II guerra mitridatica
riferimento cronologico.......74 - 66 a.C.

inizio del conflitto.............................. 74 a.C.
Lucullo conquista la Bitinia................ 73 a.C.
Lucullo conquista il Ponto................. 72 a.C.
invasione dell'Armenia....................... 69 a.C.
Lucullo sostituito da Pompeo............. 66 a.C.

Argomenti principali:
Premessa
L'espansionismo di Tigrane
Roma osserva senza reagire
L'eredità di Re Nicomede
E' la guerra
L'imperizia di Aurelio Cotta e l'abilità di Licinio Lucullo
Lucullo conquista la Bitinia
Lucullo conquista anche il Ponto
L'invasione dell'Armenia
Il declino di Lucullo
Lucullo sostituito da Pompeo

Premessa

Nell'anno 85 a.C., Lucio Cornelio Silla, nonostante la situazione di grande vantaggio, aveva preferito chiudere il conflitto con Mitridate VI Re del Ponto, con un trattato di pace che pur essendo particolarmente pesante da sopportare, nella situazione in cui maturò, rappresentò un autentico regalo per il monarca asiatico.

Le motivazioni che spinsero Silla a cercare un accordo di pace, sono da ricercare nella situazione politica in cui versava Roma, con la profonda divisione tra popolari e ottimati; a Roma c'era un governo "popolare" e Silla, leader degli ottimati, veniva perseguitato sia in patria sia nei territori asiatici. Proprio in Asia, oltre a far la guerra contro Mitridate, Silla si doveva guardare contro le legioni comandate da Fimbria, uno dei rappresentanti del governo dell'Urbe.

Silla doveva regolare la situazione interna, doveva eliminare Fimbria e poi tornare velocemente a Roma; per fare tutto ciò il comandante Romano aveva bisogno di ricomporre il conflitto contro Mitridate.

Ma questo accordo non poteva reggere nel tempo, tutte le condizioni che lo avevano provocato erano ancora presenti nello scenario asiatico.

C'era un monarca che non era disponibile a riconoscere il potere di Roma su quelle che considerava le proprie terre; c'era un'insofferenza della gente asiatica, ma anche delle popolazioni greche, nei confronti di Roma, specialmente perché tartassata dal comportamento di pretori senza scrupoli e di pubblicani, gli esattori delle tasse, avidi ed esosi.

L'espansionismo di Tigrane

Ma un altro pericolo stava maturando nello scacchiere asiatico: un altro monarca, Tigrane il Re dell'Armenia, aveva intrapreso, in quella regione del mondo, una politica fortemente espansionistica. Tigrane era il genero di Mitridate, e proprio il suocero, sfruttando le sue ambizioni, lo aveva convinto ad appoggiarlo nella sua politica anti-Romana.

Tigrane, nel suo processo espansionistico aveva posto sotto il suo controllo il Regno dei Parti, dei Seleucidi (Siria) e la Cilicia Orientale, trasformando il suo regno originario in un grande regno in grado di esercitare la sua influenza sul bacino del Mediterraneo. Aveva anche fondato una nuova capitale, in una posizione più strategica rispetto ai nuovi confini: l'aveva chiamata Tigranocerta, in ragione del suo nome.

Roma osserva senza reagire

Due episodi avrebbero potuto far precipitare la situazione, costituendo entrambe una violazione del trattato di Dardano. Il primo fu l'ennesima invasione della Cappadocia da parte di Tigrane (78 a.C.), invasione avvenuta con la complicità del suocero; il secondo fu l'accordo tra Mitridate e Sertorio (75 a.C.), il Romano che si era ribellato a Roma.

Ma Roma per adesso non era interessata a fare la guerra e quindi faceva finta di non vedere. Qualche senatore, come Marcio Filippo, parlava con convinzione in favore della guerra, ma l'Urbe aveva prima altri problemi da risolvere. I suoi eserciti e i suoi migliori generali erano già impegnati nell'affrontare altre situazioni di crisi: prima contro Lepido e poi contro lo stesso Sertorio. Inoltre Roma aveva provato a stabilizzare la situazione in Oriente con fallimentari campagne contro i pirati e con interventi a difesa delle proprie province da ribellioni di popolazioni indigene. Altra cosa rispetto all'impegnarsi in un conflitto su larga scala e i cui esiti non sembravano così scontati.

L'eredità di Re Nicomede

Fu un episodio imprevisto a far rompere gli indugi alle due parti e a provocare un'altra guerra che sembrava destinata a regolare ciò che non era stato invece regolato nel primo conflitto.

