S. Maria in Ara Coeli
Rione Campitelli, piazza del Campidoglio
CHIESE MEDIEVALI torna alla pagina iniziale delle CHIESE DI ROMA
Popolarissima tra tutte le chiese romane, e ricca come poche altre di riferimenti storici, artistici, religiosi e leggendari, questa chiesa meriterebbe da sola un sito specifico. Sorge, sulla cima più alta del Campidoglio - l'Arx -, sede del Tempio di Giunone Moneta. Le conoscenze archeologiche, peraltro scarse, ci dicono che la chiesa è sorta sul luogo dell'antichissimo Auguraculum, piattaforma panoramica da cui i sacerdoti romani traevano, mediante l'osservazione del volo degli uccelli, gli auspici relativi alle vicende della città di Roma. Si è ipotizzato che la chiesa sia in connessione con l'esistenza di un palazzo augusteo, situato appunto sul Campidoglio, la cui memoria sarebbe rimasta nella successiva stratificazione degli edifici medievali.

Per tradizione si assegna la fondazione della chiesa o a S. Elena, madre dell'imperatore Costantino, o a Gregorio I Magno, che l'avrebbe consacrata nel 591; i primi dati certi tuttavia non sembrano risalire oltre il VII-VIII secolo, all'epoca cioè della fondazione del monastero detto della S. Madre di Dio che è chiamato Camellaria, di S. Giovanni Battista e di S. Giovanni Evangelista.

Ai monaci greci (che per primi - sembra - si insediarono nel monastero capitolino) subentrarono intorno al X secolo i benedettini. È certo che la chiesa di s. Maria riunì in sé tutta la celebrità del Campidoglio medioevale, cosicché il monastero era comunemente detto Monasterium Capitolii (un suo abate nel 1015 si sottoscrive: Ego Dominicus Abbas Capitolii).

La prima chiesa monumentale vera e propria fu costruita a metà del XII secolo, in stile romanico, sull'area dell'attuale transetto, guardando con la facciata verso piazza del Campidoglio. La chiesa primitiva doveva avere l'altare maggiore dove ora è la cappella di S. Elena e dove un tempo era venerata l'icona della Madonna Hagioritissa oggi sull'altare maggiore. A questa chiesa primitiva apparteneva anche l'ambone di Lorenzo e Jacopo Cosmati, della fine del XII secolo, poi riutilizzato nella chiesa odierna. All'esterno del muro settentrionale dell'attuale transetto di S. Maria in Aracoeli sono visibili tratti di muratura in tufo, chiaramente estranei alle strutture murarie della chiesa gotica. Anche le pareti esterne dell'attuale ottava cappella a destra, situata al posto del campanile del XII secolo, conservano tratti di muratura romanica.

Nel 1249 Innocenzo IV cedette S. Maria in Capitolio ai francescani, che stabilirono qui la propria sede generalizia e intrapresero la ricostruzione monumentale dell'intero complesso secondo uno stile gotico moderato, proprio delle costruzioni dell'Ordine. L'antica chiesa romanica divenne il transetto del nuovo edificio, che risultò così orientata non più verso il Campidoglio ma in direzione del nuovo centro d'attrazione costituito da S. Pietro. Sebbene la data di consacrazione dell'edificio sia fissata da un documento al 1268, il fondamentale sviluppo del complesso si ebbe nel ventennio 1280-1300, con la rielaborazione del transetto finanziato dalla famiglia Savelli, che ne fece la propria cappella di famiglia, apponendovi all'esterno gli stemmi mosaicati: la testata del transetto si apriva verso il Campidoglio in un ampio finestrone a trifora sormontato da un rosone e affiancato da bifore più piccole. L'architettura, nel suo impianto generale, è stata attribuita ad Arnolfo di Cambio, il che, sebbene non vi siano documenti, risulta abbastanza plausibile.

