le avvelenatrici di mariti
| Il veleno si chiamava "La manna di san Nicola", perché
serviva specialmente alle mogli desiderose di sbarazzarsi dei mariti. Ma
era anche detto "acqua toffana", perchè Giulia Toffana era il nome di una
donna venuta da Palermo a Roma nel 1651 a diffondere la sua misteriosa
arte. Le vittime del veleno, in pochi anni, furono oltre seicento; il
cardinale Pallavicini, autore della Vita di Alessandro VII definì
questa silenziosa strage "il sordo macello dei mariti".
Nel 1659 vi fu il processo più clamoroso, che culminò con diverse condanne a morte. Quarantasei le imputate, e altrettante le condanne; le cinque maggiori responsabili furono condannate all'impiccagione in Campo de' Fiori (e fra esse c'era la figliastra della famigerata Giulia Toffana, Girolama Spara, detta "1'Astroliga della Lungara"). Le fonti che si presentano sono la cronaca del Pallavicini sull'arrivo della Giulia Toffana a Roma e sulla ricetta per fare il veleno. Dagli Avvisi di Roma invece la scarna notizia dell'impiccagione delle cinque avvelenatrici. |
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"Era venuta a Roma dalla Sicilia, per mezzo di alcune malvagie femmine, certa maniera di veleno fiero ed agevole a comporsi quanto impossibile a conoscersi, non distinguendo egli né il sapore né il colore dall'acqua pura ed uccidendo con malattia di pochi giorni, senza verun di quegli accidenti che sono comuni alle infermità ordinarie. Spacciavano queste malefiche l'arte loro per carità, onde le sfortunate mogli si liberassero dalla tirannia degli insoffribili mariti, senza inimicizia tra le famiglie, senza macchia della reputazione e per mezzo di una morte desiderabile ad ogni sorta di cristiano, come quella che dava tempo ed agio di provvedere all'eterna salute coi sacramenti" Ricetta e Preparazione Avvisi dell'anno 1659 |