Questo episodio è legato alla morte del Re Nicomede di Bitinia, una regione strategica in quello scenario. Questo Re, che era entrato in ottime relazioni con Roma, soprattutto con i Romani (si era parlato addirittura di una relazione omosessuale con Giulio Cesare), nel suo testamento aveva lasciato il suo regno in eredità all'Urbe; un'eredità scomoda, ma che Roma era intenzionata ad accettare. Quando il Senato si fu pronunciato ufficialmente per l'accettazione delle volontà del defunto Re di Bitinia, Mitridate decise di passare all'azione e di invadere il piccolo, ma importante, regno asiatico.

E' la guerra

Nell'anno 74 a.C., di fronte all'azione di Mitridate, il Senato non poteva più attendere e vista l'indisponibilità di Pompeo, ancora impegnato in Spagna, doveva trovare un generale all'altezza del difficile compito. In assenza dell'uomo forte, il Senato della Repubblica dovette ricorrere ai suoi consoli: Lucio Licinio Lucullo e Marco Aurelio Cotta.

Tra i due solo Lucullo aveva esperienze concrete di comando militare e soprattutto conoscenza di quella regione, avendo militato a fianco di Silla durante la prima guerra mitridatica.

Eppure il suo incarico fu quello più contrastato, visto che con i suoi atteggiamenti il console si era creato molti nemici, soprattutto tra i cavalieri; lui era a tutti gli effetti un rappresentante dell'oligarchia più conservatrice e quindi era malvisto dalle classi antagoniste.

Così, per assicurarsi il comando, Lucio Licinio Lucullo dovette conquistarsi i favori di un tribuno della Plebe, un certo Cetego e lo fece in modo alquanto singolare e cioè conquistandosi la stima e l'amicizia di Precia, che di Cetego era la fidanzata. Questa sorta di pudico corteggiamento, fatto di gentilezze e regali, permise a Lucullo di conquistarsi la simpatia di Precia senza al contempo offendere Cetego.

La strategia di Lucullo si dimostrò efficace: Cetego appoggiò decisamente la sua candidatura e il console aristocratico ottenne il suo agognato incarico seppur in condivisione con il suo collega, in un quadro di confusione dove Lucullo veniva incaricato della guerra contro Mitridate, mentre Aurelio Cotta veniva incaricato di difendere la Bitinia, attaccata dallo stesso Mitridate.

L'imperizia di Aurelio Cotta e l'abilità di Licinio Lucullo

E la confusione produsse subito problemi concreti alla conduzione della guerra, infatti Marco Aurelio Cotta, incurante dei movimenti del suo collega, una volta raggiunta la sua destinazione con un'ingente flotta, attaccò subito frontalmente i suoi nemici, pagando duramente la sua imperizia. Mitridate gli distrusse la flotta e poi lo mise sotto assedio nella città di Calcedone, dove Cotta si era rifugiato.

Fortunatamente per lui, Lucullo, una volta sbarcato ad Efeso, non era stato con le mani in mano. Aveva assunto il comando delle 2 legioni che erano appartenute a Fimbria e che per punizione erano state lasciate in Asia, delle 2 di stanza nella Provincia d'Asia e le aveva riunite alla legione che aveva portato con se dall'Italia. Con questo esercito si era mosso con determinazione verso il suo nemico, costituito dalle truppe del Ponto, ma anche da un esercito improvvisato comandato da un fedelissimo di Sertorio, il quale si muoveva nella regione come se fosse un rappresentante ufficiale del governo di Roma.

Di fronte all'avanzata di Lucullo, Mitridate aveva abbandonato Calcedone e si era mosso verso Cizico, una città posta in una posizione strategica; Mitridate aveva intenzione di conquistarla e farne un baluardo del proprio meccanismo difensivo.

Lucullo conquista la Bitinia

Il Re del Ponto aveva fatto i suoi piani senza tenere conto dell'efficienza militare di Lucullo che sorprese le truppe di Mitridate mentre erano ancora impegnate nell'assedio della città. Gli assedianti si trasformavano in assediati; Mitridate tentò di resistere, ma dopo alcuni mesi, fu costretto a cedere e quindi decise di ritirarsi. Parte delle truppe si ritirò via mare, un altro contingente di 30.000 uomini si ritirò via terra, ma venne intercettato e decimato dalle truppe di Lucullo. Fu una disfatta per le truppe pontiche che in poco tempo furono costrette ad abbandonare la Bitinia. Anche Nicomedia, la capitale, venne conquistata da Lucullo, mentre la fuga via mare di Mitridate fu funestata da una terribile tempesta che decimò la sua flotta.

