, fu uno degli elementi che permisero a Giulio Cesare di conquistarsi la simpatia del popolo Romano, quel popolo che lo avrebbe poi sostenuto in tutte le competizioni elettorali. Oltre alla coerenza, sul consenso popolare di Cesare ebbero un peso le sue idee politiche, con il suo richiamo a Caio Mario, suo zio, e poi successivamente i suoi successi militari. La coerenza fu comunque una caratteristica peculiare del personaggio, che permetteva alla gente di identificarsi nell'uomo e nelle sue idee, senza la paura di essere "traditi" in breve tempo. Quindi Cesare sin da giovane si schierò con i "populares", con quello che viene definito con superficialità il "partito democratico", il suo legame familiare con lo zio Mario, le sue nozze con Cornelia, la figlia di Cinna, il rifiuto di divorziare da lei nonostante l'intimazione di Silla, avevano tracciato per il giovane Cesare un percorso sul quale lui avrebbe camminato senza incertezze. Dopo la morte di Silla, Cesare si era esposto sostenendo con grande veemenza l'accusa, in un processo per concussione, contro l'aristocratico Cornelio Dolabella, personaggio molto legato a Silla. Ma il momento in cui Giulio Cesare si espresse in modo inequivocabile di fronte al grande pubblico, fu durante la commemorazione ufficiale di sua zia Giulia, vedova di Caio Mario, verso la quale Cesare aveva sempre avuto un affetto particolare. Il funerale si celebrò nel 69 a.C. e l'ormai trentunenne Giulio Cesare volle esprimere senza mezzi termini l'affetto che lo legava a sua zia, facendo comunque un'operazione coraggiosa, un'operazione di rottura nei confronti della cortina di silenzio che, dai tempi della dittatura di Silla, era stata stesa su Mario e sulla sua famiglia. Durante le esequie comparvero addirittura le maschere di Mario e questo rese ancora più evidente la scelta di campo effettuata da Cesare, che in quest'occasione seppe far breccia nel cuore del popolo Quirita, che vedeva in Caio Mario un grande eroe mai dimenticato, anche se per paura lo aveva dovuto rinnegare. E dall'alto della sua tribuna, quell'uomo coraggioso che rivendicava le proprie origini e le proprie convinzioni, senza alcuna paura, esercitava un grande carisma su un popolo che era alla ricerca di eroi in cui identificarsi. Non solo, il fascino di quell'uomo veniva rafforzato anche dalla rivendicazione delle origini leggendarie e al contempo divine della sua famiglia, strettamente legate a quelle di Roma, visto che il suo capostipite sarebbe stato Iuno, il figlio di Enea, antenato di Romolo e Remo, e soprattutto discendente della dea Venere, la dea più amata dal popolo Romano. Caio Giulio Cesare, seppe trasformare un funerale in un evento politico, e poco tempo dopo concesse una replica, quando dovette commemorare sua moglie Cornelia, morta nel 68 a.C., nonostante la giovane età. Al di là del valore politico che c'era dietro questi funerali (anche Cornelia, essendo la figlia di Cinna, era legata in modo diretto ad un grande capo popolare) il popolo era molto colpito da queste commemorazioni pubbliche inusuali, perché fatte in onore di donne, i cui funerali venivano tipicamente svolti in forma strettamente privata. Nel caso di Cornelia, Cesare seppe conquistarsi il popolo anche sotto il profilo sentimentale, sapendo esprimere tutto il suo dolore per la morte di una donna a cui era legato da un grande sentimento. E il "flirt" tra Cesare e il suo popolo produsse un risultato concreto in tutte le elezioni a cui l'uomo politico prese parte, rendendo spedita la sua carriera pubblica. Nel 68 a.C., Caio Giulio Cesare venne eletto questore ed esercitò il suo ruolo nella provincia di Spagna, sotto la guida del pretore Antistio Vero. Questa carica, che non conferiva un grande prestigio, permise comunque a Cesare di entrare al Senato. Nel 67 a.C., Cesare, rimasto vedovo di Cornelia, si risposò, con Pompea, la figlia di Quinto Pompeo Rufo, un lontano parente di Pompeo Magno. Per la storia questo matrimonio, che lascerà il segno soprattutto per il modo in cui si arrivò al divorzio tra i due, verrà catalogato come un matrimonio di interesse, considerata la disponibilità economica della sposa e i problemi economici che affliggevano invece Caio Giulio Cesare. In quei primi anni in cui esercitò la carica di senatore, Cesare si impegnò molto in favore della sua fazione, contribuendo in modo decisivo a far approvare alcuni provvedimenti che favorivano in modo consistente la plebe e il ceto dei cavalieri. In questa direzione