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Publio Valerio detto "Publicola"
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Nel primo consolato repubblicano, il posto di Collatino, venne
preso dal sabino Publio
Valerio che si dimostrò un “amico del popolo” tanto da meritarsi
l’appellativo di “Publicola”.
Il nuovo console fece approvare alcune leggi che rimasero alla base di
tutto il periodo repubblicano e che furono particolarmente apprezzate dal
popolo.
Esse comminavano la pena di morte a chiunque tentasse di impadronirsi di una carica ed autorizzava qualsiasi cittadino ad uccidere, senza bisogno di alcun processo, chi aspirasse a diventare Re. Proprio questa legge venne spesso utilizzata in modo arbitrario per eliminare avversari politici. Ma la legge che piacque in modo particolare al popolo fu quella che permetteva ad un condannato a morte di appellarsi proprio al popolo che lo giudicava attraverso il suo organo rappresentativo e cioè l’Assemblea Centuriata. Per finire Publicola stabilì che ogni volta che i consoli si presentavano in Assemblea, i fasci, ora simbolo del potere consolare, venissero abbassati; in questo modo si simboleggiava il ruolo subalterno dei consoli rispetto al popolo. Publio Valerio insieme all’altro console Bruto dovette subito fronteggiare una dura battaglia che oppose le truppe della Roma repubblicana ad una coalizione tra i popoli etruschi di Tarquinia e di Veio sostenuti dai romani esiliati. A capo di questa coalizione c’erano i Tarquini e fu proprio in uno scontro con il cugino Arunte che il console Bruto perse la vita dopo aver comunque colpito a morte il suo rivale. Questo mortale duello dava l’avvio ad una cruenta battaglia che provocava una autentica strage tra i due eserciti. Alla fine della battaglia, nella desolazione generale, era praticamente impossibile stabilire chi era il vincitore e chi il perdente, ma Publicola invocando il dio Fauno rivendicò la vittoria avendo perso un soldato in meno dello schieramento avversario. Il console “amico del popolo” al suo ritorno a Roma fu accolto da un grande entusiasmo dai romani al contempo commossi per l’eroica morte di Bruto. |