Nella primavera del 73 a.C., quindi, la Bitinia era tornata completamente sotto il controllo di Roma, ma a quel punto Lucullo non era disposto a mollare la presa e inseguì Mitridate nel suo regno, il Ponto, imponendo ai suoi soldati un ritmo di marcia intenso, in territori impervi.

Lucullo conquista anche il Ponto

Nell'anno 72 a.C., Lucullo cominciò ad espugnare le città del Ponto, mentre Mitridate tentava di resistere utilizzando la tattica della guerriglia ed evitando quindi lo scontro in campo aperto.

L'avanzata di Lucullo era comunque irresistibile e Mitridate fu costretto ad abbandonare il suo regno per rifugiarsi a Tigranocerta, nella corte di suo genero.

L'anno successivo (71 a.C.) il generale Romano inviò suo cognato Appio Claudio da Tigrane, intimando al Re armeno di concedere l'estradizione di Mitridate. In caso contrario, Lucullo avrebbe considerato Tigrane alla stessa stregua del Re del Ponto.

Fu proprio l'atteggiamento arrogante di Appio Claudio a irritare Tigrane e quindi a provocare un netto rifiuto alla proposta di Lucullo.

Di fronte a questo atteggiamento di chiusura totale, il comandante Romano era deciso a dare seguito alle sue minacce, e quindi a invadere l'Armenia.

Quale fosse il reale obiettivo di Lucullo è difficile da dire oggi, forse si trattò solo di una abile mossa politica, con cui il comandante voleva prorogare il suo incarico proconsolare, altrimenti portato a compimento con la conquista del Ponto.

Il piano era comunque azzardato, Lucullo non disponeva di sufficienti uomini e quelli che aveva a disposizione non erano certo poi così convinti di una guerra così dura e che non aveva fruttato grandi ricchezze, anche perché Lucullo non permetteva loro di saccheggiare in modo indiscriminato le città che conquistavano.

Inoltre l'utilizzo dell'esercito in un'operazione di questa portata, poneva il problema della difesa dei vasti territori appena conquistati come la Bitinia, ma soprattutto il Ponto.

Lucullo impiegò più di un anno a organizzarsi, e in quell'anno (70 a.C.) si dedicò all'amministrazione della Provincia d'Asia e lo fece con una tale parsimonia e con un tale equilibrio da inimicarsi i "pubblicani", coloro cioè che si occupavano della riscossione dei tributi, e quindi inevitabilmente del ceto dei cavalieri.

L'invasione dell'Armenia

Nell'anno 69 a.C., Lucullo diede il via all'invasione dell'Armenia e lo fece con un contingente davvero ridotto all'osso: 18.000 legionari e 3000 cavalieri; mentre solo 6000 legionari erano stati lasciati a difesa del Ponto.

L'operazione sembrò essere più facile del previsto, la sua avanzata verso Tigranocerta fu quasi irresistibile e in poco tempo le legioni Romane riuscirono a raggiungere quello che era il cuore del regno di Tigrane.

Il Re asiatico non voleva credere a chi lo allertava del pericolo rappresentato dall'avanzata dell'esercito Romano; fece addirittura giustiziare un suo messo, con l'accusa di disfattismo, perché gli aveva comunicato che ormai Lucullo si trovava in prossimità delle mura cittadine.

Quando Tigrane se ne rese conto, abbandonò la capitale, per preparare lo scontro decisivo, radunando un esercito imponente. Mitridate lo aveva consigliato di evitare lo scontro in campo aperto, ma di fronte all'esiguità delle forze Romane, Tigrane si convinse della facilità dell'impresa.

Osservando l'accampamento nemico, il monarca armeno, pronunciò una frase "storica" che dimostrava come lo stesso avesse sottovalutato la minaccia rappresentata da Lucullo e dal suo esercito: "se vengono come ambasciatori sono troppi, se invece vengono come nemici sono troppo pochi".