Ed è proprio al tempo dell'insediamento dei francescani che compare il nuovo appellativo di S. Maria in Aracoeli. Infatti, ancora alla fine del sec. XII la chiesa è ancora ricordata come S. Maria in Capitolio e come tale è citata per esempio nel catalogo di Cencio Camerario (al n° 61 della nostra numerazione). Il particolare toponimo Aracoeli ("Altare del cielo") trae origine dalla suggestiva leggenda, riportata anche dai Mirabilia Urbis Romae (cfr. anche Le miracole de Roma, al § 8), secondo cui in questo luogo l'imperatore Ottaviano, mentre consultava la Sibilla, avrebbe avuto la visione della Madonna in cielo seduta su un altare con il Bambino tra le braccia e avrebbe udito una voce che diceva Haec est Ara Primogeniti Dei; e pertanto avrebbe fatto erigere sul Campidoglio un altare. Tale leggenda, che sembra essere anche connessa con l'interpretazione medioevale della quarta Ecloga di Virgilio (che costò al poeta la fama di mago), potrebbe essere il frutto (secondo un'ipotesi suggestiva, ma non documentata) di una corruzione di un originario appellativo di S. Maria in Arce. Il tema della leggenda fu riportato nel grande affresco absidale opera di Pietro Cavallini; purtroppo l'ampliamento del coro voluto da papa Pio IV nel 1564 causò la perdita dell'intero affresco. Nella medesima campagna di lavori, fu spostato l'ingresso laterale in corrispondenza della cappella Felici, ove ora si trova.

La costruzione, proseguita negli anni, fu interrotta dalla cattività avignonese dei pontefici dopo il 1308, completata nei decenni successivi in forme più modeste rispetto al grandioso progetto iniziale e conclusa nel 1348 con la monumentale scalinata eseguita come ex voto per la difesa di Roma dalla peste nera di quegli anni, utilizzando per la prima volta marmi provenienti dal Colosseo.

Qui nel Medioevo tuonò la voce di Cola di Rienzo.

A metà del cinquecento una serie di interventi portò alla ricostruzione dell'abside e poco dopo alla decorazione del soffitto in memoria del trionfo qui celebrato da Marcantonio Colonna dopo la vittoria sui turchi a Lepanto. Nel 1689 la chiesa viene completamente restaurata con la decorazione della navata centrale e la parziale chiusura delle finestre gotiche. 

Nel 1880 circa l'intero complesso conventuale, che comprendeva anche una torre detta di Paolo III poiché il pontefice di casa Farnese vi soggiornava d'estate, fu raso al suolo per l'erezione del monumento a Vittorio Emanuele II (Vittoriano) la cui mole incombe sulla basilica capitolina. 

Si accede alla chiesa dalla ripida scalinata (restaurata l'ultima volta nel 1964), scandita da 125 gradini raggruppati in serie di otto, eseguita nel 1348 dal marmoraro Lorenzo di Simone di Andreozzo, come ricorda la lapide collocata sulla facciata della chiesa a sinistra del portale centrale:
+ Magister Laurentius Simeoni Andreotii Andrea Karoli fabricator de Roma de regione Columpne fundavit prosecutus est el consumavit ut principalis magister hoc opus scalarum inceptum anno domini ann. CCCXL VIII die XXV octobris.
Come ricordato sopra, una consolidata tradizione vuole che la scalinata sia stata eretta quale ex voto alla Madonna per aver liberato Roma dalla pestilenza.

La facciata, a guscio di mattoni (di spoglio, di diverso formato e colore) del sec. XIII, è coronata da un timpano orizzontale segnato da due gole, stretto tra i due spioventi laterali ornati da une cornice marmorea a denti di sega; essa era ornata da un mosaico di cui rimangono ancora visibili nella gola di destra, alcuni frammenti raffiguranti il soggetto francescano del Sogno di Innocenzo III, riferibili all'ultimo decennio del XIII secolo e attribuiti - senza certezza - a Jacopo Torriti. In basso, si aprono i tre portali del sec. XIV, rimaneggiati nei secc. XV e XVI. Nelle lunette archiacute degli ingressi laterali, appartenenti all'originaria configurazione della facciata insieme ai soprastanti rosoncini a raggiera, sono inseriti due bassorilievi tardocinquecenteschi. Nel 1412 fu posto sulla facciata l'orologio pubblico, spostato nel 1728 al centro della facciata in alto e nel 1806 sulla torre capitolina.