appoggiò tutte le proposte di legge che favorivano Pompeo Magno e in quest'azione si trovò spesso al fianco di Marco Tullio Cicerone. Nel 65 a.C., Caio Giulio ottenne la carica di edile che seppe sfruttare nel modo migliore per accrescere il suo prestigio nei confronti di un popolo che sempre di più subiva il fascino di quest'uomo dal grande avvenire. Per prima cosa si dedicò alle opere pubbliche e in questa direzione si occupò di abbellire la zona del Foro e del Campidoglio con opere sontuose, quelle che facevano colpo sui Romani. Poi impressionò il popolo Quirita regalandogli dei giochi gladiatori indimenticabili. La sua intraprendenza e il suo fascino indiscusso mettevano in ombra il suo collega, l'altro edile, Marco Bibulo, espressione dell'aristocrazia. Tutto quello che realizzavano insieme veniva comunque attribuito, dal popolo, a Cesare e solo lui ne godeva i vantaggi in termini di popolarità. Marco Bibulo si lamentava di questa situazione, si sentiva come Polluce, uno dei dioscuri, il cui destino era quello di veder oscurata la sua immagine da quella dell'altro dioscuro: Castore; anche il Tempio nel Foro, dedicato ad entrambi, veniva chiamato dai Romani, Tempio di Castore. Tra i due nacque quindi una forte rivalità, che sarebbe esplosa più avanti negli anni, quando entrambi sarebbero stati eletti consoli. Una notte, Cesare fece collocare sul Campidoglio le statue di Mario con gli emblemi delle sue vittorie più importanti. Questo atto creò un grande entusiasmo popolare e benché l'autore di quel gesto fosse ufficialmente ignoto tutto il popolo sapeva benissimo chi ne fosse stato l'autore. La grande prodigalità di Cesare durante l'anno in cui ricoprì la carica di edile gli fece guadagnare grande popolarità, ma aggravò un problema che rischiava di mettere fine ai sogni e alle ambizioni del giovane politico e soprattutto di creargli gravi problemi di carattere giudiziario: i debiti. Infatti alla fine di quell'anno, sulla testa di Cesare, che aveva contribuito personalmente alle opere realizzate, gravava un cumulo di debiti sufficiente per vedersi revocata la propria carica di senatore, per essere esiliato, se non addirittura per essere gettato dalla rupe Tarpea.
Fu proprio per sfuggire a questo pericolo, per rassicurare i suoi creditori, che quando si presentò la possibilità di concorrere alla carica di pontefice massimo, una carica di enorme prestigio e responsabilità che veniva ricoperta a vita, Cesare non si fece sfuggire l'occasione. Quando nel 63 a.C. il pontefice massimo allora in carica morì, Cesare capì che quella era una grande opportunità per capitalizzare il favore popolare e partecipare all'elezione nonostante la giovane età; quella carica era stata sempre appannaggio di anziani senatori che godevano di grande prestigio e autorevolezza. Nel quadro disperato caratterizzato dalla sua esposizione debitoria, quella scelta diventava quasi un passaggio obbligato. Mentre si recava nel Foro per partecipare all'elezione salutò la madre Aurelia, con una frase inequivocabile: "stasera tornerò a casa con la carica di pontefice, oppure non tornerò più". Cesare aveva organizzato una campagna elettorale per essere eletto e aveva rifiutato la consistente somma in denaro che il suo rivale Quinto Lutazio Catulo gli aveva offerto in cambio della rinuncia alla candidatura. La sua elezione rappresentò un altro colpo inferto all'aristocrazia senatoria, che sempre più vedeva in lui un autentico pericolo: un giovane che, grazie al sostegno popolare di cui godeva, era in grado di stravolgere le regole sancite dalla tradizione. Cesare, diventato quindi pontefice massimo, capo del supremo collegio dei sacerdoti e quindi tutore della religione di stato, si trasferì nella sua nuova residenza, la Domus Publica, nel cuore del Foro, vicino alla casa delle Vestali e alla Domus Regia. Da qui esercitò la sua nuova carica, proseguendo anche la sua attività politica, con nuove prospettive e soprattutto con nuove certezze.
Nel 63 a.C., con la conquista di questa importante carica religiosa, che aveva grandi riflessi nella sfera politica e in quella sociale, Caio Giulio Cesare consolidava un percorso di maturazione sul piano politico che aveva prodotto una serie di punti fermi che avrebbero caratterizzato la sua azione futura. In particolare Cesare:
Per Caio Giulio Cesare si preparava un grande avvenire, un lungo viaggio verso la gloria personale, benché questo viaggio sarebbe stato comunque difficile e irto di ostacoli. |