Difficile dire quali fossero le reali forze in campo, le fonti sono discordi in proposito. Se si può ipotizzare che i soldati agli ordini di Lucullo fossero all'incirca 15.000, almeno 6000 erano stati lasciati a mantenere l'assedio di Tigranocerta; per quanto riguarda gli avversari le fonti passano da 80.000 a 260.000 unità: l'unica cosa certa è che a livello numerico lo sbilanciamento era evidente. Eppure, nonostante la sproporzione delle forze in gioco, i Romani riuscirono a prevalere e ad annientare gli avversari.

Lucio Licinio Lucullo dimostrò tutta la sua abilità di comandante militare, ottenendo un clamoroso successo: mirabile il modo in cui riuscì a neutralizzare le cariche dei terribili catafratti (cavalleria corazzata), aggredendoli con la fanteria per farli colpire nel loro unico punto debole: le gambe scoperte.

Nella battaglia Tigrane perse addirittura la corona, affidata ad un servo e successivamente conquistata dalle truppe Romane, e da quel giorno l'ambizioso monarca non rappresentò più un reale pericolo per Roma.

Alla vittoria fece seguito la conquista della capitale, che venne sottoposta ad un pesante saccheggio.

La grande vittoria e la conquista di Tigranocerta rappresentarono il momento culminante dell'impresa asaitica di Lucullo. Il comandante Romano, invece di accontentarsi e soprattutto di consolidare i successi ottenuti, si ostinò nell'idea di conquistare l'intera Armenia e sopratuttto di catturare i suoi acerrimi nemici: Tigrane e Mitridate.

Costrinse il suo esercito a una lunga marcia, nel tentativo di raggiungere Artaxata, dove si vociferava fosse stato trasferito il grande tesoro di Tigrane. Si fece sorprendere dall'inverno nei territori montagnosi dell'Armenia, in luoghi impervi, dove la neve e le bufere erano una costante contro cui le sue truppe si dovevano confrontare. Tra i soldati sfiniti serpeggiava il malcontento e per Lucullo mantenere l'ordine e la disciplina stava diventando veramente difficile. I soldati lo accusavano anche di essere l'unico che avesse realmente tratto vantaggio da quella campagna asiatica, avendo accumulato ingenti ricchezze. Questa posizione veniva fomentata da un altro dei cognati di Lucullo, Publio Clodio, che si mise alla testa dei ribelli imponendo al generale Romano di abbandonare l'impresa.

Il declino di Lucullo

Mentre Lucullo svernava nella città di Nisibi, ricevette la comunicazione che il Senato lo aveva sostituito nel suo incarico proconsolare con Quinto Marzio Re (67 a.C.), scrivendo in questo modo la parola "fine" alle ambizioni dell'aristocratico Romano. I suoi soldati, appresa la notizia della sostituzione, divennero ancora più insofferenti ai suoi ordini e quindi quello che era stato un temibile esercito si stava via via trasformando in un gruppo di sbandati.

Ma il momento peggiore di tutta la sua campagna asiatica, fu quando Lucullo apprese che, approfittando della sua campagna armena, Mitridate era tornato sui suoi passi e aveva ripreso il controllo del Ponto, vanificando così gran parte dei successi ottenuti dal generale Romano. Lucullo poteva solo prendere atto della situazione, anche perché senza più un esercito compatto alle spalle, non poteva neanche pensare di sfidare il Re del Ponto.

Così quando gli inviati del Senato Romano, si presentarono in Asia per organizzare la nuova Provincia del Ponto, Lucio Licinio Lucullo dovette ammettere la disfatta.

Il fallimento di Lucullo rappresentava un ulteriore momento di declino dell'oligarchia senatoria di cui lo stesso Lucullo sembrava uno dei rappresentanti di maggior spicco. Nel periodo in cui aveva macinato successi, l'aristocrazia sembrava tornata in auge, controllando in modo quasi esclusivo il potere consolare, ma quando questi successi si erano dimostrati effimeri, la plebe e i cavalieri, rappresentati dalla fazione dei "populares", si erano riproposti con veemenza e avevano proposto quello che al momento era il loro campione: Cneo Pompeo Magno.

Lucullo sostituito da Pompeo

Nel 66 a.C., il Senato fu costretto a sostituire definitivamente Lucullo con Pompeo Magno, reduce dai grandi successi ottenuti contro Lepido, Sertorio, Spartaco e soprattutto contro i pirati.

Lucullo venne rimandato a Roma con appena 1600 legionari al seguito, anche se il Senato volle comunque concedergli l'onore del Trionfo.

Ma nonostante l'onorificenza, Lucullo era ormai un uomo politicamente finito e passò il resto della sua vita in una sorta di isolamento volontario.