L'interno è a tre navate, divise da 22 colonne antiche di spoglio, in marmi diversi (granito bianco e rosso, cipollino, pavonazzetto, marmo bianco), con capitelli e basi antichi; sopra l' imoscapo di una di esse si legge l'epigrafe (forse in collegamento con la leggenda d'Augusto): A cubiculo Augustorum. La navata centrale, aperta da finestre a sesto acuto e priva di decorazioni, si concludeva in un'abside decorata dall'affresco di Pietro Cavallini. Molte della cappelle laterali, pur rivestite in età moderna, celano ancora l'architettura del sec. XIII. 

Il pavimento cosmatesco, più modesto rispetto a quello ricchissimo del transetto (adorno di grandi dischi porfiretici), testimonia della seconda fase di costruzione della chiesa; è caratterizzato da grandi lastre rettangolari in marmo bianco riquadrati da fasce mosaicate, ed è capolavoro duecentesco dei celebri marmorari romani; in esso alloggiano numerose lastre tombali dei secc. XIV e XV. All'altezza della cappella di S. Diego e di S. Paolo il disegno cambia per la presenza della schola cantorum, distrutta nel corso dei lavori del sec. XVI. 

Nella controfacciata, oltre ad una iscrizione celebrativa opera del Bernini, a destra del portale si trova un monumento funebre opera di Andrea Bregno. A sinistra, una pietra tombale è opera di Donatello, con due notevoli esemplari di scultura quattrocentesca. La navata ricoperta dallo splendido soffitto cinquecentesco di cui abbiamo gia detto, è decorata da una serie di affreschi tardosecenteschi.

Nella navata destra, la prima cappella, Bufalini, è completamente affrescata con le Storie di S. Bernardino, soave opera del Pinturicchio, datata 1486. L'ultima cappella della navata destra, intitolata a s. Pasquale Baylon, fu interamente decorata nel XVII secolo, nascondendo l'originaria struttura gotica; recentemente però, nel corso di restauri, sono tornati alla luce affreschi attribuiti a Pietro Cavallini. Dopo la settima cappella, si apre un ingresso laterale, già vano del campanile della chiesa del XII secolo, nel quale sono conservati brani affrescati cavalliniani. Uscendo dal portale si può vedere la struttura del campanile conservata nei primi due piani, oltre ad una splendida lunetta a mosaico raffigurante una Madonna col Bambino, variamente attribuito a Jacopo Torriti o a un pittore di scuola cavalliniana: il mosaico fu qui trasferito nel 1564 da Alessandro Mattei quando ottenne di costruire la sua cappella in luogo dell'ingresso laterale originario. Da qui è possibile vedere alcuni elementi gotici superstiti dell'architettura della chiesa.

ll transetto destro termina nella cappella Savelli, su disegno settecentesco di Filippo Raguzzini. Alla parete sinistra è poggiata la Tomba di Luca Savelli (+ 1266) con Madonna e Bambino; sulla parete destra invece è la Tomba di Vana (Giovanna) Aldobrandeschi di S. Fiora, moglie di Luca Savelli. Nel XVI secolo sul sepolcro di Vana fu posta la statua giacente del figlio, papa Onorio IV (1285-1287), che era in S. Pietro. Originariamente sistemate sotto baldacchini gotici, le due tombe Savelli furono nel 1728 coperte dal baldacchino a foggia di camino. Entrambi i monumenti,  elevati esempi di arte cosmatesca, sono attribuiti alla bottega di Arnolfo di Cambio. Nella soffitta si conservano resti della decorazione a fresco della scuola di Pietro Cavallini.

A destra dell'abside, nella cappella di S. Rosa, si trova il mosaico con la Madonna in trono con il Bambino tra S. Giovanni Battista e S. Francesco che presenta il commitente (forse il senatore Giacomo Capocci, morte nel 1254). Il mosaico è variamente attribuito sia a Pietro Cavallini sia a Jacopo Torriti.

