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S. Maria Antiqua
Rione Campitelli, Foro Romano |
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Non si tratta di una chiesa, ma di quanto
rimane di una chiesa, peraltro di enorme importanza. Il complesso sorge
all'interno dell'area del Foro Romano, e in
genere è di difficile accessibilità, sebbene si tratti di un insieme
decisivo per la storia della Roma cristiana dell'alto medioevo. L'ipotesi
più probabile sull'origine della chiesa è questa: quando, nel 553, Roma
tornò definitivamente in mano all'impero, i palazzi imperiali del
Palatino, ancora agibili, furono destinati a residenza del duca bizantino,
rappresentante del potere imperiale. Alle pendici del Palatino, dove
iniziava la rampa che saliva sul colle, in alcuni ambienti dell'epoca di
Domiziano utilizzati originariamente come opere di costruzione o come magazzini,
fu sistemato il corpo di guardia del palazzo e fu adattata una chiesa
dedicata alla Vergine. Peraltro, per la ricchezza delle decorazioni
trovatevi, molti ritengono che essa fungesse anche da vera e propria
cappella di palazzo. In ogni caso, si trattava di uno dei primi luoghi di
culto cristiani nel Foro, dopo la chiesa dei
SS. Cosma e Damiano, di una ventina di anni
precedente. La
trasformazione in chiesa sembra però risalire all'epoca dell'imperatore
Giustino II (567-578).
![]() Dalla ricchezza dell'apparato decorativo si può
dedurre che la chiesa fu oggetto di particolari cure da parte dei
pontefici che si succedettero fino alla metà del IX secolo. Fu
continuamente restaurata e abbellita da Martino I
(649-655), Giovanni
VII (705-707), Zaccaria
(741-752), Paolo I
(757-767) e Adriano I (774-795). II carattere fortemente bizantino delle pitture è
confermato dalla presenza di rappresentazioni di martiri orientali e di
iscrizioni in greco.
Ciò nondimeno, una serie di interventi databili al X secolo testimoniano che la chiesa non cadde nell'oblio. Nell'atrio si trovano infatti alcune testimonianze di un utilizzo del luogo successivo al crollo della chiesa a metà del IX secolo: al centro dell'ambiente scoperto si conserva la base di un grande pilastro in muratura che servì probabilmente a rinforzare la copertura a volta allora esistente. Inoltre, in uno stretto passaggio nel muro occidentale, che dall'atrio conduceva a una struttura adiacente, sono state rinvenute cinque figure di santi: tranne il secondo da destra, che resta anonimo, le altre figure sono state identificate con i ss. Biagio, Basilio, Lorenzo e Cristoforo. Poiché il culto di s. Biagio fu introdotto durante il regno di Alberico, tra il 932 e il 954, si è dedotto che almeno questa zona della chiesa continuò a essere utilizzata anche dopo il trasferimento del culto mariano, forse da una comunità di monaci. Ridotta ad un rudere e interratasi per l'innalzamento del terreno, sul suo sito sorse nel XIII secolo la chiesa di S. Maria Liberatrice, poi interamente ricostruita nel 1617. Secondo la leggenda papa papa Silvestro avrebbe qui reso innocuo un drago (da cui l'appellativo di Liberatrice della chiesa); fu detta anche de inferno e libera nos a poenis inferni. Vi era annesso un monastero benedettino. Interamente ricostruita nel 1617 da Onorio Longhi (vedi qui l'incisione di Vasi), nel 1900, nell'ambito degli scavi del Foro Romano, fu decisa la demolizione della chiesa secentesca per riportare alla luce l'edificio più antico. Il titolo di S. Maria Liberatrice fu allora trasferito alla nuova chiesa di Testaccio, e i dipinti furono trasportati nel monastero di Tor de Specchi. La chiesa di S. Maria Antiqua è di forma basilicale, con piccola abside; è preceduta da un atrio e all'interno è divisa in tre navate con piccole cappelle in fondo alle navate minori. Ai lati dell'ingresso sono due piccole nicchie, nelle quali si individuano le raffigurazioni di Tre Santi (nicchia di sinistra), S. Agnese e S. Cecilia (nicchia di destra), che sembrano costituire una delle ultima fasi della decorazione di S. Maria Antiqua prima del crollo dell'847. Un museo di pittura altomedievale La ricca messe di affreschi ritrovati sulle sue pareti, spesso sovrapposti in più strati, consente di leggere le evoluzioni della pittura altomedievale a Roma nell'arco di tre secoli, e di osservare l'intensificarsi della presenza orientale tra il VII e l'VIII secolo. Nell'atrio sono visibili ancora
i resti di diverse campagne decorative. A destra, sul muro orientale, in
una nicchia ricavata nel primo pilastro, è ritratto s. Abbaciro. Sullo
stesso muro sono leggibili anche parti della decorazione della grande
nicchia rettangolare centrale, all'interno della quale restano alcune
sezioni di un velum dipinto in tonalità vivaci (la realizzazione di
questa campagna decorativa sembra risalire al X secolo).
Le pitture che ornano i pilastri a «L» davanti al
coro risalgono per lo più al pontificato di Martino I
(649-655); esse rappresentano Tre santi, una S.
Barbara, Salomone con i martiri Maccabei, una
Annunciazione, S. Demetrio, la Deesis e una
Madonna con le mani incrociate. Sempre all'età di Giovanni VII risale probabilmente la decorazione della Cappella dei santi medici a destra dell'abside; la nicchia della parete di fondo è decorata con le raffigurazioni dei Cinque santi medici (tra cui si riconoscono Cosma, Damiano e Abbaciro), mentre i muri perimetrali erano interamente affrescati in alto con Teorie di Santi; in basso un panneggio dipinto simula un velum. Altro affresco importante è quello nella cappella a sinistra dell'abside, raffigurante una Crocifissione, secondo la figura della cosiddetta "Deesis": il Cristo crocifisso con ai lati la Vergine e S. Giovanni Evangelista. Cristo indossa il colobium, una veste senza maniche, e anche questo è un tratto caratteristico delle raffigurazioni di origine siriana, alle quali va rapportata anche questa Crocifissione. I giganteschi ambienti che sorgono a destra della chiesa costituiscono uno dei luoghi più suggestivi del Foro, e tra i meno conosciuti, legati, come detto, alle varie fasi di ampliamento dei palazzi imperiali sul Palatino. A sinistra dell'ingresso a S. Maria Antiqua, l'oratorio dei Quaranta martiri, che conserva degli affreschi dell'VIII-IX secolo, peraltro rovinatissimi, raffiguranti il supplizio dei martiri di Sebaste durante le persecuzioni di Diocleziano. |