Alla congiunzione tra la navata mediana e il transetto sono collocati due amboni cosmateschi, databili circa al 1200. Ritenuti solitamente come il risultato dello smembramento di un unico ambone (forse della precedente chiesa benedettina), essi sembrano in realtà pezzi di diversa provenienza. Quello meridionale, firmato da Lorenzo di Tebaldo (Laurentius cum Jacobo filio suo [h]uius operis magister fuit), appare forse più antico dell'altro, che reca sulla fronte due colonnine tortili inquadranti al centro un'aquila. Rifacimenti e manomissioni sono comunque sicuramente avvenuti, tanto che oggi la lastra che in origine ornava la parte convessa del pulpito si trova nei Musei Capitolini. In essa, l'intarsio cosmatesco inquadra un rilievo circolare del sec. IV, raffigurante sette episodi della Vita di Achille, rilavorato nel Medioevo.

Sopra l'altare maggiore, la venerata immagine della Madonna d'Aracoeli, icona bizantina dell'XI secolo. Nel transetto sinistro un tempietto ricostruito nell'ottocento è dedicato a S. Elena, le cui reliquie furono qui traslate nel XII secolo. E' visibile ad un livello più basso, un altare del XII secolo con raffigurata l'Apparizione della Vergine ad Augusto. Dal transetto destro si accede alla cappella del Bambino, dove si conservava la veneratissima statua del Santo Bambino d'Aracoeli, prima del furto sacrilego del 1994 di cui rimase vittima. Secondo la tradizione, sarebbe stata scolpita in legno d'olivo proveniente dalI'orto di Getsemani, ove Gesù sudò sangue, e darebbe segni visibili della grazia divina, assumendo le guance del Bambino un colore più intenso quando il voto espresso da chi ha invocato la grazia sarà soddisfatto.

Al centro del transetto sinistro è il tempietto circolare, distrutto nel 1798 e ricostruito nel 1833, che sorge sopra l'ara che, secondo la tradizione, venne fatta costruire da Augusto in seguito alla profezia della Sibilla. L'altare, rimasto semisepolto a causa del rialzamento del pavimento del presbiterio, è oggi posto sotto il livello di calpestio ed è visibile da una vetrata; si tratta di una raffinata opera del XII-XIII secolo, in marmo con inserzioni cosmatesche e la rappresentazione nei pennacchi dell'arco dell'Apparizione della Vergine ad Augusto. Il tempietto, dedicato a s. Elena, ne conserva le reliquie (qui traslate nel sec. XII) entro una cassetta in legno di sandalo intagliata e dipinta del XII, custodita nell'urna in porfido che funge da altare. Nel 1963 è stato effettuato un sondaggio che ha dato la certezza che dietro l'altare cosmatesco vi era un luogo di culto antichissimo, fondato su muri romani. Qui forse era l'Auguraculum e con esso è da ricollegare la colonna proveniente a cubiculo Augustorum.

Sempre nel transetto sinistro è collocato il monumento funebre del cardinale Matteo d'Acquasparta. Morto nel 1302, Matteo fu una delle figure centrali del francescanesimo medioevale e fu ricordato anche da Dante (Par. XII, 124). Il monumento presenta una bella edicola gotica nella quale è un affresco raffigurante la Madonna con il Bambino in trono tra s. Matteo e s. Francesco che presenta il cardinale defunto: l'opera è attribuita per la parte architettonica e scultorea a Giovanni di Cosma e per quella pittorica a Pietro Cavallini.

Nelle cappelle della navata sinistra è presente una ricca serie di tele e sculture dal quattrocento al settecento. Nel pavimento della nona cappella è inserita la tomba del senatore Pietro Lante (+ 1403). Da notare, nell'ottava, due tele con le Storie di S. Margherita, di Marco Benefial. Nella quinta un bel monumento funebre quattrocentesco, e nella terza, S. Antonio da Padova tra due donatori, quanto rimane di un ciclo di affreschi ad opera di Benozzo Gozzoli, che un tempo decoravano l'intera cappella (1454-1458); all'esterno della terza cappella (di S. Antonio da Padova) è collocata la pietra tombale di fra Mattia di S. Eustachio ministro della Provincia Romana dei Minori (+ 1300);